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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL III CONGRESSO MONDIALE SULL'EMERGENZA
E LA MEDICINA DEI DISASTRI

Sabato, 28 maggio 1983

 

1. Sono lieto di questo incontro che mi offre l’occasione di un cordiale saluto a voi, illustri Signori, convenuti a Roma per partecipare al terzo Congresso mondiale sull’emergenza e la medicina dei disastri. Saluto, in particolare, insieme con Monsignor Fiorenzo Angelini, il Professor Corrado Manni, Presidente del Congresso e della Società internazionale della medicina dei disastri, al quale sono grato per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto, illustrando la natura del Convegno e le finalità da esso perseguite.

La Società internazionale della medicina dei disastri ha come suo scopo di promuovere e coordinare, sul piano internazionale, unitamente ad altri benemeriti organismi, un programma operativo comune in vista di un impiego ottimale dei mezzi e dei metodi di soccorso sanitario. Essa si propone altresì di incoraggiare le ricerche relative al trattamento dei feriti di massa. La medicina delle catastrofi, infatti, è medicina destinata a collettività di colpiti e, come tale, comporta criteri, strumenti, metodi, sia di prevenzione che di intervento, del tutto particolari.

È ben comprensibile che la Chiesa guardi con interesse ad un settore dell’assistenza così complesso e importante. Essa, che nella sollecitudine di Cristo verso i malati (cf. Mt 9, 35) vede l’esempio normativo della propria condotta, ha sempre riservato speciale attenzione alle persone provate dalla sofferenza. V’è forse da meravigliarsi che questa attenzione si faccia, se possibile, anche più intensa e partecipe, quando la prova si abbatte su intere collettività, come anche di recente è avvenuto in Italia e in altre parti del mondo? In questo senso, perciò, nella medicina dei disastri la Chiesa riconosce e apprezza l’estensione e la sempre più intensa “coscientizzazione” del dovere primario ed urgente di assistere chi soffre.

2. Lo sviluppo tecnologico del nostro tempo non ha portato con sé aspetti soltanto positivi: noi siamo non di rado testimoni e vittime di catastrofi provocate o aggravate dall’intervento stesso dell’uomo che oggi dispone di mezzi di inaudita potenza distruttiva. Ed è così che, alle cosiddette catastrofi naturali, si accompagnano disastri provocati dall’uomo. La tecnologia moderna offre, però, anche possibilità straordinarie di soccorso. A tali possibilità si rivolge la medicina dei disastri, la quale è chiamata a studiare cause ed effetti delle catastrofi, a coinvolgere e applicare esperienze confermatesi valide, a ipotizzare tecniche sempre più aggiornate.

Senza dubbio, un grave limite all’intervento della medicina dei disastri è segnato dall’entità della catastrofe: ove questa, infatti, lasci una zona periferica del disastro intatta e accessibile, l’intervento della medicina appropriata sarà più agevole ed efficace. Tuttavia, essendo l’emergenza il segno e la prerogativa della medicina dei disastri, questa non dovrà mai arrendersi, quali che siano i limiti di spazio, di personale, di mezzi disponibili.

Tecniche elementari, anche antiche, possono confermarsi decisive, se tempestivamente approntate, razionalmente applicate e, soprattutto, se capaci di coinvolgere ordinatamente il maggior numero di forze idonee, sebbene le circostanze straordinarie trovino per lo più impreparati gli stessi organismi addetti ad affrontarle, e occorra far fronte alle esigenze con intelligenza, rapidità e idoneità di rimedi.

Le più recenti catastrofi naturali, inoltre, hanno anche messo in luce l’urgenza di una politica del territorio, della quale la medicina dei disastri deve farsi promotrice, proprio perché tale politica rientra in quella prevenzione, che è uno dei compiti della stessa medicina dei disastri. La prevenzione consente infatti, in questo campo, maggiore partecipazione e, nello stesso tempo, svolge un’opera di sensibilizzazione generalizzata, che è preziosa premessa di difesa dell’uomo e della collettività.

