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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL SINDACO, ALLA GIUNTA E AI CAPI GRUPPO
DEL CONSIGLIO COMUNALE DI ROMA

Lunedì, 17 gennaio 1983

 

1. Sono lieto di questo incontro all’inizio del nuovo anno, perché mi dà la possibilità non soltanto di scambiare gli auguri con lei, signor sindaco, con i membri della Giunta municipale e con una rappresentanza dell’intero Consiglio comunale, ma di rivolgere altresì una particolare e affettuosa attenzione alla città di Roma, che voi e io - ciascuno con finalità e compiti distinti - siamo chiamati a servire con dedizione e con impegno.

Sono ormai al quinto anno del mio ministero di Vescovo di Roma e in questo periodo ho cercato con tutti i mezzi di conoscere personalmente la mia vasta diocesi in maniera sempre più approfondita per quanto concerne i problemi, numerosi, diversi e complessi, che si intrecciano in una metropoli, unica e singolare per la sua storia, per la sua ricchezza culturale e artistica, per la sua posizione di capitale della Nazione italiana e - nello stesso tempo - di Centro della religione cattolica. Mediante vari incontri, ma specialmente nelle mie visite pastorali alle parrocchie, ho voluto rendermi conto delle esigenze, dei bisogni, dei problemi di questa città, che sta in cima ai miei pensieri, e alle mie preoccupazioni.

2. Sono esigenze, bisogni e problemi di ordine umano, sociale, economico e, perciò stesso, sono anche problemi di carattere morale e spirituale, in quanto non si può dividere e separare l’uomo in compartimenti stagni. Sono problemi, certamente comuni a qualsiasi città che continui ad espandersi; ma sono anche specifici e tipici di questa Roma, che, oltre ad aver raggiunto una popolazione di quasi tre milioni di abitanti, presenta - come ho accennato - caratteristiche tipiche che ne fanno un “unicum” dal punto di vista sociologico, politico e religioso.

Ad alcuni di questi problemi ella, signor sindaco, ha fatto cenno nel corso del suo indirizzo. Desidero, in questa significativa circostanza, fare eco alle preoccupazioni da lei manifestate, sottolineando in particolare, tra gli altri, il problema della casa, specialmente per le giovani generazioni che si preparano a formarsi una famiglia; quanti giovani fidanzati sono amaramente costretti a ritardare la data delle nozze perché non trovano un alloggio adatto alle loro esigenze e alle loro possibilità economiche! Parlando di giovani - cioè dei prossimi protagonisti della storia e della società - come sarebbe possibile tacere di quell’altro grave problema, pure da lei toccato e che oggi angustia tante famiglie, il problema cioè della occupazione, del posto di lavoro? Occorre agire contro la disoccupazione, la quale - come affermavo nell’enciclica sul lavoro umano - “è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso, quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali, dopo essersi preparati mediante un’appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità” (Laborem Exercens, 18).

Tale forzata disoccupazione può provocare, e provoca di fatto, traumi pericolosi e subdole tentazioni a reagire sia con il salto nel metodo della violenza e del terrorismo, che possono venir abbracciati come soluzione giudicata unica per la trasformazione della società, sia con la disperata ricerca di una parvenza di felicità offerta dalla droga, la cui diffusione a Roma - financo nelle scuole - diventa sempre più preoccupante e continua a mietere vittime.

Meritano inoltre attenta considerazione i problemi dell’assistenza sanitaria, sempre più urgente in una metropoli in continua espansione; quello della scuola, la quale, oltre alla seria crisi di fondo che sta attraversando, circa le sue finalità e i suoi contenuti, si trova, in certe zone, carente di strutture e di aule, costringendo dirigenti, docenti e alunni ad evidenti situazioni di disagio; vi è poi il grave problema degli anziani e, infine, il problema dell’ordine pubblico, drammaticamente sentito dai cittadini desiderosi di vivere nella pace e nella concordia civile.

3. Chiamato dalla Divina Provvidenza ad essere il Pastore della Chiesa Universale, in quanto successore di Pietro nella Sede di Roma, non posso non sperimentare da una parte la forte valenza umana e sociale dei problemi citati - ai quali potremmo aggiungerne altri facilmente individuabili - e, d’altra parte, non avvertire anche il senso della mia responsabilità, come Vescovo dell’Urbe, nel dare il contributo mio personale e assicurare quello di tutta la Chiesa locale per lo sviluppo ordinato, integrale di Roma. Tutte le componenti della vasta diocesi - sacerdoti, religiosi, religiose, laici - sono lealmente disponibili ad operare, per quanto li riguarda, con quella generosità e quell’impegno che li hanno anche in passato caratterizzati, perché Roma risponda con coerenza e consapevolezza alla sua specifica missione storica e perché il suo volto autentico non venga in alcun modo né offuscato né, tanto meno, deturpato.

Che questo “volto di Roma” - la città aperta a tutti i popoli e centro del Cattolicesimo - si manifesti, in maniera del tutto particolare, nell’imminente Anno giubilare straordinario, che avrà inizio il 25 marzo prossimo, per concludersi nella Pasqua dell’anno 1984! Tale Giubileo intende celebrare il 1950° anniversario della Redenzione. Sarà un Anno, durante il quale tutti i membri della Chiesa, e anche tutti gli uomini di buona volontà, saranno spronati e invitati a meditare sul messaggio e sull’opera di Gesù Cristo. Anche se il Giubileo si celebrerà contemporaneamente a Roma e nel mondo intero, molti fedeli qui confluiranno per venerare le insigni reliquie della Passione, le tombe dei santi Pietro e Paolo e dei numerosi Martiri e Santi qui conservate. Come dicevo il 23 dicembre scorso ai Cardinali e ai membri della Curia romana, “questo Giubileo acquista il carattere di una sfida lanciata all’uomo d’oggi, al credente d’oggi affinché comprenda più a fondo il mistero della Redenzione, si lasci afferrare da questo movimento straordinario di attrazione verso la Redenzione il cui realismo si avvera costantemente nella Chiesa come istituzione e dev’essere appropriato, come carisma, nell’ora di grazia che il Signore fa scorrere per ciascuno di noi nei momenti forti dell’esperienza cristiana”.

Ella, signor sindaco, mi ha confermato che la Giunta comunale di Roma, per la parte di sua competenza, sta già studiando con impegno opportune iniziative per l’ordinato svolgimento di questo importante evento ecclesiale. Sono grato per tale pronta disponibilità e confido che nei prossimi mesi Roma saprà degnamente accogliere i pellegrini che qui giungeranno da ogni parte del mondo, offrendo loro la possibilità di vivere serenamente un avvenimento che avrà certamente un grande influsso spirituale sulla città, sulla Chiesa e sull’intera umanità. Quale migliore fondamento può esservi, infatti, alla comprensione reciproca e alla pacifica convivenza fra i popoli dell’accettazione del Messaggio di Cristo, la cui nascita è stata salutata dal cielo come annuncio di pace per gli uomini di buona volontà (cf. Lc 2, 14)?

Nell’esprimere tali voti, ringrazio ancora una volta lei, signor sindaco, e l’intero Consiglio comunale, per avermi voluto rivolgere gli auguri di Buon Anno; auguri che vi ricambio “toto corde” e che estendo anche a tutti i carissimi romani. Sulla nostra diletta città, su tutti gli ambienti e gli abitanti e ospiti dell’Urbe invoco i conforti e i lumi del Signore, per l’intercessione di Maria santissima, “Salus Populi Romani” e dei santi Apostoli Pietro e Paolo.  

 

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