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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA REGIONE ECCLESIASTICA DI PARIGI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 1° ottobre 1982

 

Cari fratelli dell’Ile de France.

1. Vi accolgo con gioia tutta speciale, voi che siete figli di quella Francia che, non molto tempo fa, festeggiava il mio passaggio con sincero entusiasmo! Mantengo un ricordo commosso degli incontri molto vari e di tutte le riunioni che hanno costellato la mia visita pastorale nella città di Parigi e suoi dintorni, insomma nelle vostre diocesi, in compagnia dei cari Cardinali Marty e Etchegaray: con tutto il Popolo di Dio a Notre-Dame e a Bourget, con gli operai a Saint-Denis, con i miei compatrioti al Champ-de-Mart, con i giovani all’indimenticabile Parco dei Principi, e ancora al Sacro Cuore, in via du Bac, all’Istituto cattolico, e soprattutto con tutti i Vescovi al Seminario di Issy-les-Moulineaux. Tutte le parole allora pronunciate e scambiate devono continuare a rischiarare e a orientare il cammino della Chiesa in Francia. Spero di avere l’occasione di estendere questa visita ad altre regioni del vostro paese, per godere della testimonianza della vostra fede, apportarvi la mia (cf. Rm 1, 11-13) e rinserrare la nostra unità attorno al Signore Gesù Cristo.

Come ho espresso allora a più riprese, ammiro il magnifico passato cristiano della vostra nazione, il suo genio, la sua passione per la causa dell’uomo, di cui ha tante volte proclamato la dignità e la libertà, e difeso i suoi diritti. Così essa ha aiutato spesso la Chiesa a camminare su questa “strada dell’uomo” che corrisponde alla volontà di Dio e più che mai all’attesa del mondo contemporaneo. Come una sfida all’amore predicato dal Vangelo, vediamo moltiplicarsi in questo mondo gli attentati contro la vita, tanto che le ideologie riduttive contrastano, al punto da annichilirla, la piena maturazione di sé alla quale ogni uomo aspira e che non può trovare la sua pienezza che nell’accettazione della Buona Novella che abbiamo il compito di proporgli senza sosta.

2. Proseguire l’evangelizzazione in tutti gli ambienti, sia operai che studenteschi, presso gli emigranti e i carcerati, questa è la volontà che spicca da tutti i vostri rapporti che ho letto attentamente, ivi compreso quello che il compianto Monsignor Delarue mi aveva indirizzato qualche giorno prima della sua morte. Piuttosto che riprendere tutti questi aspetti importanti, e ciascuna delle questioni formulate - per le quali la vostra responsabilità di Pastori, di dottori della fede, vi farà trovare una risposta ecclesiale - mi soffermo oggi su un problema che il vostro Presidente mi ha appena esposto a nome di tutti.

Conosco infatti tutta l’importanza che attribuite alla “catechesi”, in particolare a quella dei bambini. Rappresenta per voi un aspetto essenziale per l’evangelizzazione delle vostre diocesi.

La vostra paziente ricerca di nuovi strumenti di trasmissione della fede, il numero crescente di catechisti laici che voi vi impegnate di formare in modo adeguato, testimoniano del vostro impegno missionario al fine di aprire al messaggio del Vangelo i bambini e i giovani che molto spesso diventano adulti in un clima di incredulità.

È per rafforzare la vostra speranza, per confermare il vostro zelo, per sottolineare la vostra autorità in questo campo, per rinserrare sempre più strettamente i vostri legami di comunione con la Sede di Pietro che desidero parlare con voi di questa funzione così essenziale del nostro ministero apostolico che è quella dell’educazione alla fede mediante la catechesi, senza dimenticare certo che essa si compie anche in famiglia, nei movimenti di apostolato e attraverso la liturgia.

3. Non voglio ignorare i “numerosi cambiamenti” che si sono prodotti nella società del vostro paese da più di vent’anni a questa parte; questi cambiamenti non hanno mancato di provocare una revisione di pratiche pastorali, e particolarmente quelle della catechesi dei bambini.

