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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ DEI RELIGIOSI
DELL'ORDINE OSPEDALIERO DI SAN GIOVANNI DI DIO

Ospedale «San Pietro» - Domenica, 23 dicembre 1984

 

Carissimi!

Al termine della visita all’ospedale San Pietro, diretto ed amministrato con tanta cura dai Fatebenefratelli, sono lieto di intrattenermi con voi soli, in questo breve incontro.

Desidero prima di tutto esprimervi la mia stima profonda per il lavoro che compite qui, in questo ospedale romano, e in tutti gli altri luoghi a voi affidati, in Roma, in Italia e in altri Paesi del mondo. La vostra è un’opera assidua, delicata, generosa e tanto necessaria, perché il malato ha bisogno di cure e di medicine, ma nello stesso tempo di comprensione, di aiuto morale e spirituale, di ideali, proprio come comprese e insegnò il vostro santo fondatore, ben esperimentato attraverso le impressionanti vicissitudini della sua avventurosa esistenza.

Nello stesso tempo voglio anche esortarvi alla fervorosa perseveranza nel vostro impegno assistenziale, nonostante le difficoltà e le incomprensioni che potete incontrare nell’attuale situazione sociale e politica. San Giovanni di Dio, durante un drammatico periodo (1495-1550), e in mezzo a difficoltà spesse volte terribili, continuò per la sua strada, con fede profonda e con quotidiana, intensa dedizione. Così scriveva in una sua lettera: “La fortezza ci dice di essere forti e contenti nel servizio di Dio, mostrando un viso allegro tanto nei travagli, nelle tribolazioni, nelle fatiche, nelle malattie, come nella prosperità e nella gioia, e per l’uno e per l’altro ringraziare Gesù Cristo”.

Abbiate fede nell’Incarnazione! La prossimità delle feste natalizie mi induce a sottolineare questo programma fondamentale della vostra vita religiosa, seguendo l’esempio del vostro fondatore.

Aver fede nell’Incarnazione significa in primo luogo credere fermamente nella Provvidenza divina. Dio infatti ha manifestato concretamente il suo amore per l’umanità inserendosi in essa, come uomo e come salvatore: “In questo sta l’amore - scrive san Giovanni - non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ci ha mandato il suo Figlio come mezzo di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4, 10). Molti avvenimenti della storia attuale ci urtano e ci turbano: l’“antropologia cristiana”, fondata sul concetto della “persona umana”, creata da Dio, redenta da Cristo, illuminata dalla Chiesa, responsabile per l’eternità dei propri atti, è in contrasto con l’antropologia immanentistica e storicistica senza rapporti con la rivelazione. Anche voi, che vivete a contatto con tanti problemi e casi umani, ve ne potete rendere conto, con pena e sofferenza. Eppure, la commemorazione di Natale ritorna e continua a sottolineare che il “Verbo si è fatto carne” per illuminare l’umanità circa il suo vero destino e circa la presenza dell’amore divino nelle vicende della storia. È necessaria l’umiltà del vostro santo, per accettare e vivere questa verità.

Aver fede nell’incarnazione significa poi amare l’uomo, chiunque egli sia, come creatura di Dio. Il fatto stesso che Dio abbia voluto farsi “uomo”, significa chiaramente quanto egli lo ami, lo stimi, lo valuti. Questa spiritualità accompagnò sempre san Giovanni di Dio, impegnandolo in una vita di continua carità specialmente verso i più poveri e bisognosi e spingendolo talvolta a gesti di grande eroismo. Certamente i tempi da allora sono molto cambiati; e tuttavia la sofferenza rimane e perdurano anche, in molti luoghi, la miseria e l’abbandono. La vostra si potrebbe definire la spiritualità dell’“Ecce homo”, nel senso che potete vedere Cristo in ogni persona che soffre, e servirlo con amore e venerazione.

Infine, aver fede nell’Incarnazione significa ancora soccorrere le anime per salvarle. Per questo infatti Gesù è nato nella capanna di Betlemme ed è morto sulla croce. “Dio ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati ci ha fatti rivivere in Cristo: per grazia siete stati salvati” (Ef 2, 3-5). Questo era l’intento di san Giovanni di Dio e questa deve essere anche la vostra preoccupazione apostolica, delicata e discreta ma costante e stimolante.

La Chiesa vi ha affidato un compito assai importante: voi siete apostoli negli ospedali, nel rapporto con i medici e con gli infermieri e con l’amorevole attenzione ai malati. Quanti vostri confratelli hanno ben meritato nei quattrocento e più anni della vostra istituzione: medici, chirurghi, farmacologi, studiosi, infermieri, e anche teologi, apologeti, scienziati. Tra tanti vorrei ricordare il venerabile servo di Dio fratel Benedetto Menni, grande restauratore dell’ordine in Spagna e fondatore delle Suore ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, di cui è stato recentemente riconosciuto un miracolo attribuito alla sua intercessione.

Seguendo la vostra vocazione, voi avete lasciato tutto per mettervi al servizio dei malati: vi auguro di cuore la letizia spirituale di coloro che compiono tutto per amore!

La Vergine santissima ispiri, conforti, protegga ognuno di voi. E vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione apostolica, che estendo con affetto a tutti i vostri confratelli nel mondo.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 


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