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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA SESSIONE AUGURALE DEL SIMPOSIO INTERNAZIONALE
«DALLA "RERUM NOVARUM" ALLA "LABOREM EXERCENS"
VERSO L'ANNO 2000»

Sabato, 3 aprile 1982

 

Illustri Signori e Signore, carissimi fratelli e sorelle.

1. È per me motivo d’onore e di gioia prendere parte alla solenne inaugurazione di questo Simposio Internazionale che, per iniziativa della Pontificia Commissione “Iustitia et Pax”, ha raccolto da ogni parte del mondo studiosi della dottrina sociale della Chiesa, professori di scienze sociali e rappresentanti qualificati dei vari settori del mondo del lavoro.

Nel rivolgere a tutti i convenuti il mio deferente e cordiale saluto, sento il dovere di esprimere innanzitutto la mia viva riconoscenza sia a chi ha promosso questo incontro ad alto livello, sia a quanti hanno accettato di recare il contributo della propria competenza all’approfondimento dei vari aspetti del Magistero ecclesiale sui complessi e gravi problemi, che sogliono comprendersi sotto il termine di “questione sociale”.

Una speciale parola di apprezzamento e di gratitudine desidero altresì rivolgere agli oratori che ci hanno fatto dono, or ora, di alcune preziose riflessioni sul tema del Simposio, introducendoci nel vivo della problematica: siano pertanto rese grazie al Signor Javier Perez de Cuellar, Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, al Signor Francis Blanchard, Direttore Generale dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, ed infine a Monsignor Roger Heckel, Vescovo coadiutore di Strasburgo, già Segretario della Pontificia Commissione “Iustitia et Pax”. Le considerazioni, che essi hanno esposto con linguaggio profondo ed avvincente, costituiscono un eccellente avvio ai successivi lavori, che vi vedranno impegnati, illustri e cari Signori, nel corso dei prossimi giorni.

2. Il 13 maggio 1981, due giorni prima del 90° anniversario dell’enciclica Rerum Novarum, in un discorso che non ebbi la possibilità di pronunciare, illustravo il significato di tale ricorrenza con queste parole: “La "Rerum Novarum" riveste per la Chiesa una particolare importanza perché costituisce un punto di riferimento dinamico della sua dottrina e della sua azione sociale nel mondo contemporaneo”. Ed aggiungevo: “Dinamica e vitale, la Dottrina Sociale, come ogni realtà vivente, si compone di elementi duraturi e supremi, e di elementi contingenti che ne permettono l’evoluzione e lo sviluppo in sintonia con le urgenze dei problemi impellenti, senza diminuirne la stabilità e la certezza nei principi e nelle norme fondamentali” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 1 [1981] 1174s).

Ripeto oggi tali parole perché indicano chiaramente il significato e lo spirito di ogni celebrazione organizzata per sottolineare questo anniversario, e quindi anche della presente. In sintonia con tale spirito, voi rifletterete sull’insegnamento sociale da me offerto nell’enciclica Laborem Exercens, scambiandovi i vostri punti di vista alla luce dell’esperienza vissuta nella pastorale, nella ricerca accademica, nelle organizzazioni internazionali, nelle iniziative e nelle organizzazioni sindacali.

Ed è evidente che il vostro impegno, in questi giorni, non mirerà soltanto all’approfondimento della dottrina sociale della Chiesa, ma anche ad una sua sempre migliore comprensione, in vista dell’azione necessaria per tradurla in atto nei vari settori, che sono alla portata dell’uomo e che costituiscono il campo delle sue responsabilità sociali.