Avete esposto le principali condizioni che rendono questo compito più difficile. C’è innanzitutto il fattore massiccio della “urbanizzazione” che ha contribuito all’esplosione dell’antico quadro della parrocchia rurale e alla concentrazione demografica nelle zone urbane, in cui l’ambito familiare è sradicato, privato dei suoi legami naturali e sottomesso ad una mobilità permanente.

Parallelamente, il processo di “secolarizzazione” si è accentuato; in una vita ingombra di tante cose estranee alla fede, si tende sempre più a limitare l’espressione di ciò in cui si crede nella sfera del privato, togliendo così a molte famiglie quel sostegno religioso che poteva apportare il quadro tradizionale con la sua visibilità sociale.

Occorrerebbe notare ancora “le condizioni della scolarizzazione”, per le quali i bambini frequentano la scuola fino al sedicesimo anno d’età, condizioni che li fanno entrare in un campo culturale che, con le pedagogie moderne, sviluppa il senso critico della ragione e accorda il primato alla verità che viene provata sulla verità che viene trasmessa.

Sono tutti questi cambiamenti, con le loro conseguenze sulla vita concreta dei bambini, che vi hanno convinto a rinnovare le pratiche di catechesi alle quali si riferiscono, nella loro grande maggioranza, i genitori delle diocesi di Francia, anche se non mantengono tutti gli obblighi della vita cristiana, e anche se voi osservate, purtroppo, in certe vostre città, una rapida ed inquietante flessione in questo campo.

4. Dopo un lungo sforzo di riflessione e di ricerca, avete prescritto delle direttive e dato degli orientamenti in vista di una catechesi che risponda ad una situazione di cui si può dire globalmente che è una situazione missionaria. Così voi avete voluto che, in certa misura, la catechesi dei bambini fosse simile al cammino catecumenale, poiché uno dei suoi scopi è quello di prepararli ai sacramenti: per alcuni, il battesimo; per tutti, la riconciliazione, l’Eucaristia, la cresima.

Il vostro primo obiettivo è quello di suscitare le condizioni di una primaria esperienza della fede per i bambini che vengono al catechismo molto spesso senza alcuna conoscenza religiosa precedente - mentre l’ideale sarebbe sempre che un’iniziazione sia offerta fin dalla prima infanzia dalle famiglie cristiane. Di qui la necessità di una paziente pedagogia che apra la coscienza del bambino all’interiorità e all’accoglienza del Vangelo e dei misteri della Rivelazione.

Il secondo obiettivo mira a tenere gran conto delle situazioni umane vissute dal bambino nel suo ambiente familiare e sociale, e nel suo ambito scolare e culturale. L’atto di catechesi, così come ricorda il Direttorio catechetico generale, non può dissociare da una parte la trasmissione del messaggio - trasmissione che, evidentemente, “non deve sacrificare nulla del contenuto dottrinale” - e d’altra parte l’attitudine e la “disponibilità del soggetto ad accoglierlo”. La vostra catechesi vuole infatti essere attenta alla diversità dei gruppi di bambini e mira ad offrire dei mezzi di pedagogia appropriati.

Il terzo obiettivo fondamentale che vi proponete è quello di fare in modo che il bambino possa fare egli stesso l’esperienza di una comunità di Chiesa. Il gruppo di catechesi non sarà solamente un gruppo di didattica religiosa in cui si apprende un sapere, ma “una cellula di vita di Chiesa”, nella quale i bambini con il loro catechista, scoprono l’identità di una vita cristiana in cui l’unione con Cristo si vive personalmente e comunitariamente. È in questo quadro che il bambino impara il linguaggio della fede, dà senso al Vangelo e ai misteri rivelati, compie la sua iniziazione alla preghiera, alla vita liturgica e sacramentale, essendo chiamato a vivere questa fede in famiglia, e nelle comunità più ampie, parrocchiali o altre, che comprendono dei ragazzi più grandi e degli adulti.

5. Per realizzare questi obiettivi, avete voluto proporre ai catechisti degli “strumenti di lavoro” che sono stati oggetto di numerose ricerche e messe a punto. Bisognerà “sempre perfezionarli”, tenendo conto dell’esperienza e delle sagge note formulate in questo campo.

