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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI PARTECIPANTI AD HARARE (ZIMBABWE)
ALLA I ASSEMBLEA GENERALE DELL'«INCONTRO
INTERREGIONALE DEI VESCOVI DELL'AFRICA MERIDIONALE»

 

Ai miei cari fratelli
vescovi dell’Africa meridionale.

1. Sono molto lieto di rivolgermi alla prima assemblea generale dell’Incontro inter-regionale dei vescovi dell’Africa meridionale, che si tiene ad Harare. Sono felice di notare che il vostro incontro è realizzazione concreta e frutto prezioso dell’esplicito desiderio del Concilio Vaticano II che “si favoriscano le relazioni tra le conferenze di diverse nazioni, per l’incremento e la difesa del bene comune della Chiesa” (Christus Dominus, 38).

Non potendo essere presente di persona, come avrei desiderato, per condividere più pienamente le gioie e le preoccupazioni del vostro ministero pastorale, vi saluto con le parole dell’apostolo Paolo: “Comportatevi da cittadini degni del Vangelo, perché nel caso io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del Vangelo, senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari” (Fil 1, 27-28).

“In un solo spirito, combattendo unanimi”. Questa è l’interiore disposizione di cuore che vi anima mentre vi riunite per esaminare la realtà delle vostre Chiese locali, nelle relazioni tra di loro e nel contesto delle sfide concrete che affrontate. Così facendo voi date espressione alla natura collegiale del vostro servizio episcopale. Che il Signore benedica abbondantemente la vostra carità fraterna, la vostra apertura reciproca e la vostra comunione nella fede e nella vita cristiana!

2. Il tema che avete scelto per le vostre discussioni è indicativo della vastità delle vostre responsabilità di successori degli apostoli. In questi giorni di preghiera e di dialogo, i vostri pensieri si focalizzeranno sulla “missione profetica della Chiesa e il suo insegnamento sociale nella regione sud-africana”.

I Paesi di quest’area geografica formano una realtà sociale, culturale e politica complessa e diversificata. La Chiesa, comunque, parla ad ogni particolare situazione all’interno di questa diversità, proprio perché parla con le parole del suo Signore e Salvatore Gesù Cristo che è la “luce di tutte le nazioni”.

Il compito dell’evangelizzazione, di cui i vescovi sono gli agenti principali, implica - come scrisse il mio predecessore Paolo VI - “l’incessante interazione del Vangelo e della vita concreta dell’uomo”. Mentre la “buona novella” della redenzione in Cristo è un messaggio di validità universale - lo stesso per ogni tempo e luogo - la sua proclamazione implica un messaggio esplicito, adattato alle differenti situazioni che costantemente si realizzano (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 29).

Questo messaggio esplicito concerne i diritti e i doveri di ogni essere umano) concerne la vita familiare, la vita nella società, la vita internazionale, la pace, la giustizia e lo sviluppo. In breve, concerne l’uomo, l’uomo nella complessa realtà della sua concreta esistenza.

3. Come pastori del gregge di Cristo voi partecipate alla sollecitudine di Cristo stesso, il Buon Pastore di tutti gli uomini e le donne. In questo momento in cui vi disponete a considerare le diverse e spesso dolorose situazioni dei vostri popoli, desidero proporre alla vostra riflessione quanto ho scritto nell’enciclica Redemptor Hominis (Ioannis Pauli PP. II, Redemptor Hominis, n. 13): “Qui si tratta dell’uomo in tutta la sua verità, nella sua piena dimensione. Non si tratta dell’uomo "astratto", ma reale, dell’uomo "concreto", "storico". Si tratta di "ciascun" uomo, perché ciascuno è stato compreso nel mistero della redenzione, e con ognuno Cristo si è unito, per sempre, attraverso questo mistero”.

Possiamo dunque concludere che l’oggetto della sollecitudine della Chiesa è ogni uomo e ogni donna nella sua realtà umana unica e irripetibile. Ogni vita umana ha un valore inalienabile che le deriva dal fatto che ogni essere umano è creato a immagine e somiglianza di Dio: un’immagine e somiglianza che permane sempre, in ogni tempo e in ogni circostanza.

Mediante la vostra consacrazione e il vostro ministero episcopale la Chiesa si è resa presente tra le vostre genti. Attraverso di voi e i vostri collaboratori, specialmente i sacerdoti e i religiosi, la Chiesa partecipa alle concrete circostanze storiche dei vostri popoli e dei vostri Paesi, proclamando la parola di verità che libera e amministrando la grazia trasformatrice dei sacramenti della fede.

La Chiesa desidera in modo particolare essere vicina a chi soffre e a chi è oppresso. Desidera consolare i deboli e gli espropriati; difendere e assistere il crescente numero dei rifugiati e di coloro che vengono forzosamente trasferiti nella vostra regione; camminare mano nella mano con i lavoratori emigrati, costretti da situazioni di povertà e di sottosviluppo a cercare possibilità di vita lontano dalle loro case e dalle loro famiglie.

Non occorre dire della solidarietà della Chiesa con i poveri, con le vittime di leggi ingiuste o di ingiuste strutture sociali ed economiche. Ma le forme in cui questa solidarietà si realizza non possono scaturire da un’analisi basata su distinzioni di classe e sulla lotta di classe. L’impegno della Chiesa è di chiamare tutti gli uomini e tutte le donne alla conversione e alla riconciliazione, senza opporsi a gruppi, senza essere “contro” qualcuno. Ogni forma di ministero e di servizio nella Chiesa deve essere un’espressione dell’amore che è nel cuore di Gesù.

4. La vostra assemblea affronterà molti problemi assai gravi e urgenti per i quali, spesso, non può esserci una soluzione semplice. È importante dunque che le vostre parole e le vostre azioni riflettano la certezza e la speranza che fluiscono dal mistero redentivo della croce e della risurrezione di Cristo. In questo modo le vostre decisioni saranno veramente profetiche: cioè aperte ai suggerimenti dello Spirito Santo e in piena armonia con il messaggio di salvezza del Vangelo. La genuina forza profetica del nostro ruolo di insegnamento nella comunità ecclesiale deriva, non da preconcetti ideologici e socio-politici, ma dalla nostra proclamazione, nella fiducia e nella libertà, della parola del Signore. Come scrive san Paolo: “La parola della croce . . . è potenza di Dio” (1 Cor 1, 18).

5. Senza entrare nel tema delle vostre discussioni, sono lieto di avere questa opportunità di riaffermare la mia convinzione che “l’uomo è la via della Chiesa, via della quotidiana sua vita ed esperienza, della sua missione e fatica” (Redemptor Hominis, 14). Prego affinché i vostri cuori siano ricolmi di amore evangelico per tutto il popolo di Dio, e vi incoraggio a essere guidati soltanto dal desiderio di difendere e di promuovere la vera dignità dell’uomo.

È mia ardente speranza che la prima assemblea generale dell’Incontro inter-regionale dei vescovi dell’Africa meridionale riesca a promuovere un profondo senso di comunione ecclesiale tra tutte le Chiese locali della zona e che, condividendo le gioie e i dolori della vostra missione pastorale, vi rafforzerete nell’amore di Cristo e nel desiderio di servire i suoi fratelli e sorelle con tutte le vostre capacità.

Insieme col Padre che ci ha chiamati nella potenza dello Spirito Santo ad essere testimoni del Figlio suo nel mondo, sono lieto di impartire la mia benedizione apostolica, come pegno della mia spirituale vicinanza. Che Dio sia con voi e con le Chiese che voi presiedete e servite.

Dal Vaticano, 2 agosto 1984.

IOANNES PAULUS PP. II



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