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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA XXV ASSEMBLEA
DELL'UNIONE SUPERIORI GENERALI

28 novembre 1981

 

Carissimi fratelli,

Sono lieto di accogliere quest’oggi voi, membri della Unione dei Superiori Generali, al termine delle vostre giornate di studio che avete tenuto a Grottaferrata per riflettere sul documento emanato dalle Sacre Congregazioni per i Vescovi e per i religiosi e gli Istituti Secolari: Mutuae Relationes.

Saluto tutti con particolare effusione di affetto; rivolgo un cordiale pensiero al vostro Presidente, Padre Pedro Arrupe, a cui tutti insieme vogliamo esprimere fervidi voti per la sua salute. Ringrazio il Padre Vincent de Couesnongle per le devote parole che ha voluto ora indirizzarmi e il Padre Enrico Systermans per la solerte ed apprezzata opera decennale da lui svolta in qualità di Segretario Generale del vostro Sodalizio.

1. Mi compiaccio anzitutto con voi per la scelta del tema dell’incontro: “Comprensione ed applicazione del documento Mutuae Relationes”, alla cui luce avete cercato di approfondire la dottrina e i rapporti della vita religiosa con la Chiesa universale e con quella particolare, scendendo al concreto mediante un esame di coscienza della vita religiosa oggi, e la presentazione di alcune esperienze tra Vescovi e religiosi.

Nella linea di quanto fu studiato nel vostro incontro del maggio scorso: “Il carisma della vita religiosa per la Chiesa e per il mondo”, vi siete certamente soffermati sull’identità dei religiosi, perché è come tale, cioè come consacrati, che essi sono chiamati ad inserirsi nella Chiesa di cui sono portatori di un carisma specifico, elargito dallo Spirito Santo perché la Chiesa stessa “non solo sia attrezzata per ogni opera buona... ma appaia anche adorna della varietà dei doni dei suoi figli, come una sposa ornata per il suo sposo” (Perfectae Caritatis, 1).

I religiosi, i quali chiedono ai Vescovi di essere accolti come tali, cioè per quello che sono (cf. Mutuae Relationes, parte I, cap. III), dovranno approfondire per primi la loro identità di consacrati e rendere manifesta e credibile questa loro identità attraverso la vita e le opere, anche quando vogliono essere più vicini alle necessità del mondo odierno. La testimonianza della vita consacrata e la fedeltà al proprio carisma è la prima forma di evangelizzazione e anche la più efficace, sia per i religiosi contemplativi sia per quelli dediti alle opere di apostolato, essendo queste richiamo e stimolo a vincere le tre maggiori tentazioni, quelle del godere, del possedere e del potere, sull’esempio dei santi loro Fondatori. Un’autocritica coscienziosa ed oggettiva vi ha certamente aiutato a rendervi conto se il vostro modo di vivere è tale per cui la Chiesa possa “ogni giorno meglio presentare Cristo ai fedeli e agli infedeli” (Lumen Gentium, 46). Anche nelle varie opere di apostolato, alle quali i religiosi si dedicano, secondo le finalità dell’Istituto, dovrà trasparire il loro impegno per la sequela radicale del Cristo: il non volersi distinguere nel modo di vivere e di agire sarebbe un grave impoverimento per la Chiesa.

2. La fedeltà al carisma della vita consacrata deve generare nei religiosi una profonda e sentita coscienza ecclesiale e quindi uno sforzo costante a vivere con la Chiesa, per la Chiesa e nella Chiesa. Se la dottrina della vita religiosa fa parte della ecclesiologia, ancor più la vita religiosa vissuta è espressione della vita ecclesiale. In questo si fonda l’atteggiamento di fede, di amore e di docilità dei religiosi verso i Pastori posti a reggere la Chiesa, come pure il dovere di inserirsi nella vita della Chiesa particolare arricchendola con i propri doni specifici, operando dentro di essa e come parte di essa e non semplicemente come forze complementari.

Di qui deriva anche l’impegno dei Vescovi, dei sacerdoti e degli altri componenti la famiglia diocesana a considerare i religiosi come parte viva della Chiesa particolare, per la quale il Pastore ha una propria responsabilità. Dalla coscienza ecclesiale sgorgano pure la comunione ne che deve unire i sacerdoti ai confratelli religiosi, partecipi dell’unico sacerdozio, e il dovere di aiutare ed assistere le anime consacrate specialmente attraverso il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale, e, per tutti, il dovere di favorire e coltivare le vocazioni alla vita consacrata che sono un segno manifestativo della vitalità della Chiesa particolare.

3. Nel recente discorso ai membri della Plenaria della Sacra Congregazione per i religiosi e gli Istituti Secolari raccomandavo ai Vescovi di fornire ai seminaristi ed ai sacerdoti “una informazione sempre più profonda e più completa” per una migliore conoscenza della vita religiosa in quanto tale.

