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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA XII ASSEMBLEA GENERALE
DELLA «CARITAS INTERNATIONALIS»

Lunedì, 30 maggio 1983

 

Cari fratelli e sorelle.

1. È la seconda volta che mi è data l’occasione di ricevere i responsabili e i numerosi membri dell’assemblea generale della Caritas internationalis, e confesso che provo una grande gioia. Rappresentate infatti un’organizzazione privilegiata della carità nella Chiesa, ed è proprio la carità che deve essere il segno distintivo dei discepoli di Cristo. Questa organizzazione è legata organicamente a ciascuna Chiesa locale, a livello di diocesi, con un coordinamento operativo a livello nazionale, e una confederazione internazionale. La vostra diffusione corrisponde quasi all’estensione universale della Chiesa cattolica, e tutti conoscono e apprezzano l’efficacia e la rapidità con le quali fate fronte alle miserie umane, croniche o improvvise, o a bisogni di sviluppo, insomma alla promozione dell’uomo. Sì, questo lavoro considerevole fa onore alla Chiesa, di cui vi esprimo la gratitudine, dicendovi soprattutto la riconoscenza di tutti coloro che traggono beneficio dalla vostra azione sociale, condotta con una preoccupazione educativa.

Penso di farmi interprete di tutti felicitandomi in modo particolare con Monsignor Georg Hüssler che ha assicurato la presidenza della Caritas internationalis per lunghi anni, con competenza, devozione e iniziativa, e anche con il signor Emilio Fracchia, che ha ricoperto allo stesso modo l’incarico di segretario generale. I miei calorosi voti vanno ai loro successori, e innanzitutto al nuovo presidente, il caro Cardinale Alexandre do Nascimento, Arcivescovo di Lubango, che rappresenta direttamente il Terzo Mondo in un organismo della Chiesa così importante, poi al segretario generale che sceglierete fra poco, e infine a tutti gli altri responsabili della Confederazione che sono stati designati a prendere il posto della équipe precedente.

Nel corso dei lavori della presente assemblea, avete voluto esaminare da vicino e senza compiacenza il cammino percorso da una quindicina di anni a questa parte, e valutarne il bilancio, programmare gli orientamenti e il lavoro per il prossimo periodo e darvi i mezzi di organizzazione. Senza entrare in queste considerazioni tecniche che sono di vostra competenza, voglio ricordare la vocazione essenziale della vostra Organizzazione e dei suoi delegati diocesani.

2. La vostra azione sociale vi rende particolarmente attenti, soprattutto sul piano internazionale, ad un certo numero di problemi umani, allo studio dei quali desiderate apportare il vostro contributo organizzando incontri o partecipando ad altri, senza ignorare d’altra parte che altre organizzazioni hanno anche in questo campo competenza diretta e responsabilità. Comprendo la vostra ricerca delle migliori condizioni di promozione delle persone, di particolari età della vita, di categorie sociali o di popoli svantaggiati.

Converrete con me tuttavia che il vostro particolare carisma è quello di rimanere sul campo, orientati ad azioni puntuali di assistenza e di sviluppo, o ancora di educazione in questi ambiti, che la vostra prima missione è l’animazione diocesana della carità. Sì, voi siete ordinati alla carità, come dicevo quattro anni fa; non bisogna lasciare che venga svalutato il termine né la realtà della “carità”; semplicemente occorre rivalutarli nella loro ampiezza e nella loro profondità; essi sono più che mai d’attualità nel contribuire alla civiltà dell’amore sulla quale avete meditato e nel dare l’essenziale testimonianza della Chiesa. Come vi diceva Paolo VI, voi siete “gli attori e gli educatori di questa carità umile e calorosa, paziente e disinteressata, permanente e universale . . . pronta ed efficace” (15 maggio 1975). Ricordate certamente anche il decreto conciliare sull’apostolato dei laici che descrive ciò che questa azione caritativa, sigillo dell’apostolato cristiano, ricopre e soprattutto lo spirito nel quale essa deve essere condotta (Apostolicam Actuositatem, 8).

3. Gli sforzi delle Caritas devono essere visti nel quadro della pastorale sociale della Chiesa, e la scelta del tema della vostra assemblea - “Realtà e avvenire nella pastorale sociale” - vi ha permesso, penso, di approfondire questo aspetto. Questa pastorale sociale comprende molti settori, opere, servizi; fa appello ad impegni molto diversi da parte dei laici, di coloro che sono organizzati in movimenti o di coloro che non lo sono, ma anche da parte dei religiosi e delle religiose che hanno spesso la responsabilità di opere sociali; vi sono anche interessati, a titolo speciale, i sacerdoti ed evidentemente i diaconi. Infine, e soprattutto, a livello della diocesi, è il Vescovo che è il coordinatore di questa pastorale sociale, come di tutto ciò che concerne l’apostolato, così come ricorda il decreto Christus Dominus. Le molteplici iniziative alla base non dovrebbero essere prese senza il suo accordo. La Caritas partecipa dunque a questa pastorale sociale con lui, e tra altri, ma con un carisma particolare, che consiste nel ricordare il primordiale posto della carità, nel risvegliare la coscienza dei cristiani e dei non cristiani, educando allo sguardo che esige l’amore di fronte ai bisogni numerosi del prossimo e all’assunzione delle responsabilità sociali, nel suscitare una volontà efficace di mutua assistenza, e coordinare questi sforzi. Una tale pastorale deve essere rinnovata senza posa perché l’evoluzione delle società, talvolta rapidissima, e le difficoltà che sorgono in modo spesso imprevisto provocano sradicamenti, nuove forme di povertà che bisogna saper scoprire, problemi più acuti di persone disoccupate, di giovani trascinati nella droga o altri flagelli, famiglie divise, immigrati o rifugiati forzatamente.

