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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEL MESSICO
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 1° ottobre 1983

 

Cari fratelli nell’Episcopato,

1. Ricevendo oggi voi che formate il primo gruppo di Vescovi del Messico in visita “ad limina”, penso al passo evangelico nel quale, alla fine di una missione apostolica, i discepoli tornano a riunirsi con Gesù, “e gli raccontarono quanto avevano fatto e insegnato. Egli disse loro: Venite, ritiriamoci in un luogo deserto per riposarci un poco” (Gv 6, 30-31; cf. Lc 9, 9-10).

È un’immagine profondamente suggestiva per questo momento che stiamo vivendo nel quale, come Pastori delle vostre diocesi, vi riunite con il Fratello nell’Episcopato che la Provvidenza ha voluto costituire capo visibile di tutta la Chiesa di Cristo.

Come gli Apostoli che raccontarono al Maestro ciò che avevano fatto e insegnato, anche voi mi avete confidato, nell’incontro privato avuto con ciascuno di voi e che ha preceduto questo momento di fraternità allargata, tante questioni che si riferiscono alla vita delle comunità affidate alla vostra cura e al vostro zelo. E non solo con me, ma anche con le persone e i dicasteri che mi aiutano nella mia missione universale di successore di Pietro, voi avete potuto trattare i dettagli che più vi preoccupano o vi rallegrano nello svolgimento del compito di essere guide delle vostre Chiese particolari.

La comune sollecitudine per il bene di queste Chiese e l’interesse per la loro fedeltà a Cristo Signore, sono stati il grande vincolo che ci ha tenuti intimamente uniti, in un’esperienza di rinnovata intensità ecclesiale. E nella quale trovano espressione visibile gli obiettivi che la visita “ad limina” vuole conseguire.

2. Ma non è solo la vostra missione ecclesiale in quanto tale che tengo presente nei miei contatti con voi e con gli altri Vescovi. Al centro dei miei pensieri vi sono anche le vostre persone e le vostre intenzioni, le difficoltà e i sacrifici così spesso non riconosciuti, i momenti di solitudine o la sensazione di impotenza che, in considerazione dell’ampiezza e della gravità del vostro impegno, possono a volte insinuarsi nel vostro spirito.

Voglio assicurarvi, perciò, che sono unito a voi, mi interesso alle vostre persone e alle vostre opere; che vi accompagno con affetto fraterno, sostenendovi e fortificandovi nella vostra fede e impegno ecclesiale; e che questo si traduce nel frequente ricordo nella preghiera. In essa presento al Signore le difficoltà della vostra vita e del vostro apostolato, insieme a tutte le intenzioni e necessità dei membri delle vostre diocesi.

In questa corrente di comunione ecclesiale, che è unità nella dottrina, unità sostanziale nell’azione, unità nella preghiera e nell’amore dei fratelli, trovano continuità ideale le parole prima ricordate, dirette dal comune Maestro e Signore ai suoi Apostoli.

3. Prima di addentrarmi nella riflessione che voglio fare con voi su alcuni punti che considero opportuni, permettetemi che vi esprima la mia sincera gratitudine per la vostra visita, per le prove di affetto e di adesione che mi avete dato in vari modi e nella preghiera con la quale accompagnate la mia persona e il mio ministero. In modo del tutto particolare desidero ringraziarvi - a nome di Gesù Cristo, il Buon Pastore - per il vostro zelo pastorale, la vostra dedizione e la vostra fatica, poste al servizio di questo Popolo fedele che è stato affidato alla vostra cura pastorale.

Pensando al bene di questi fedeli, all’interno del vostro contesto ecclesiale, desidero richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti della pastorale della famiglia che rivestono un significato particolare nel momento attuale.

4. Si tratta di un campo di importanza preminente per l’opera della Chiesa nella società dei nostri giorni. Infatti lo sviluppo della civiltà moderna, segnata da un acuto processo di secolarizzazione, provoca una crescente decristianizzazione; a causa di ciò la trasmissione e l’esperienza della fede incontrano ostacoli gravi.

Con alcuni di questi processi attuali, si mettono in gioco valori umani essenziali, giacché la famiglia continua ad essere “fondamento della società” e “scuola del più ricco umanesimo” (Gaudium et Spes, 52; cf. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 43, 86). Ma nello stesso tempo si mette in gioco l’evangelizzazione “che costituisce la gioia e la vocazione della Chiesa, la sua identità più profonda” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 14).

Senza dubbio la trasmissione di una fede profonda, autentica, viva, continua ad essere un servizio prezioso che la Chiesa deve prestare all’uomo e alla società di oggi: a quest’uomo che cerca se stesso con ansia crescente; che vuole scoprirsi nella sua identità radicale; che dimentica a volte che un umanesimo chiuso in se stesso riduce gli orizzonti della sua dignità più profonda, perché “solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 8).

