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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RELIGIOSI DELLA SOCIETÀ DELLE MISSIONI AFRICANE

Giovedì, 5 maggio 1983

 

Caro Padre Superiore generale,
Cari fratelli nel sacerdozio.

La Società delle Missioni Africane di Lione ha una lunga e ricca storia: poco più di 125 anni. Se Monsignor Marion de Brésillac, il vostro fondatore, fosse qui a parlarvi al mio posto, penso che comincerebbe col ringraziare Padre Joseph Hardy d’aver così generosamente portato il peso del generalato per dieci anni e incoraggerebbe vivamente il suo successore, Padre Patrick Harrington, figlio della terra irlandese, a proseguire l’epopea missionaria cominciata nel 1856. Penso che, attraverso voi tutti delegati a questa assemblea generale, comunicherebbe un soffio di Pentecoste ai 1350 membri che voi rappresentate.

Ho letto con molto interesse che Monsignor Marion de Brésillac si era proposto come fine quello di far sorgere in Africa, secondo i tempi decisi dalla Provvidenza, comunità ecclesiali capaci di assumersi il proprio avvenire sotto la direzione di Pastori nati in quello stesso Paese; comunità che approfondissero le loro culture a contatto con il Vangelo di Cristo, l’unico Redentore; comunità che fossero riconosciute dalle Chiese e dalle Nazioni fondatrici come degne di rispetto e di ammirazione, capaci di creatività e di condivisione delle loro ricchezze originali. Insomma, il sogno del vostro fondatore è diventato realtà.

Tuttavia, non faccio fatica a immaginare che questa constatazione vi ponga anche una domanda, a voi che non siete né religiosi, né sacerdoti, ma unicamente missionari che vivono in comunione di vita apostolica. La vostra domanda mi sembra essere questa: in queste Chiese particolari che divengono sempre più africane, con i loro dirigenti, il loro personale, le loro legittime ricerche di espressione teologica e liturgica, i loro tentativi pastorali e le loro creazioni di istituti religiosi autoctoni, sì, in queste Chiese voi avete ancora posto? Nel corso della vostra assemblea, vi siete interrogati profondamente su questo tema, in un clima di fraternità e di lealtà, di preghiera e di speranza.

Da parte mia, nel nome del Signore e della Chiesa, e essendo cosciente dei mutamenti che si stanno operando e anche che si complicano un po’ ovunque, voglio darvi un più grande incoraggiamento: ritrovate insieme, il più profondamente possibile, l’ispirazione del vostro Padre fondatore. Volgetevi tutti insieme verso l’avvenire, con realismo e ottimismo, con fede e serenità. Di conseguenza, in un modo o nell’altro, attraverso tutte le vostre province, rinnovate la vostra consacrazione missionaria, che consiste essenzialmente nell’essere testimoni del Vangelo di Gesù Cristo, solo vero Liberatore e Unificatore degli uomini, e soprattutto tra gli africani. Il loro continente è attualmente un settore estremamente importante per l’avvenire del mondo e della Chiesa. Continuate a rendere la vostra testimonianza missionaria sempre più rispettosa di ciò che sono gli africani, senza mai perdere però la vostra propria identità. È in un dialogo costante con gli uomini, le donne e i giovani dei diversi Paesi africani che dovete essere missionari. Tengo a precisare che è importante fare di tutto affinché voi siate riconosciuti esplicitamente e accettati fraternamente come uomini che si consacrano alla proclamazione del Vangelo tra coloro che non ne hanno mai sentito parlare - sono legioni! - e soprattutto tra i più poveri. È proprio questa via che fa e farà di voi dei testimoni della cattolicità della Chiesa, sia nelle diocesi che vi accolgono come nelle vostre diocesi di origine. Farete progredire nelle prime come nelle seconde l’apertura alla missione, il risveglio di nuove vocazioni missionarie, la creazione di legami concreti tra le Chiese più antiche e le Chiese più giovani. Contribuirete a far sentire ai popoli ricchi la voce di questo Terzo mondo troppo lasciato da parte e anche miseramente sfruttato.

Cari Padri e Fratelli delle Missioni Africane, la vostra opera missionaria è ben lontana dall’essere terminata! Monsignor de Brésillac così come i vostri predecessori più ardenti vi supplicano di essere servitori sempre rinnovati del Vangelo, segni trasparenti di comunione e di condivisione tra le Chiese, apostoli costantemente e umilmente attenti ai valori culturali dei popoli, alle ricchezze delle altre Chiese, delle altre religioni, restando sempre lealmente fedeli alla vostra identità e chiaramente responsabili della testimonianza totale resa a Vangelo del Signore Gesù.

Terminando, permettetemi di farvi partecipi ancora di una convinzione. Siete e sarete dei buoni operai di missione, se accetterete profondamente e concretamente le esigenze quotidiane della conversione individuale e comunitaria. Non è forse il vostro stile di vita che ha sempre bisogno di essere evangelizzato? Non è forse la vostra formazione missionaria che ha sempre bisogno di essere rivista e completata? Non è forse il Cristo stesso che attende una completa apertura delle porte del nostro cuore?

Figli di Monsignor de Brésillac, andate avanti! L’Africa ha grande bisogno di voi “affinché diventi grande, perché voi avete saputo farvi piccoli” per riprendere in qualche modo la parola di Jean-Baptiste. Sono felice di dirvi la fiducia della Chiesa, il suo sostegno. Perseverate anche nel vostro dialogo con la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Come tutti i dicasteri romani, la vocazione di quest’ultimo è quella di essere al vostro servizio. Credo che si stia compiendo un lavoro di rinnovamento delle vostre Costituzioni. Possa avere buon esito e senza tardare troppo! È con fervore che invoco sul vostro nuovo Superiore generale e sul suo Consiglio, sui delegati dell’assemblea e su tutti i membri delle Missioni Africane, abbondanti grazie di pace e di gioia evangelica, di adattamento evangelico giudizioso e costante, di bruciante amore per Cristo e la sua Chiesa.

© Copyright 1983 - Libreria Editrice Vaticana

 


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