Il documento Mutuae Relationes esorta, al numero 30, a far sì che “i religiosi e le religiose fin dal noviziato si formino ad avere una piena consapevolezza e sollecitudine per la Chiesa particolare” sempre nella fedeltà alla loro specifica vocazione. L’approfondimento anche dottrinale dei vincoli che legano i religiosi alla Chiesa universale e a quella particolare aiuterà ad armonizzare il loro inserimento in quest’ultima, facendo maggiormente sentire e vivere la dipendenza del Pastore Supremo, anche in forza del voto di obbedienza ed aiuterà a comprendere la sua missione di santificatore, perfezionatore e maestro nei riguardi delle persone consacrate.

Una convinta coscienza ecclesiale faciliterà poi le scelte che i religiosi non raramente sono chiamati a compiere, nel quadro del piano pastorale, tra le varie forme di presenza, anche nuove, nel campo apostolico e nei settori in cui impegnarsi; presenza che dovrà essere sempre la conseguenza e il segno della loro vita consacrata, rinnovata ed approfondita, pur nel necessario ed opportuno adattamento (cf. Perfectae Caritatis, 2-3), evitando così il pericolo del secolarismo.

L’Unione dei Superiori generali, come anche le Conferenze dei Superiori maggiori possono dare per questo un valido contributo. Toccherà poi ai Superiori dei singoli Istituti, docili alle direttive della Chiesa, e in collegamento con la Chiesa particolare, assicurare il proseguimento delle opere volute dal Fondatore, rinnovandole e adattandole secondo i bisogni dei tempi e studiare, e apprestare nuove presenze apostoliche (cf. Mutuae Relationes, 40-49), tenendo conto delle esigenze della missione pastorale e quelle della vita religiosa.


Cari responsabili delle Congregazioni, confido nella vostra saggezza e nel vostro zelo, per la creazione di questa armonia tra le varie forme di apostolato che sia connessa a concreti sviluppi. Si tratta di un problema acuito dalla crescita dei bisogni apostolici nella Chiesa di oggi e della diminuzione del numero dei religiosi. Per forza di cose si apre un vasto campo di collaborazione tra i Vescovi e gli Istituti religiosi. E in quest’opera evangelica concertata in modo chiaro, bisogna che ogni Famiglia religiosa continui ad essere in modo evidente segno della sua vita consacrata e della sua fedeltà al carisma particolare del proprio Istituto.

Per concludere, cari fratelli, incoraggio voi tutti a rimanere fedeli al vostro carisma, fedeli alla vostra vocazione alla santità, fedeli al vostro ministero di salvezza: in questo ispiratevi a Maria, Madre di Cristo. Ella vi incoraggia mediante il suo esempio di fedeltà; ella vi sostiene mediante la sua fedele preghiera. Il vostro amore, come il suo, si deve esprimere nella fedeltà – una fedeltà a tutto ciò che Dio vi chiede attraverso la sua Chiesa: Fiat voluntas tua! Per voi la fedeltà è la condizione per poter contribuire efficacemente alla costruzione del Regno di Dio; e il presupposto per una reale partecipazione all’opera di evangelizzazione. L’Incarnazione del Verbo era legata alla fedeltà di Maria, e la vita di Gesù nel mondo è oggi legata alla vostra fedeltà. Il vostro più grande contributo sarà senza dubbio il vostro amore – un amore che si manifesta in una prolungata fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.

Con la mia benedizione apostolica.


Chers Responsables de Congrégations, je fais confiance à votre sagesse et à votre zèle, pour que cette harmonisation entre des formes variées d’apostolat connaisse des développements concrets. C’est là un problème devenu très aigu du fait de la croissance des besoins apostoliques dans l’Eglise d’aujourd’hui et de la diminution du personnel. Par la force des choses s’ouvre dans un vaste champ de collaboration entre les évêques et les Instituts religieux. Et dans ce labeur évangélique véritablement concerté, il importe que chaque famille religieuse maintienne clairement le signe de sa vie consacrée et de sa fidélité au charisme particulier de l’Institut.

Finally, dear brothers, in all your endeavours to remain faithful to your charisms, faithful to your vocation to holiness, faithful to your ministry of salvation, you have Mary the Mother of Jesus to inspire you. She encourages you by her onvn example of fidelity; she supports you by her faithful prayers. Your love, like hers, must be expressed through fidelity – a fidelity to everything God asks of you through his Church: Fiat voluntas tua! For you, fidelity is the condition for being able to contribute effectively to the Kingdom of God; it is the prerequisite for really sharing in evangelization. The Incarnation of the Word was linked to the fidelity of Mary, and the life of Jesus in the world today is linked to your fidelity. Your greatest contribution will undoubtedly be your love – a love manifested in sustained fidelity to Jesus Christ and to his Church.
With my Apostolic Blessing.



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