3. Mi compiaccio poi per il tema generale del Simposio: “Dalla "Rerum Novarum" alla "Laborem Exercens": verso l’anno 2000”. Alla vigilia del terzo millennio, il mondo si trova infatti dinanzi a problemi nuovi. La fase storica che si annuncia è segnata da interrogativi, da incertezze e spesso anche da impotenze. Ideologie che, a prima vista e in ragione della stessa loro diffusione, sembravano dover dominare gli spiriti in maniera duratura, non sono riuscite in definitiva che a dare la prova dei loro limiti. Esse si succedono le une alle altre e si esauriscono, e fanno nascere continuamente il desiderio di trovare un più stabile ordinamento delle relazioni tra gli uomini e le nazioni. Nuove possibilità si intravedono all’orizzonte, che ormai non possono più concepirsi in termini ristretti, unicamente nazionali.

Se i problemi, con cui l’uomo moderno deve confrontarsi, non possono essere compresi che tenendo conto della loro dimensione mondiale, sarà pure su scala internazionale che, in molti casi, dovranno essere cercate le soluzioni. Giustamente, pertanto, oggi sempre più frequentemente si auspica un nuovo ordine economico internazionale, che, superando i modelli insufficienti e inadeguati del passato, assicuri all’umanità una giusta partecipazione ai beni della creazione, con particolare sensibilità per i popoli in via di sviluppo.

La presenza a questo Simposio del Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e del Direttore Generale dell’Ufficio Internazionale del Lavoro pone molto bene in evidenza le componenti mondiali, che si inseriscono inevitabilmente nel dibattito sociale. E mi sia consentito ricordare, in questo contesto, un Documento tuttora validissimo ed attuale, per l’interesse che ha riservato alla dimensione mondiale dei problemi etici e sociali contemporanei: l’enciclica Populorum Progressio, che il mio predecessore di venerabile memoria, il Papa Paolo VI, ci ha donato esattamente quindici anni fa, il 26 marzo 1967.

4. La questione sociale è e resterà sempre “globale”, per così dire, dal momento che essa tocca ciascuna persona umana in particolare e tutti gli uomini insieme: essa tocca l’uomo nella sua natura profonda e nella sua esistenza. L’uomo stesso, la dignità della sua umanità, deve costituire l’ispirazione profonda e la forza dinamica per ogni ricerca di soluzioni adeguate ai problemi della società. L’uomo resta il criterio decisivo per un mondo che si voglia costruire nella giustizia e nella pace. Da tale visione globale della persona umana debbono svilupparsi i principi di riflessione, le norme di giudizio circa situazioni e strutture, le direttive per un’azione rispettosa della verità.

Voi lo sapete: la Chiesa non ha competenza diretta per proporre soluzioni tecniche di natura economico-politica; essa tuttavia invita ad una costante revisione di tutti i sistemi secondo il criterio della dignità della persona umana. A questo essa invita le Chiese locali, le comunità cristiane ai diversi livelli, i movimenti di azione apostolica e sociale, Pastori, insegnanti, ricercatori e, in definitiva, ogni battezzato secondo la propria responsabilità e secondo il posto che egli occupa nella società.

Lasciandosi guidare da questo criterio fondamentale si possono superare i sistemi falsi o parziali, le ideologie materialistiche o economistiche. È così che ci si rende liberi per un esame oggettivo della realtà sociale e per le decisioni operative volte all’attuazione di soluzioni giuste. È così soprattutto che ci si mette al servizio della vera libertà radicata in Dio, per cooperare alla sua opera creatrice e redentrice e per realizzare la salvezza dell’umanità sulla via tracciata dal Cristo, vero Dio e vero uomo.

Nel proporre questa sua dottrina e nell’affidarla all’impegno fattivo dei suoi figli, la Chiesa intende servire il bene dell’umanità, in sincera e positiva collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà e con tutti i responsabili e le Istituzioni della vita internazionale.

Fratelli e sorelle, nel porgervi i miei auguri di fecondo lavoro, invoco su di voi la costante assistenza del Dio della giustizia e dell’amore, mentre con sincero affetto a tutti imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica, che estendo volentieri ai vostri familiari ed a quanti con voi si adoperano per l’avvento di un mondo sempre più umano. 

 

© Copyright 1982 - Libreria Editrice Vaticana

 

                                                       



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