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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITA' DI SANT'EGIDIO CONVENUTA
PER L'UDIENZA GENERALE A CASTEL GANDOLFO

Domenica, 22 luglio 1979

 

Portando l’esempio dello scolaro “imbeccato” dal maestro, provocato poi a proseguire, il Papa esordisce dicendo ai giovani di aver ben compreso, al di là delle parole da loro pronunciate, il senso del discorso che sono venuti a fargli a Castel Gandolfo, “Ascoltando tutto quanto – dice il Santo Padre – voi mi avete raccontato parlando, cantando e mostrandomi il filmato, ho riflettuto su alcune idee che forse fanno parte un po’ della vostra esperienza:

La prima idea è quella dello sposo. Il vescovo deve essere lo sposo della sua Chiesa locale. Lo sposo deve mostrarsi con le parole, i gesti e far sentire alla sua sposa il proprio amore sia quello visibile, che quello interiore. A 58 anni della mia vita, dopo essere stato lo sposo di una Chiesa per quindici anni, sono stato chiamato dal Signore ad essere lo sposo di Roma, di questa bellissima sposa che è la Chiesa di Roma. Ho cercato di dimostrare con le parole e con i gesti che voglio essere uno sposo fedele. La prima strada che ho intrapreso in questo senso è stata la visita alle parrocchie. Ma per visitare le parrocchie così come le visita il Papa, sebbene incontri tanta meravigliosa gente, quattro o cinque ore sono troppo poche. Io credo che si debba proseguire con le visite parrocchiali, ma sono altrettanto convinto di dover cercare ancora altri mezzi per arrivare a conoscere veramente questa mia nuova sposa che è la Chiesa di Roma”. “La Chiesa di Roma – prosegue il Santo Padre – è la Chiesa incarnata nella società, negli ambienti, nelle borgate, nelle case, nelle famiglie, nelle comunità, Per questo io ritengo che il nostro incontro di oggi sia molto importante nella strada della mia fedeltà sponsale”.

Ricordando il colloquio avuto poco prima con alcuni giovani che erano andati ad attenderlo alla soglia dell’appartamento il Papa dice che i problemi di Roma sono tanti, alcuni dei quali essi stessi li incontreranno più tardi nonostante gli undici anni della loro esperienza maturata accanto alla gente. “Quello che mi fa riflettere in questo momento è quanto avete detto poc’anzi riguardo alle due Roma: una, quella ricca diciamo, molto individualista ed egoista, isolata dall’altra Roma dove ci sono tanti poveri. Una è la Roma del consumismo, l’altra della povertà, della miseria e anche dell’abbandono. Ascoltando poi le vostre testimonianze ho riflettuto sulla strumentalizzazione che si compie ai danni dell’uomo contemporaneo.

È necessario difendersi dai rischi di certe strumentalizzazioni. Un buon metodo per difendersi è quello di diventare strumenti di Cristo così come voi avete fatto. Quando si diventa strumenti di Cristo si ritrova la sua personalità, la sua piena umanità. Voi siete strumenti ma non strumentalizzati perché Cristo non strumentalizza mai. Ecco perché la vostra umanità cresce in abbondanza.

“Infine – conclude il Santo Padre – voglio esprimere un augurio. Ho sentito dal vostro assistente che la chiesa di Sant’Egidio è ormai divenuta per voi troppo piccola. Io vi auguro che rimanendo fedeli a questa sempre troppo piccola chiesa possiate essere capaci di arrivare al punto che tutta Roma divenga troppo piccola per voi”.



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