Occupate dunque un posto scelto nel promuovere la pastorale sociale con il vostro Vescovo, o con la Conferenza episcopale a livello nazionale, e con la Santa Sede - in particolare Cor Unum - sul piano internazionale.

4. In tutti i casi, bisogna affrontare le cose in termini di promozione umana. Il soccorso immediato, la risposta alle urgenze, l’assistenza alle persone in miseria o alle popolazioni vittime di calamità conservano la loro importanza: sono espressioni sempre necessarie della carità che non aspetta e che conosce il valore di ogni persona, di ciascuna vita umana, come il buon samaritano: non le si deve dimenticare opponendo loro come unici aventi valore i soccorsi ad ampio raggio, le misure preventive, la soluzione delle cause dei mali, la sistemazione delle strutture sociali, l’azione per la giustizia, necessarie sicuramente a loro volta, come abbiamo avuto molte occasioni di ribadire.

Tuttavia, anche a livello dell’assistenza, la prospettiva dello sviluppo non deve mai mancare. Siete ben convinti che bisogna evitare di rendere, le persone o i gruppi sociali, gente semplicemente assistita. Bisogna piuttosto aiutarli ad assumersi il proprio destino, la propria vita, la propria famiglia, per quanto si può fare, e risvegliare anche l’ambiente, le istituzioni preposte, i corpi intermedi o le organizzazioni dello Stato, ad assumersi le loro responsabilità sociali. Del resto, la promozione non riguarda solamente il nutrimento, il tetto o la salute; essa ha di mira tutto l’uomo.

Questa prospettiva è tanto più evidente quando si tratta di contribuire allo sviluppo di villaggi, di regioni, per preparare un avvenire migliore e più sicuro. Senza dubbio, la Caritas, in quanto tale, non è in grado di assumersi i grandi progetti per i quali essa si associa ad altre istituzioni cristiane o neutre; ma tutti sanno che essa porta a compimento numerose realizzazioni di grande utilità, piccole o medie, e questo in maniera educativa, tanto per chi dona come per chi riceve.

5. Questo mi porta a ricordare il Terzo Mondo. Certamente vi sono già, in ciascuna diocesi o in ciascun Paese in cui operano le Caritas, un gran numero di situazioni che hanno bisogno di aiuto. Si parla spesso di isole del “quarto mondo” all’interno dei Paesi ricchi. Ma è essenziale, nella prospettiva cattolica, condurre le persone e le istituzioni del proprio Paese a sentirsi solidali nei confronti degli altri Paesi più poveri sul piano delle risorse materiali, dell’organizzazione sociale, dell’igiene, della cura dei malati, dell’alfabetizzazione, benché possano essere ricchi di qualità umane, morali o spirituali. Vi spetta dunque educare lo sguardo e la generosità a questo proposito.

Le strutture della Caritas presentano sotto questo aspetto grandi vantaggi: permettono scambi tra le Caritas diocesane, e soprattutto con l’aiuto delle Caritas nazionali, e dei servizi di informazione della Caritas internationalis. La vostra assemblea non è essa stessa una magnifica espressione di questa rete veramente universale della carità?

Aggiungerò che il Terzo Mondo è già presente in seno ai Paesi industrializzati con una quantità di immigrati che devono essere al primo posto delle vostre preoccupazioni.

6. Oggi, le parole solidarietà, aiuto allo sviluppo, dignità e diritti delle persone e dei popoli, giustizia, sono familiari ai nostri contemporanei, e bisogna rallegrarsene. Ma ciò che è importante, è la realizzazione del rispetto e dell’aiuto reciproco, è il modo di praticarli, e ciò che ispira questi atteggiamenti. Per voi, membri delle Caritas, è importante dunque, non solamente ben organizzare gli aiuti, ma anche mettere in luce le motivazioni cristiane della carità, farle ritrovare al bisogno, educare ad esse, insomma riabilitare la virtù della carità che si ispira all’amore stesso di Dio, che fa vedere nel prossimo l’immagine di Dio e di Cristo stesso, e impegna a trattarlo con delicatezza, rispettando la sua libertà, la sua responsabilità, la sua dignità, il suo destino spirituale (cf. Apostolicam Actuositatem, 8).

Riabilitare la carità! È la principale missione che e stata affidata al Consiglio pontificio Cor Unum, di cui voi siete membri. Voi tutti possiate collaborare ampiamente con esso, e con tutti gli organismi che, nella Chiesa, cooperano alla pastorale sociale!

Domani la liturgia ci invita a contemplare il mistero della Visitazione di Maria, venuta a condividere con sua cugina Elisabetta la gioia della Buona Novella del Salvatore e ad offrire i suoi servizi. Possa ella aiutarvi a corrispondere alla vostra magnifica missione nella Chiesa, che è precisamente quella della condivisione! E io, di tutto cuore, benedico i responsabili della Caritas internationalis, vecchi e nuovi, tutti i delegati qui presenti, i membri della Santa Sede che hanno lavorato con voi nel corso di questa assemblea, e tutti coloro che operano disinteressatamente e attivamente in seno alle Caritas diocesane e nazionali.

 

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