In questa opera di umanizzazione e di costruzione della società (cf. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 43) il nucleo familiare trova la dimensione della sua dignità. E questo richiede anche che la si renda centro evangelizzato e luogo evangelizzatore, perché realizzi in pienezza questo importante incarico che è imperativo anche nelle vostre diocesi.

5. Non c’è dubbio che il raggiungimento di questi obiettivi importanti pone una problematica abbastanza complessa ed esigente a livello pastorale.

Voi, maestri nella fede e primi responsabili della formazione morale dei vostri fedeli, dovrete offrire una valida risposta alle loro necessità e aspettative. Partendo da una solida dottrina, cercherete di presentar loro il disegno completo di Dio sull’amore, il matrimonio e la famiglia. E farete in modo di rendere accessibili ad ogni cristiano gli insegnamenti proposti dalla Chiesa; con profondo sentimento pedagogico-pastorale, con grande spirito d’amore e di comprensione, con attenzione alle condizioni di ogni persona o famiglia, ma nella fedeltà al piano di Dio e alle norme emanate dal Magistero della Chiesa.

Quando sia necessario, insieme alla vostra missione di maestri e guide dovrete esercitare la funzione profetica di denuncia dei mali che minacciano la famiglia. Quantunque questo compito non sia sempre facile; quantunque non sia sempre compreso. Avrete compiuto davanti a Dio, almeno da parte vostra, il vostro dovere di guide e testimoni.

6. Per la sua particolare incidenza in campo familiare, voglio dire una parola su alcuni punti concreti, che rientrano nella vostra sollecitudine di Pastori e nella vostra prassi orientatrice.

So che con frequenza parlate ai vostri fedeli della dignità della famiglia, dell’alta missione degli sposi nella trasmissione e nel servizio alla vita, così come dell’assoluto rispetto che devono alla vita umana, che fin dal primo momento della sua esistenza sfugge al loro dominio. Continuate a proclamare la sacralità di questa vita, anche se ancora nel seno materno. E spronateli a rispettare scrupolosamente le regole morali che proteggono la vita umana e che nessuna norma legale esterna può modificare nella sua obbligatorietà per la coscienza.

Nel vostro sforzo in favore dell’unità della famiglia, non tralasciate di insistere sull’identità sostanziale dei doveri che toccano allo sposo e alla sposa nel matrimonio. Senza che una certa tolleranza introdotta nella società autorizzi lo sposo a costituire eventuali unioni extra-coniugali che risultano come delle famiglie parallele. Non giustifica moralmente tali unioni il fatto che ci si prenda cura delle necessità materiali derivate da esse.

Per identici motivi è imputabile, dal punto di vista della morale cristiana, il ricorso all’adulterio; senza che possa modificare la natura etica dell’atto qualche regolazione giuridica positiva che si dia ad esso. Come neanche mancano di profondo significato morale fenomeni come quello dell’alcolismo, che tanta incidenza hanno nella vita personale e familiare, rompendo l’equilibrio interno, la pace, il sentimento responsabile del dovere e provocando seri effetti di disgregazione del focolare.

7. Ovviamente, non pretendo di tracciare un quadro completo degli orientamenti in campo familiare. Vi sono altri punti e priorità pastorali che non sfuggono al vostro zelo e a quello dei vostri collaboratori.

È chiaro, inoltre, che lo svolgimento della vostra missione vi impone un preciso dovere di orientamento morale del popolo cristiano. La Chiesa, infatti, quando proclama le esigenze della fede o illumina col suo giudizio morale materie anche di ordine temporale, non invade competenze che le sono estranee, ma esercita la sua missione e così facendo - come ha insegnato l’ultimo Concilio - “rafforza la pace tra i popoli a gloria di Dio” (Gaudium et Spes, 76).

L’alto esempio di entusiasmo, di partecipazione spontanea, di civismo e di ricerca crescente di questi valori umani, morali e spirituali in coloro che credono, dato dal vostro popolo durante la mia indimenticabile visita al vostro Paese - il primo viaggio apostolico del mio pontificato in terre lontane - è una chiara indicazione di come la pratica delle proprie convinzioni e delle loro ineludibili concretizzazioni esterne non solo non ostacola ma può favorire positivamente l’armonia sociale e l’ordinata convivenza nella legittima libertà.

8. Alla Madre di Guadalupe, quale pellegrino di sentieri già noti, accorro con voi e con tutto il popolo del Messico. Ai suoi piedi pongo le vostre intenzioni, la vostra azione pastorale, quella dei vostri collaboratori, persone di speciale consacrazione ecclesiale e fedeli.

All’amata Signora di Tepeyac affido in particolare le famiglie cristiane perché le trasformi in vere “Chiese domestiche” dove ella svolge tutta l’efficacia della sua azione educativa e materna. Con la mia benedizione apostolica per voi e le vostre Chiese locali.

 

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