Questi programmi di catechesi possono dare l’impressione di una certa abbondanza. Voi pensate che rispondono all’attesa dei pastori e dei catechisti offrendo, secondo una diversità saggiamente compresa, i mezzi di un’autentica trasmissione della fede, differenziati secondo i livelli dei bambini e appropriati a situazioni pastorali contrastate. Questi strumenti, dunque, sono stati concepiti in vista di una pedagogia rinnovata e attiva alla quale sono abituati oggi i bambini nei loro lavori scolastici. Vegliate allo stesso tempo affinché essi permettano alle diverse categorie di bambini di accedere “all’integralità e alla specificità della dottrina rivelata”.

Per questo siete stati condotti - è questa la fase attuale - a promulgare voi stessi dei libri di catechesi in ciascuna delle vostre diocesi. Rivisti sotto il vostro controllo sul piano dogmatico, e valutati con il vostro discernimento pastorale, essi “impegnano il vostro magistero ecclesiale e questo in stretto legame con il nostro Dicastero competente”. Sì, come afferma l’esortazione apostolica Catechesi Tradendae - le cui disposizioni sono una traccia da seguire in questo campo -, “voi siete i primi responsabili della catechesi” (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 63), per portare a buon fine l’elaborazione di strumenti catechetici - come voi ne avete appena affermato l’intenzione - e per vegliare in seguito affinché la trasmissione della fede si faccia a tutti i livelli nella verità, nella carità, nell’unità.

6. So che certe produzioni catechetiche o certe nuove condizioni di catechesi hanno sollevato qua e là inquietudini e critiche da parte di certi cristiani. Non è qui il luogo per giudicare della giustezza di certe reazioni prese in se stesse, né della giustizia di certe critiche divenute talvolta campagne d’opinione. Comprendo come queste ultime vi facciano soffrire, perché vi colpiscono nella vostra coscienza di Vescovi responsabili. Pur tuttavia, non dovete lasciarvi prendere troppo dall’amarezza. Accoglietele con serenità; contribuiscano ad accrescere la vostra vigilanza sulla qualità dei catechismi, a consolidare il vostro zelo pastorale, e a rinnovare la vostra comunione con la Sede Apostolica! Su questo ultimo punto, conosco il vostro lavoro intrapreso in comune con la Congregazione per il Clero e vi incoraggio in questo cammino. Ma, nelle diocesi di cui avete la responsabilità, nessuna persona né alcun gruppo privato può sospettare né mettere in questione la vostra responsabilità fondamentale in questo campo, né l’autorità che è ad essa inerente.

Esorto dunque tutti i figli della Francia ad agire con serenità, confidenza e unità attorno ai loro Vescovi. E auguro a voi di continuare nello spirito di cui abbiamo parlato, questo servizio alla Parola di Dio, che rivela il mistero del Dio vivo nello stesso tempo in cui rivela l’uomo a se stesso (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 4). “Non solo il messaggio evangelico è indirizzato all’uomo, ma è anche un grande messaggio messianico sull’uomo: è la rivelazione all’uomo della verità totale su lui stesso e sulla sua vocazione in Cristo” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos in urbe Issy-les-Moulineaux habita, 3, die 1 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III,1 [1980] 1597).

Di tutto cuore vi incoraggio e benedico i sacerdoti e i catechisti, religiosi e laici, che consacrano il loro tempo e la loro fatica collaborando con voi in questo ministero così importante che è la catechesi. Come voi stessi dite, bisogna agire al meglio con tutte le risorse di cui voi disponete per far in modo che non si instauri il vuoto religioso nella nuova generazione.

