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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA SOCIETÀ SAN VINCENZO DE' PAOLI

Giovedì, 28 aprile 1983

 

Cari fratelli e sorelle.

1. Siate i benvenuti in questa Casa! Mi associo di tutto cuore al giubileo della Società San Vincenzo de’ Paoli, la cui opera mi è familiare. E accolgo con gioia i responsabili, i delegati che rappresentano un numero impressionante di “Vincenziani”, testimoni attivi della carità, organizzati in gruppi, in tanti Paesi del mondo. La vostra fedeltà alla Chiesa è profonda e io conosco il vostro attaccamento al successore di Pietro, Vescovo della Chiesa, che ha la vocazione di presiedere alla carità. Il vostro Presidente internazionale del resto vuole sempre rendere visita al Papa all’inizio del suo mandato.

2. Sono dunque esattamente centocinquanta anni da che la prima “Conferenza di carità” ha visto la luce a Parigi: una iniziativa di giovani laici cristiani, raggruppati attorno a Frederic Ozanam. Dobbiamo innanzitutto ringraziare Dio per questo dono che ha fatto alla Chiesa nella persona di Ozanam. Si rimane strabiliati da tutto ciò che ha potuto intraprendere per la Chiesa, la società, per i poveri, questo studente, questo professore, questo padre di famiglia, dalla fede ardente e dalla carità creativa, dal corso della sua vita consumatasi troppo presto! Il suo nome resta associato a quello di San Vincenzo de’ Paoli che, dieci secoli prima, aveva fondato le Dame di Carità, senza che l’equivalente sia potuto ancora essere istituito per gli uomini. E come non desiderare che la Chiesa ponga anche Ozanam tra i beati e i santi?

Vincenzo de’ Paoli, Ozanam non furono che i pionieri di una “rete di carità” che si è estesa in tutto il mondo. Dobbiamo ringraziare anche per tutto ciò che lo Spirito Santo ha suscitato nel cuore dei loro discepoli, per ciò che ha realizzato attraverso di loro, mediante l’opera della vostra Società, nei cinque continenti.

3. Questo impegno di carità è il cuore del Vangelo, ed è più che mai di attualità.

Certamente, ciò che preoccupa la Chiesa, è di diffondere la fede, di nutrirla o di risvegliarla, mediante la predicazione, l’insegnamento, la preghiera. Precisamente, Ozanam si era anche e prima di tutto preoccupato di far fronte all’indifferenza religiosa e alla mancanza di fede dei suoi tempi. Ma aveva ben compreso che lavorare ad alleggerire la miseria dei poveri era il modo di mettere in pratica il Vangelo e nello stesso tempo di ravvivare la fede, di fortificarla e di renderla credibile.

Non si può d’altra parte opporre giustizia e carità. Ozanam stesso ha preconizzato audaci misure per migliorare, giustamente, le condizioni di vita dell’ambiente operaio nascente. Fu uno dei precursori del movimento sociale coronato dall’enciclica Rerum Novarum. Ma sapeva anche che la carità non attende: essa aiuta l’uomo concreto che soffre oggi. Vi sono ancora senza dubbio persone che pensano che la carità che voi praticate rischi di frenare, con i suoi piccoli sollievi, il processo necessario per creare una società umana interamente rinnovata e liberata dall’ingiustizia. Ciò non vi deve preoccupare. Certamente, bisogna sempre prendere posizione contro l’ingiustizia, e precisamente per proteggere a lungo termine i piccoli e i poveri di cui tanto vi preoccupate. Ma è la stessa carità che suscita l’uno e l’altro sforzo. E non è sufficiente riflettere generosamente sull’amore verso l’umanità intera: bisogna amare concretamente quello che il Vangelo chiama il prossimo, che ci è vicino o a cui ci si avvicina. Ogni sistema sociale, anche se si vuole fondato sulla giustizia e anche ogni aiuto organizzato, che certamente è molto necessario, non dispenserà l’uomo dal volgersi con tutto il suo cuore verso il suo simile. È questo anche il suo modo di amare Dio che non vede (cf. 1 Gv 4, 20).

