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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL III CONGRESSO NAZIONALE DELLA CONFEDERAZIONE COOPERATIVE ITALIANE

Venerdì, 30 marzo 1984

 

Egregi signori, partecipanti al III Congresso nazionale della Confederazione cooperative italiane e rappresentanti delle casse rurali.

1. Sono lieto di essere oggi in mezzo a voi e di porgervi il mio cordiale saluto in una circostanza ricca di significati. Ho ascoltato con attenzione le parole del vostro presidente, che ha illustrato, in rapida ma efficace sintesi, le molteplici forme della vostra presenza nella società e gli ideali che orientano il vostro impegno nella prospettiva del bene comune. Gli sono grato per la fiducia manifestata nei confronti delle indicazioni provenienti dal magistero della Chiesa.

Voi, appunto, avete chiesto questa speciale udienza non solo per dare maggiore solennità al pellegrinaggio giubilare dei cooperatori, ma anche per approfondire l’impegno di verificare, mediante l’ascolto della parola del successore di Pietro, la linea dell’ispirazione cristiana del movimento. Una verifica che vuole essere segno di fedeltà e di rinnovamento.

Nel celebrare il congresso nazionale della confederazione, voi andate alla ricerca di risposte adeguate ai numerosi e complessi interrogativi sulla situazione generale della società contemporanea, per rilanciare le vostre iniziative e rendere sempre più vigoroso il contributo del vostro servizio. A tale scopo vi potrà essere di aiuto, come stimolo di creatività, la necessaria correlazione con le vostre origini.

2. Non per nulla, infatti, avete programmato di celebrare contemporaneamente al vostro congresso la ricorrenza centenaria di un avvenimento, che si pone alla radice della vostra storia e fu la scintilla capace di destare l’incendio: la fondazione della prima cassa rurale, avvenuta in un piccolo centro agricolo del Veneto, con la collaborazione attiva del parroco del luogo.

L’idea, fatta propria da gran parte del clero in quei tempi di tumultuose trasformazioni, divenne lo strumento quanto mai utile per allargare l’azione cristiana in campo sociale. Nacquero così le casse rurali cattoliche, che dal Veneto con rigoglioso sviluppo si diffusero nell’Italia intera, dal Nord verso il Sud.

La cooperazione, sotto forma di casse di risparmio, società assicurative e di mutuo soccorso, fu leva di base usata dal pionierismo cattolico, per un crescente impegno in mezzo al popolo, al ceto contadino, al nascente mondo operaio, alle classi più diseredate, con finalità di sicurezza sociale e di promozione umana. Alla cassa rurale si aggiunse ben presto la cassa artigiana. Ebbe inizio la legislazione cooperativa. Dall’ambito diocesano si dilatò a livello nazionale e fini col varcare anche le frontiere italiane.

Così per iniziativa di una schiera di umili e spesso oscuri sacerdoti, con la collaborazione di gruppi sempre più numerosi di laici ignoti e illustri, si diede vita a un modello di movimento solidaristico, che non si è esaurito dopo un secolo e non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità di sviluppo.

3. Di fronte all’irrompere di una vitalità così piena di promesse, i miei venerati predecessori non hanno esitato a intervenire tempestivamente per incoraggiarne il cammino.

Leone XIII, il Papa che già nella Rerum Novarum aveva difeso e favorito il sorgere dell’associazionismo e della solidarietà nel mondo del lavoro, in una lettera del 1896 riconosceva la grande utilità delle casse rurali per le famiglie degli operai e si augurava che una tanto benefica istituzione incontrasse il favore delle varie componenti della società.

Nel 1944, terminato il secondo conflitto mondiale, quando si pensava all’urgenza di porre le basi di una solida ricostruzione, Pio XII auspicava l’incremento della collaborazione tra le piccole proprietà mediante l’istituto delle cooperative (1 settembre 1944).

Anche il Concilio Vaticano, trattando il tema delle riforme, non mancò di raccomandare “un’efficace organizzazione cooperativa” (Gaudium et Spes, 71).

Sui problemi complessi del lavoro umano io stesso, nell’enciclica Laborem Exercens (Ioannis Pauli PP. II, Laborem Exercens, n. 8), dopo aver notato che la solidarietà deve essere sempre presente là dove lo richiedono la degradazione sociale del soggetto del lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e le crescenti fasce di miseria e addirittura di fame, aggiungevo che la Chiesa è vivamente impegnata in questa causa, “perché la considera come sua missione, suo servizio, come verifica della sua fedeltà a Cristo”.

4. In poche parole, solidarismo e crescita dell’uomo visto nella sua totalità, in senso economico, sociale e umano, costituiscono la struttura portante del sistema associazionistico della cooperazione. È una leva capace di sollevare dalle crisi ritornanti e di regolare lo sviluppo. Il futuro della cooperazione sta nell’attuazione dell’equilibrio tra esigenze della persona e servizio sociale. Io mi auguro che la vostra confederazione, impegnata in una fase di riorganizzazione e di rilancio voglia adoperarsi per giungere a creare un tipo di associazionismo a ispirazione cristiana che sia di modello ad altre associazioni.

La cooperazione di per sé pone al centro delle proprie prospettive il rispetto e l’elevazione della persona umana, incoraggia la responsabilità del singolo, la capacità professionale, lo spirito d’iniziativa e di laboriosità, stimola le risorse del volontariato.

Nello stesso tempo, come per una legge di interna compensazione, facilitando la vicendevole integrazione, essa riduce gli inconvenienti dell’individualismo, viene incontro alle posizioni economiche e sociali più deboli, favorisce il pluralismo delle istituzioni nei vari settori di attività, senza mettere in pericolo la propria identità.

Egregi signori, la vostra confederazione, nata come tale nel dopoguerra, aperta all’avvenire ma non chiusa ai valori del passato, per realizzare i propri progetti si pone il problema della famiglia, della scuola, dell’occupazione, delle nuove forme di povertà. Come ognun vede, si tratta di temi di vitale importanza per il futuro della nostra società. Nell’affrontarli, occorre avere sempre presenti gli ideali che animarono gli iniziali promotori del movimento; in quegli ideali, infatti, si rispecchiano alcune istanze perenni del messaggio evangelico. Il vostro compito - e la vostra originalità, e il vostro merito - consistono nel saper trovare, alla luce di tali istanze perenni, applicazioni adeguate alle nuove esigenze emergenti dalla situazione odierna. Il mio augurio è che sappiate elaborare un programma di attività umanamente e socialmente feconde.

Con questi voti v’imparto di cuore l’Apostolica Benedizione, che volentieri estendo ai vostri familiari e a tutti coloro che attivamente si impegnano nei vostri benemeriti organismi.

 

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