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Pakistan, Filippine I, Guam (Stati Uniti II), Giappone, Anchorage (Stati Uniti II)
16-27 febbraio 1981

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II 
DURANTE L'INCONTRO CON LE COMUNITÀ 
CATTOLICHE CINESI IN ASIA

18 febbraio 1981

 

1. Cari fratelli e sorelle in Cristo

Considero molto significativo e importante avere l’occasione di rivolgere una breve parola ai cristiani cinesi durante la mia visita pastorale in Asia. Saluto in modo particolare l’Arcivescovo Matteo Kia e gli altri Vescovi che mi hanno onorato con la loro presenza durante questa mia visita pastorale nelle Filippine. Vi ringrazio di cuore per essere venuti come rappresentanti dei cristiani delle comunità cinesi d’oltremare per incontrare me, qui, a Manila. Alcune comunità vivono da generazioni nelle Filippine o in altri paesi asiatici; altre sono venute qui più recentemente. So che è vostro desiderio di essere pienamente integrati nella vita del Paese dove vivete, e di contribuire con il vostro lavoro, come buoni cittadini, alla prosperità della nazione che è ora vostra patria. Nello stesso tempo desiderate rimanere uniti in spirito con i vostri parenti e amici in Cina. Voi desiderate conservare i tradizionali valori morali cinesi e la cultura che vi uniscono alla patria di origine delle vostre famiglie, patria che amerete sempre affettuosamente e per il cui progresso siete pronti a offrire tutto l’aiuto richiesto. 

Voi siete anche membri delle comunità della Chiesa locale. Queste rafforzano la vostra dedizione a Cristo e vi permeano di quello stesso spirito cristiano che è stato, nel passato, il sigillo delle comunità cristiane cinesi in varie parti del mondo. Personaggi famosi nella storia della Cina hanno incontrato Cristo e sono divenuti cristiani in seguito ai contatti avuti con quelle ferventi e dinamiche comunità. Se conservate questo spirito, se vivete ispirati dalla fede cristiana e irrobustiti dalle tradizioni morali tipicamente cinesi, sarete in un senso profondo veri cristiani e veri cinesi, e contribuirete alla ricchezza della Chiesa intera. 

Attraverso voi che siete qui presenti, desidero raggiungere tutti coloro che sono in Cina e salutare, con gioia e affetto, tutti i miei fratelli e sorelle in Cristo che vivono in quella terra sconfinata. 

2. Io, Giovanni Paolo II Vescovo di Roma e successore di Pietro, saluto voi, miei cari fratelli e sorelle in Cina, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. Nella mia prima visita pastorale in Asia incontrerò Vescovi, clero, religiosi e laici della Chiesa nelle Filippine e in Giappone, per parlare loro dell’amore misericordioso di Dio, per proclamare il nome di Gesù; “perché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12), e per incoraggiarli a rendere testimonianza al Vangelo. Viaggiando così vicino ai confini del vostro Paese, desidero anche parlare a voi, perché, al di là delle distanze che ci separano, noi siamo tutti uniti “nel nome del Signore Gesù” (Col 3,12).Sin da quando la Provvidenza di Dio nelle sue vie misteriose, mi chiamo dalla nativa Polonia alla Sede di Pietro in Roma, ho ardentemente desiderato di esprimere il mio affetto e la mia stima a tutti i miei fratelli e sorelle della Chiesa in Cina, e di lodare il Signore per le grandi cose che ha operato nei cuori di coloro che professano il suo nome nelle città e villaggi del vostro immenso Paese. 

Lo Spirito del Signore lavora in tutti i popoli e nazioni, e a questo Spirito ho desiderato rendere testimonianza stabilendo come finalità specifica del mio pellegrinaggio in Asia quella di onorare i martiri di Nagasaki. Nelle loro persone rendo omaggio a tutti gli uomini e le donne in Asia che hanno offerto la loro vita per il nome di Gesù, dando con ciò prova che il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa non sono estranei ad alcun popolo o ad alcuna nazione, ma vivono nei cuori e nelle menti delle persone di tutte le razze e di tutte le nazioni del mondo. E così, nel salutare voi, faccio mie le parole dell’apostolo Paolo nella lettera alla Chiesa di Roma: “Anzitutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la fama della vostra fede si espande in tutto il mondo... Ho infatti un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io” (Rm 1,8.11-12). 

3. Con le mie umili parole, desidero anche esprimere la mia stima per il vostro grande Paese. Il vostro Paese è infatti grande non solo in termini di estensione geografica e di popolazione, ma specialmente a motivo della sua storia, per la ricchezza della sua cultura, e per i valori morali che il suo popolo ha coltivato attraverso i secoli. Il gesuita padre Matteo Ricci comprese e apprezzò pienamente la cultura cinese fin dagli inizi, e il suo esempio dovrebbe servire d’ispirazione a molti. Altri, a volte, non hanno mostrato la medesima comprensione. Ma quali che siano state le difficoltà, esse appartengono al passato, e ora è al futuro che dobbiamo guardare. 

Il vostro Paese, infatti, consacra tutte le sue energie al futuro. Esso vuole assicurare che, mediante il progresso scientifico e tecnologico, e mediante la collaborazione industriosa di tutti, i suoi cittadini possano vivere di vera felicità. Sono sicuro che ogni cattolico, all’interno delle vostre frontiere, contribuirà pienamente alla costruzione della Cina, poiché un vero e fedele cristiano è anche un onesto e buon cittadino. Il cristiano – in ogni Paese del mondo – è fedele a Dio, ma ha anche un profondo senso del dovere e dell’amore verso la sua terra e il suo popolo. Egli rispetta le cose dello spirito, ma contemporaneamente consacra i suoi talenti e le sue capacità al bene comune. Un buon cattolico cinese opera lealmente per il progresso della nazione, osserva gli obblighi di pietà filiale verso i genitori, la famiglia e la patria. Rafforzato dal messaggio del Vangelo, egli coltiverà, come ogni buon cinese, le “cinque virtù principali”: carità, giustizia, temperanza, prudenza e fedeltà. 