7. Il tempo non mi permette di dilungarmi sull’educazione della fede degli adolescenti, degli “studenti” e degli adulti. Eppure è così fondamentale! Penso per esempio alla pastorale degli studenti, di studenti francesi e di studenti stranieri - così numerosi a Parigi -; alla pastorale delle scuole secondarie - licei e collegi di Stato, istituzioni cattoliche - in cui sacerdoti, fratelli, religiose, laici, uomini e donne, si sforzano, malgrado tutti gli ostacoli, di proporre in maniera valida la fede ai giovani, di approfondirla pazientemente con loro, di farli vivere di essa: essi meritano di essere vivamente incoraggiati, potrete dirlo loro da parte mia. Non abbiamo paura di impegnarci al massimo in questo campo della pastorale scolastica e universitaria: guai alla Chiesa se non è presente e operante in seno a queste nuove generazioni che, per la loro cultura, tengono, in un certo senso, la chiave della civilizzazione del domani!

8. E questo mi porta ad un’ultima riflessione. Le parole “incredulità massiccia”, “ateismo”, “indifferenza religiosa”, “secolarizzazione”, ritornano spesso nei vostri rapporti, a fianco di segni di speranza: senza dubbio corrispondono a situazioni e ambienti che voi conoscete bene. È cosa buona analizzarne le cause, e voi lo fate spesso, abbondantemente, con uno spirito d’autocritica molto spinto. Vi sono innanzitutto “cause” in qualche modo “esterne” all’identità profonda della Chiesa, quali le ideologie riduttive che scalzano le convinzioni di fede o di esigenza etica; a Parigi, vi ho parlato della suprema tentazione per l’uomo di rifiutare Dio in nome della propria umanità, come di una “mèta-tentazione”. Queste difficoltà non sono solo intellettuali: esse sono rafforzate dalle condizioni di vita che rendono difficile la pratica religiosa - preghiera, culto, morale -, sia che si tratti dello sradicamento e della separazione delle famiglie, o al contrario del benessere gustato in uno spirito di materialismo o di liberalismo eccessivo. Ma, limitandosi a rilevare queste cause esteriori, troppo reali, si rischierebbe senza dubbio di accentuare un atteggiamento passivo di scoraggiamento, o di giudicare le persone che al contrario bisogna amare di più.

Più precisamente, bisogna giungere a quella che chiamerei una “analisi evangelica delle cause”. Come dicevo ancora a Issy-les-Moulineaux, c’è una minaccia che è all’interno della Chiesa, che le fa perdere la sua forza, la sua anima, nella misura in cui essa perde fiducia nella potenza e nella saggezza del Messaggio rivelato (cf. 1 Cor 1, 25), nella forza del Vangelo vissuto, nella vera gioia delle beatitudini legata alla povertà del cuore, alla dolcezza, alla sete di giustizia, all’opera di pace, alla purezza, alla persecuzione a causa di Gesù. Sì, bisogna ammettere che il Vangelo è “un segno di contraddizione”, come avete ricordato, ed è inseparabilmente una “Buona Novella”, che trova in se stessa la sua continua novità e la sua forza, come il lievito o il sale, anche e soprattutto nelle condizioni esterne difficili, perché non si appoggia che su Dio, sulla Rivelazione inaudita del suo amore, sulla salvezza operata mediante la Croce e la Resurrezione di Cristo, sulla preghiera che mostra che non si tratta di una nostra opera e sulla pratica dell’etica cristiana. Là dove dei cristiani, là dove delle comunità cristiane assumono il rischio di puntare innanzitutto su questo, come hanno fatto gli Apostoli alle origini, le condizioni sfavorevoli o ostili, non li soffocano; esse li stimolano; al posto di subirle sono loro che testimoniano, sforzandosi di cambiare le cause esterne. So bene che questo è il volto evangelico che volete dare alle vostre comunità. Da parte mia, questo è l’augurio fervente. Esso è tessuto di speranza. E forse ritroverete allora, in condizioni rinnovate - come dicevo a tutti i Vescovi francesi a Issy - (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos in urbe Issy-les-Moulineaux habita, 7, die 1 iun. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1603), “la stessa potente ossatura del Vangelo e della santità che costituisce un patrimonio particolare della Chiesa francese”.

Che nostra Signora vi aiuti a vegliare nella prova della fede! E che Dio onnipotente vi benedica, Padre, Figlio e Spirito Santo.

 

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