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  VISITA PASTORALE A RIETI E GRECCIO

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE FAMIGLIE FRANCESCANE

Eremo di Greccio, Rieti
Domenica, 2 gennaio 1983 

 

Cari fratelli e sorelle,

1. Il mio pellegrinaggio odierno nella Valle Reatina tocca il culmine in quest’Eremo di Greccio, collocato tra rocce aspre e boschi solitari, costruito con pietre sacre e consunte per la presenza orante di ininterrotte generazioni di pellegrini, alla ricerca della pace e della letizia francescana. Qui intendo concludere la solenne celebrazione dell’ottavo centenario della nascita di san Francesco d’Assisi, che durante lo scorso anno ha suscitato in ogni parte un vastissimo fiorire di iniziative opportune, imprimendo nuovi impulsi alla vita di tutta la Chiesa e specialmente a quella dei più diretti seguaci del Santo.

2. Ringrazio, innanzitutto, il Signor Ministro Darida per la sua presenza e per le parole che mi ha rivolto a nome del Governo italiano, ed esprimo la mia riconoscenza al Superiore generale dell’Ordine dei Frati Minori, che ha interpretato i sentimenti delle Famiglie Francescane.

Dirigo poi il mio saluto al Cardinale Antonelli e al Vescovo di Rieti; saluto, inoltre, cordialmente voi tutti, abitanti di Greccio, con speciale pensiero alle autorità e in particolare al vostro Sindaco e al Consiglio comunale, rivolgendo a tutti l’augurio di “pace e bene”, ripetuto tante volte in questa Valle Santa, “sonora di silenzio e di serenità”, proprio dalle labbra dell’Assisiate, che ha lasciato in questa terra un’impronta singolare della sua anima di santo, di apostolo e anche di legislatore. Sono trascorsi tanti secoli, la storia ha scritto molte pagine, ma nei vetusti Conventi della valle di Rieti aleggiano vivi i ricordi del Poverello che qui predicò, pregò, fece penitenza e prodigi.

Il nome di Greccio è passato alla storia fin dal Natale 1223, da quando cioè san Francesco vi costruì il primo Presepio, mistica e popolare intuizione diffusasi in tutto il mondo, suscitando fermenti di vita cristiana. Greccio, “Betlemme Francescana”, rivolge anche all’uomo di oggi, proiettato avventurosamente nello spazio, ma anche circondato da un vuoto inquietante di valori e di certezze, un messaggio di salvezza e di pace: il Verbo incarnato, il Divino Bambino vuol raggiungere e convertire anche i cuori di questa generazione, invitandoli a fare l’esperienza di un amore infinito, che è giunto a rivestirsi della nostra carne mortale per essere fonte di perdono e di vita nuova.

San Francesco, inoltre, prediligeva gli abitanti di Greccio per la loro povertà e semplicità, ed ebbe a dire: “In nessuna grande città ho visto tante conversioni quante in questo piccolo castello di Greccio”. Ecco una valida testimonianza da rendere anche al presente e che riguarda l’esercizio delle virtù della parsimonia e del distacco, al fine di ritrovare un’autentica signoria sulle cose, ed ancor più per essere vicini - in una società opulenta e perciò spesso ingiusta - a chi soffre la più grande indigenza. Rivivono così quella fraternità e quel senso di solidarietà universale, immanenti alla spiritualità, francescana, e tanto necessari perché l’umanità riscopra, nella libertà autentica, la capacità di elevare, insieme con l’intero mondo creato, un canto di lode e di ringraziamento a Dio.

Per questo concluderò il mio saluto a voi, gente di Greccio, con le parole del Santo: “Ogni creatura che è in cielo e in terra e nel mare . . . renda a Dio lode, gloria, onore e benedizione, poiché egli solo è onnipotente e ammirevole e glorioso e santo e degno di lode per gli infiniti secoli dei secoli” (Lettera ai fedeli, 10; FF 202).

3. Ed ora, da questo Santuario che, in qualche modo, simboleggia la duplice dimensione - contemplativa e apostolica - della vocazione francescana, intendo rivolgermi particolarmente ai seguaci più immediati del Santo di Assisi, ai Frati delle sue quattro Famiglie, indirizzando loro un messaggio a conclusione del ricordato centenario.

Gesù Cristo, incarnato e morto per l’uomo, è al centro della spiritualità di Francesco. I misteri dell’Incarnazione e della Redenzione sono tutto per lui che cerca di aderire al Maestro con tale imitazione testuale, da essere contrastato in questo anche dai suoi. Tralasciando ogni linguaggio simbolico, nota dominante della cultura medioevale, il suo rapporto con Cristo è diretto, prescindendo da troppe mediazioni dottrinali. Dio per lui è veramente “Colui che è”; e Gesù, Figlio Unigenito del Padre e Figlio di Maria, è il maestro e il compagno nell’avventura umana, che dalla sua Redenzione trae certezza e letizia. Francesco è in continuo dialogo con Gesù Cristo: lo fa intervenire nelle dispute sulla Regola, gli chiede consiglio, conforto, aiuto. Si può dire che egli viva nella sua continua presenza. Bisogna riconoscere in questo stile francescano una fonte di perenne autenticità evangelica, una scuola sempre rivolta all’origine, all’essenza, alla verità della vita cristiana.