4. La Chiesa desidera rispettare le tradizioni e i valori culturali di ogni popolo, seguendo quanto san Paolo disse quando egli raccomandò ai primi cristiani di Filippo di fare oggetto dei loro pensieri “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro. amabile onorato, quello che è virtù e merita lode” (Fil 4,8) Fin dai primi tempi, la Chiesa ha imparato a esprimere la verità di Cristo attraverso l’aiuto delle idee e secondo la cultura dei vari popoli, perché il messaggio che essa predica è destinato a tutti i popoli e nazioni. Il messaggio cristiano non è proprietà esclusiva di un solo gruppo o d’una sola razza, è rivolto a ciascuno e appartiene a ciascuno. Non vi è perciò opposizione o incompatibilità nell’essere contemporaneamente vero cristiano e autentico cinese. 

Proclamando Gesù Cristo come eterno Figlio di Dio e Salvatore del mondo, la Chiesa non mira ad altro che ad essere fedele alla missione affidatale dal suo Divino Fondatore. Essa non ha mire politiche o economiche; essa non ha una missione terrena. Essa desidera essere, in Cina come in qualunque altro Paese, messaggera del Regno di Dio. Essa non desidera privilegi, ma solo che tutti coloro che seguono Cristo abbiano la possibilità di esprimere la loro fede liberamente e pubblicamente e vivere secondo la loro coscienza. 

Cristo è venuto per servire e per rendere testimonianza alla verità. Nello stesso spirito la Chiesa offre il suo contributo per rafforzare la fraternità umana e la dignità di ogni essere umano. Essa perciò incoraggia i suoi membri ad essere buoni cristiani e cittadini esemplari dediti al bene comune e al servizio degli altri, e collaborando con personale contributo al progresso della loro patria. 

5. Tutto questo dico a voi, cari fratelli e sorelle, perché mi sento tanto vicino a voi. Il corso della storia, determinato da decisioni umane, è stato tale che per molti anni non abbiamo potuto avere contatti scambievoli. Molto poco si conosceva di voi, delle vostre gioie, delle vostre speranze, e anche delle vostre sofferenze. Recentemente tuttavia, da varie parti del vostro immenso territorio, mi sono giunte vostre informazioni. Ma in quei lunghi anni voi siete senza dubbio passati attraverso esperienze che sono a noi ancora sconosciute, e, a volte, vi siete chiesti nelle vostre coscienze qual era per voi la cosa giusta da fare. Per coloro che non hanno avuto mai esperienze del genere è difficile valutare pienamente tali situazioni. Ciò nondimeno, desidero che sappiate: durante tutto questo periodo e fino ad oggi, io, e tutta la Chiesa con me, siamo stati con voi col pensiero, con la preghiera, nel genuino amore fraterno e nella sollecitudine pastorale. Ripongo la mia fiducia nella vostra fede e nel Signore che ha promesso: “Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire” (Mt 10,19). Se voi resterete uniti col Signore nella fede e nella preghiera, egli vi sosterrà e vi guiderà. 

Desidero pure esprimere la mia profonda ammirazione per le testimonianze di fede eroica che molti di voi hanno dimostrato e continuano a dimostrare ancora oggi. Tutta la Chiesa e fiera di voi e si sente irrobustita dalla vostra testimonianza. Nello stesso tempo essa spera che anche voi, a vostra volta, siate stati rafforzati dalla sua continua preghiera e comunione con voi nel Signore nostro Gesù Cristo. 

6. Ciò che ci unisce, cari fratelli e sorelle, non è un legame di natura fisica o di associazione politica, ma è la fede in Colui che è il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo, e che ha proclamato la fratellanza di tutti gli uomini. È Gesù Cristo, che ama tutti i popoli indipendentemente dalla loro razza o cultura e dalla loro condizione sociale o politica. Tutti siamo fratelli e sorelle, e al centro del messaggio di Gesù sta la chiamata alla fraternità universale. Non è esaltante scoprire che simile messaggio è stato chiaramente espresso anche nel detto cinese: “Tra i quattro mari, tutti gli uomini sono fratelli?”. Oggi più che mai, occorre proclamare questo messaggio in tutto il mondo, perché l’ingiustizia e la discriminazione fra i popoli e le nazioni serpeggiano ancora. 

7. Poiché il mio viaggio mi porta tanto vicino al vostro grande Paese, permettetemi di inviarvi un messaggio che sgorga dal mio cuore e dalla nostra fede comune. In questo tempo di grazia e di cambiamento, dico: aprite i vostri cuori e le vostre menti a Dio, che nella sua divina Provvidenza guida tutti gli eventi e persegue i suoi piani in tutto ciò che avviene. Dalle umane sofferenze e anche dalle debolezze e dagli errori, il Signore prepara una nuova fioritura. È mia sincera e profonda speranza che presto noi potremo unirci insieme per lodare il Signore e dire: “Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!” (Sal 133,1). 

Affido tutti voi a Maria, Vergine fedelissima, Regina della Cina. La pace di Gesù Cristo suo Figlio sia con tutti voi. Dio benedica la Cina! 

 

 

 



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