4. Questa carità concreta è dunque la vostra vocazione primaria, la vostra specialità. Essa si traduce in molte realizzazioni di carattere sociale, perché sapete far fronte ai bisogni che vengono alla luce, sia presso i bambini denutriti, che presso le persone anziane, sole, presso gli emigranti, i rifugiati, i baraccati, i malati e gli handicappati, presso i carcerati, gli emarginati di ogni tipo, le vittime delle catastrofi. Unite i vostri sforzi a quelli di molte altre organizzazioni, movimenti, iniziative di comunità cristiane o della società civile. Mi sembra che si potrebbe tuttavia trovare il vostro carisma specifico nel contatto personale, nella visita a colui che ha bisogno di un aiuto spirituale o materiale, di una condivisione di amicizia. E cercate di fare questo senza baccano, discretamente, con pieno rispetto delle persone. È una nota preziosa nell’anonimato e nella durezza della nostra civiltà. Se si guardasse solo alle folle, non si comincerebbe mai. Ma ogni persona è unica.

5. Sul piano dei vostri mezzi istituzionali, voi tentate innanzitutto di costituire un gruppo di amici. Come voleva Ozanam, considerate le frequenti riunioni delle vostre Conferenze non solamente dei mezzi pratici per conoscere e servire in modo organico i poveri che avete vicino, ma un approfondimento spirituale, una riflessione cristiana, che equilibri preghiera e azione. Perché bisogna lasciarsi trasformare dalle parole di Cristo per renderlo presente nel nostro mondo.

Sono felice di sapere che giovani sempre più numerosi formano gruppi vincenziani o entrano in gruppi di anziani: auguro che essi apportino uno slancio nuovo, nuove idee, forse uno stile nuovo, ma sempre nello stesso spirito; così, grazie a un’accoglienza reciproca, tutta la vostra Società potrà trarne beneficio e affrontare l’avvenire con serenità.

Mantenendo bene tutto ciò che caratterizza la vostra iniziativa di laici cristiani, dovete anche desiderare di lavorare in stretta unità con tutta la Chiesa: per esempio con i Pastori di ciascuna delle vostre diocesi, con altre istituzioni diocesane, soprattutto con quelle che perseguono come voi un fine caritativo, per prendere così il vostro posto in una pastorale d’insieme, che non può fare a meno di collaborazione e che può beneficiare della vostra testimonianza mentre apre le vostre preoccupazioni alle diverse dimensioni della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha insistito su questa collaborazione.

Sul piano internazionale, i due organismi della Santa Sede che sono qui rappresentati hanno la possibilità di avere con voi un fruttuoso dialogo: il Consiglio pontificio per i laici, che si interessa al vostro impegno di laici, e il Consiglio pontificio “Cor Unum”, di cui la vostra Società è membro e che ha, tra gli altri, la vocazione di stimolare e di armonizzare lo slancio caritativo nella Chiesa.

6. Cari amici, continuate e rinnovate senza posa, nello stesso spirito, un’opera così ben iniziata, così ben radicata in diversi Paesi, che fa tanto bene e in cui tanti cristiani trovano l’impegno che loro conviene. Date la testimonianza concreta che il Vangelo vissuto è una forza umanizzante e nello stesso tempo rivelazione dell’amore di Dio. E attraverso voi, nonostante la debolezza e la povertà che noi tutti portiamo, è Cristo che si avvicina a tutti questi volti che hanno bisogno di aiuto concreto, di tenerezza, di presenza umana, di speranza. E le persone aiutate offrono a voi stessi un’apertura del cuore e una grazia.

Dio vi illumini e vi fortifichi in questo impegno di carità! E io, di tutto cuore, vi imparto la mia benedizione apostolica, che indirizzo anche a tutti i membri dei gruppi della Società di San Vincenzo de’ Paoli.

 

© Copyright 1983 - Libreria Editrice Vaticana

 



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