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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VINCITORI DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE

Venerdì, 10 dicembre 1982

 

1. Siate i benvenuti! Sì, benvenuti voi tutti che avete ricevuto il premio Nobel per la Pace o che rappresentate organizzazioni alle quali è stato assegnato questo onore. Siete tutti accolti calorosamente in questa casa in cui la pace è una delle sollecitudini costanti e primordiali della nostra preghiera e del nostro lavoro. In questa ottica, desidero felicitarmi con ciascuno di voi per il contributo che avete già apportato alla causa della pace e, allo stesso tempo, incoraggiarvi a non cessare mai di perseguire questa causa della pace tra i popoli e le nazioni, pace che suppone anche che i diritti fondamentali dell’uomo siano rispettati.

Venite qui dopo esservi riuniti a Roma e anche ad Assisi, la terra natale di san Francesco, questo amico e promotore della pace e della fraternità. Francesco sapeva che il dono della pace è un dono meraviglioso di Dio e per questo anche un dono trascendente. Egli passò la sua vita a rendere grazie all’Onnipotente e a testimoniarlo ovunque, conducendo gli uomini e le città a fare la pace. Per lui, il Vangelo di Gesù era la carta della pace: vedeva nel prossimo il volto di Cristo ed è questo che gli dava tanto amore e tanta forza.

Fondamentalmente, la pace, quella che dura, è una pace fondata su valori trascendenti, sui valori del bene morale, quelli che promuovono il benessere dell’umanità e dunque quelli che suppongono l’orientamento verso l’assoluto di Dio, fonte e garanzia della pace. E questa pace si manifesterà nel rispetto della dignità umana, come felicità, armonia, concordia, benessere, sicurezza e fraternità tra i popoli e le nazioni (cf. Giovanni Paolo II, Nuntius scripto datus ob diem 1 mensis ianuarii anni MCMLXXXII, paci inter nationes fovendae dicatum, 4, die 8 dec. 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 2 [1981] 1185 s).

2. Noi sappiamo tuttavia che se la pace si ispira fondamentalmente ai valori trascendenti, questi valori non possono divenire vita se non quando degli uomini vi consacrano il loro lavoro e collaborano tra di loro per metterli in atto. È per questo che la pace è infatti un dono di Dio che è affidato a tutti noi, un dono che dobbiamo fare nostro mediante gli scopi che ci fissiamo e realizzando i progetti personali e collettivi che stabiliamo a questo fine. Significa, in altri termini, riconoscere che i valori trascendenti hanno bisogno di mediazione nel mondo, e noi dobbiamo esserne i mediatori. Un tale impegno suppone amore dell’uomo, lucidità e molto coraggio, perfino anche la pazienza di sopportare incomprensione, prove e persecuzione.

La mediazione di questi valori prenderà forme numerose e varie; essa suppone abbondanza di progetti diversi. Non c’è un’unica maniera di realizzazione concreta della pace. Non c’è un ordine prestabilito che garantisca la pace. La mediazione del lavoro degli uomini per la pace rivestirà dunque molti aspetti, a tutti i livelli dell’esistenza umana. Questo mi è evidente guardando attorno a me oggi: perché alcuni tra voi si sono impegnati attivamente nella politica per costruire la pace; altri tra noi si sono consacrati alle strategie che sono volte a migliorare le condizioni umane dell’esistenza o ad aiutare coloro che soffrono e sono nello sconforto. Tutti questi compiti sono nobili, e non ce n’è uno che abbia una priorità assoluta sugli altri, nella misura in cui essi sono tutti realmente opere di mediazione, nella condizione umana, dei valori che incarnano l’ideale trascendente di una pace durevole per tutta l’umanità e dunque di una pace giusta. Questo domanda a tutti noi di trasformare la realtà con progetti concreti che daranno corpo al nostro ideale.

3. Il nostro impegno in questo compito, alleggerendo le sofferenze, aiutando a risolvere le controversie, o contribuendo a stabilire strutture che garantiscano e rafforzino la pace, affina nelle nostre proprie vite la sensibilità alle esigenze della vita umana, oggi e per l’avvenire. Questi compiti concreti fanno scoprire a ciascuno di noi, più profondamente, delle possibilità che erano solamente implicite all’inizio del nostro impegno, e nello stesso tempo esse ci aiutano a inserire il nostro lavoro nell’orizzonte più largo dell’impegno comune.

“Il nostro avvenire è nelle mani di Dio che, solo, dà la vera pace” (Giovanni Paolo II, Nuntius scripto datus ob diem 1 mensis ianuarii anni MCMLXXXII, paci inter nationes fovendae dicatum, 13, die 8 dec. 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 2 [1981] 1197). Mantenendo questa certezza viva nello spirito, posso concludere incoraggiandovi tutti a proseguire il vostro nobile compito di artefici della pace, a continuare ad offrire al mondo progetti nati dai vostri talenti e dalle vostre responsabilità per il bene della razza umana, a trovare nelle realizzazioni del vostro lavoro i mezzi per affermare gli scopi più profondi delle vostre vite al servizio della pace, della fraternità, del bene profondo degli uomini.

4. Sono felice di salutare con voi i membri del Consiglio esecutivo del Comitato Nazionale Italiano per le manifestazioni dell’VIII Centenario della nascita di san Francesco: sono loro che hanno preso questa iniziativa di invitarvi ad Assisi e a Roma. Quest’anno è stato ricco di incontri, di preghiera, di testimonianze, di riflessioni, di collaborazione, che manifestano la diffusione inaudita e molto attuale dell’esempio del Poverello di Assisi, testimone così trasparente dell’amore evangelico per ogni fratello uomo. Mi rallegro e mi felicito con tutti i promotori. Quest’ultimo incontro dei Premi Nobel della pace e la riflessione che ne è stata il frutto ne sono un’eloquente testimonianza. Grazie a tutti!

Nello stesso spirito che animava san Francesco e che è stato quello dei miei predecessori alla Sede Apostolica, indirizzo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie i miei auguri più calorosi e prego Dio di colmarvi delle sue benedizioni.

 

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