Vi è poi un altro aspetto, del quale la medicina dei disastri deve farsi carico. La catastrofe provoca sovente una spiacevole tensione tra la generosità dell’intervento e la sua razionale applicazione, elementi indispensabili che possono però nuocersi a vicenda a causa dello sconcerto che la catastrofe induce. Ecco perché la medicina dei disastri esige vigile coordinamento delle forze, intelligente e pragmatica utilizzazione delle risorse, lucida visione delle priorità. Sempre, quando vi è sproporzione tra male da sanare e mezzi disponibili per affrontarlo, si deve avere chiara la consapevolezza di ciò che è irrinunciabile.

3. La Società internazionale della medicina dei disastri è una organizzazione mondiale. Non è chi non veda quali vantaggi offra, a livello operativo, una cooperazione sempre più generosa di tutte le forze esistenti. Di qui l’urgenza di un potenziamento delle organizzazioni nazionali e internazionali, che operano per la mutua assistenza. A tale riguardo molto occorre fare per superare barriere ideologiche, pregiudizi politici, interessi commerciali occulti o palesi. Dove il dolore ci ricorda l’eguaglianza sostanziale della condizione umana, l’istanza dell’aiuto reciproco deve poter prevalere, trasformandosi in elemento aggregante e capace di far maturare nuove solidarietà.

In particolare, sarà necessario impegnarsi sul piano della prevenzione. Si hanno infatti catastrofi cicliche che sembrano colpire con puntuale e drammatica periodicità determinate aree geografiche della terra, ed è inoltre storicamente dimostrato che i popoli più deboli sono quelli maggiormente esposti, così che la loro implorazione di aiuto è un dato costante, che non può essere incolpevolmente ignorato. L’appello va dunque ai paesi più abbienti, alle organizzazioni internazionali, alle grandi industrie, a chi dispone di mezzi maggiori. Gli obiettivi economici non possono essere esclusivi.

Il compito della medicina dei disastri risponde a un bisogno sempre più avvertito dell’umanità. Il progresso del nostro tempo consente di rispondervi in forme più tempestive ed efficaci. Non potranno dirsi capaci di autentico progresso gli uomini o le società che trascurino di disporre le opportune difese dalle calamità che, fatalmente o per loro colpa, li affliggono.

4. Essendo l’uomo insieme corpo e spirito, appare infine molto chiaramente quale importante contributo possa dare, anche nel vostro campo, la fede, sia a livello di sensibilizzazione che sul piano stesso degli interventi.

Le catastrofi presentano sempre ferite sanabili e ferite insanabili. Le une e le altre coinvolgono non soltanto chi è direttamente colpito, ma la sua famiglia, l’ambiente, i mezzi, ogni cosa. Il disastro colpisce le sue vittime fino alle più profonde radici dell’animo, e non stupisce se, tra quanti le subiscono, si manifesta più vivo il bisogno di appellarsi a Dio, come a supremo rifugio nelle situazioni di estrema difficoltà.

La medicina dei disastri, a cui spetta il più urgente, massiccio intervento, non può ignorare questo aspetto, ma deve aprirsi alla collaborazione con quanti, pur consapevoli di non poter sanare interamente le ferite indotte dalla catastrofe, cercano di alleviarle col conforto della fede, col richiamo alla vita eterna e alla speranza che va oltre la morte. Tale collaborazione - come i fatti dimostrano - può rivelarsi preziosa. Scienza e coscienza, mezzi materiali e risorse dello spirito sono presupposti irrinunciabili di una efficace medicina dei disastri, che voglia tener conto dell’intera verità dell’essere umano.

Nell’auspicare, illustri Signori, che questa moderna branca della medicina possa conoscere una crescente affermazione quale una delle più nobili espressioni dell’odierno progresso umano e civile, invoco su di voi e sulla vostra attività la costante assistenza divina e di cuore vi benedico.

 

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