Ritornano qui alla mente le parole sobrie, ma incisive di Tommaso da Celano, riguardanti il Santo: “La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo (Tommaso da Celano, Vita prima, 83; FF 466). Ciò valse a Francesco il titolo di “Novello evangelista”; egli pose infatti il Vangelo come fondamento della sua legislazione e della sua vita spirituale, e risolse alla sua luce tutti i problemi che gli si presentarono lungo il cammino.

4. Cari fratelli delle quattro grandi Famiglie Francescane, voi appartenete a distinti Ordini di cui condividete le particolari finalità e gli speciali indirizzi formativi, ma tutti insieme formate la grande Famiglia dei figli di san Francesco, di coloro che intendono professare il suo carisma e il suo ideale evangelico. Prendete sempre più coscienza di vivere in un’ora per tanti aspetti simile a quella del Santo e che richiede con urgenza una testimonianza di autenticità pura, di radicalismo cristiano, per poter emergere dalle spire soffocanti di un “umanesimo orizzontale” che rischia, perché svuotato dal di dentro dei valori trascendenti, di condurre all’autodistruzione l’intera società. È tempo di testimoniare il Vangelo con rinnovato, limpido vigore e di predicarlo “sine glossa”.

L’unica strada per raggiungere la gioia, la libertà, l’amore fraterno e la pace, agognati traguardi anche della presente generazione, è quella indicata dal Vangelo. Esso costituisce per ogni uomo il cammino verso Dio, di cui ci fa ritrovare la paternità; verso se stessi, per riscoprire la propria dignità; verso il prossimo per realizzare la vera fraternità.

La gioia, la libertà, la pace e l’amore, valori eminentemente francescani, non si ritrovarono uniti nel Santo per un eccezionale o fortunato evento, ma come frutto di un processo drammatico che egli racchiude nell’espressione “fare penitenza”, la più frequente sulle sue labbra, e a cui fa riscontro quella pronunziata da Gesù all’inizio della sua predicazione: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15). Egli giunse alla gioia attraverso la sofferenza, alla libertà attraverso l’obbedienza, all’amore per tutte le creature mediante la vittoria sul proprio egoismo. Tutto in lui è modellato sul Cristo Crocifisso; anche la sua povertà radicale ha come movente ultimo la sequela del Crocifisso. Così Francesco diventa l’autentico, sublime seguace di Cristo e con lui condivide la sua forza di attrazione universale.

5. Ad una società come la nostra, tutta protesa al superamento della sofferenza, della schiavitù, della violenza e della guerra, e al tempo stesso precipitata nell’angoscia di fronte alla paventata inutilità dei propri sforzi, è necessario - dopo averlo così testimoniato - predicare il Vangelo con tutta mitezza (cf. II Reg., 3; FF 346), ma anche con santo coraggio per convincere i cristiani che non si diventa uomini nuovi che assaporano la gioia, la libertà e la pace, se non riconoscendo anzitutto il peccato che è in noi, per poi passare, mediante un vero pentimento, a compiere, “frutti degni di penitenza” (cf. Lc 3, 8).

Il rigetto di Dio, infatti, l’ateismo eretto a sistema teoretico e pratico o semplicemente vissuto nella società consumistica, è alla radice di ogni male presente, dalla distruzione della vita anche incipiente a tutte le ingiustizie sociali, attraverso la perdita del senso di ogni moralità. Il tema della penitenza, come condizione di una esperienza viva dell’amore misericordioso del Signore, a tutti i livelli della condizione umana, è un tema di estrema attualità in quest’attesa dell’Anno giubilare della Redenzione.

6. Da quest’Eremo di Greccio, ripeto a voi, chiamati ad essere uomini del Vangelo come il vostro padre Francesco, che occorre avvicinare gli uomini di oggi, abbracciandone le vicende, i problemi e le sofferenze, ma anzitutto per convincerli che nel Vangelo è situata la strada sicura della salvezza, e che ogni altro cammino diventa impervio, insicuro, insufficiente, e spesso improduttivo. Portate a questa nostra epoca la Buona Novella che è annunzio di speranza, di riconciliazione, di pace; risuscitate Cristo nel cuore degli uomini angosciati ed oppressi; siate per tutti custodi e testimoni della speranza che non delude. Come Francesco, siate gli “Araldi del Gran Re” (Tommaso da Celano, Vita prima, 16; FF 346).

Un’occasione propizia per rinverdire la vostra missione di evangelizzatori e per intensificare il vostro prezioso servizio alla Chiesa, vi viene offerta dall’Anno Giubilare, che ci accingiamo a celebrare in questo ultimo scorcio di millennio, al fine di riaccendere dei cuori il gioioso e sicuro senso della perenne Redenzione, dalla quale deriva ogni bene per l’umanità (cf. 1 Cor 8, 6).

Figli di san Francesco, fiducioso nella vostra docilità di uomini del Vangelo, dei quali lo Spirito possa disporre liberamente per l’edificazione del Regno, sicuro della vostra fedeltà ai successori di Innocenzo III e di Onorio III, cui il vostro Serafico Padre aveva promesso obbedienza anche per tutte le future generazioni dei Frati Minori, invoco per ognuno di voi copiose grazie di francescana e perfetta letizia e di un fecondo apostolato evangelico, mentre vi imparto la mia benedizione apostolica.

 

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