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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CONSIGLIO DEL CENTRO DI AZIONE LITURGICA

Sala del Trono - Venrdì, 30 novembre 1984

 

Cari fratelli.

1. Sono lieto di accogliervi e salutarvi, in questo breve e cordiale incontro, col quale intendete riaffermare il vostro servizio in un campo così importante per la vita ecclesiale, quale è quello della liturgia. Vi saluto tutti cordialmente, rivolgendo uno speciale pensiero al venerato fratello monsignor Carlo Manziana, presidente del Centro di azione liturgica, a monsignor Virgilio Noè, segretario della Sacra congregazione per il culto divino e a padre Secondo Mazzarello, il quale ricorda il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale.

So bene quanto l’attuazione della riforma liturgica in Italia debba al vostro Centro. Sorto sullo scorcio del 1947, poco prima della grande enciclica “Mediator Dei” di Pio XII, il CAL riconobbe subito in quel documento la traccia del suo cammino, e in base ai criteri operativi fissati dal suo iniziatore monsignor Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo, divenne il principale coordinatore delle varie iniziative, con le quali andava affermandosi anche in Italia il movimento liturgico, già assai vivace in altre nazioni europee.

Nell’ambito di tali iniziative, mi piace ricordare le vostre pubblicazioni - tra cui il periodico “Liturgia” - le varie attività promozionali, tra le quali il grande incontro della Settimana liturgica nazionale, che scandisce ogni anno, in varie città d’Italia, il cammino di una liturgia costantemente approfondita, che vuol tradursi in una coerente pratica di vita.

Voglio ricordare ancora che quando cominciarono a pubblicarsi i libri liturgici strutturati in base agli indirizzi del Concilio, a voi venne affidato il compito della divulgazione catechetica, della sensibilizzazione liturgica e della traduzione testuale.

Di tutto questo vi ringrazio, sicuro che il lavoro così felicemente intrapreso continuerà, in piena fedeltà ai criteri di fondazione del Centro sia pure con qualche ridimensionamento, reso necessario dall’esperienza di ormai sette lustri, dalle nuove strutture della Conferenza episcopale italiana.

2. E ora vorrei anche farvi qualche raccomandazione per ribadire alcuni principi, che è opportuno richiamare ed approfondire.

- Cercate innanzitutto di trarre continua ispirazione da quella insostituibile intelaiatura biblica, che anima tutte le espressioni del culto cristiano. Ci avverte infatti il Concilio che “per promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della sacra liturgia, è necessario che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che è attestata dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali”. Potremmo dire che la Sacra Scrittura è, secondo la “mens” del Concilio, il doveroso punto di partenza e, insieme, il necessario punto di riferimento per una retta comprensione della liturgia e per una sua celebrazione veramente degna e fruttuosa.

Inoltre, spendete ogni cura affinché la liturgia sia sempre veramente preghiera, cioè un dialogo orante che parte dall’alto, germoglia nell’ascolto, fiorisce nella contemplazione e nella lode e porta frutti saporosi di vita cristiana. Diversamente, essa svanirebbe nell’esteriorità, imboccando strade diverse, fatalmente destinate a perdersi in personalismi pseudo-liturgici o in un sociologismo di maniera, che con la liturgia vera ben poco ha da spartire.

Ricordate poi che la sollecitudine di regolare la sacra liturgia - come dice il Concilio (Sacrosanctum Concilium, 22) - compete unicamente all’autorità della Chiesa, che risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo . . . Di conseguenza nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica”. Sono parole assai chiare, e anche severe, da cogliere nell’espressione genuina del loro richiamo. Non si vuole con esse negare quella duttilità e quella benintesa creatività che gli stessi libri liturgici ammettono e raccomandano, perché la celebrazione sia più immediata e più viva per un saggio adattamento all’assemblea. Si vuol però sottolineare che la liturgia è un “servitium” affidato al ministro che presiede, il quale pertanto non può considerarsi come “proprietario”, che arbitrariamente disponga del testo liturgico e del sacro rito come di un suo bene peculiare, ma dev’essere, con la sua azione, segno esterno dell’unità spirituale realizzata dal sacramento.

- Un’ultima raccomandazione mi sta particolarmente a cuore, e mi viene suggerita dal n. 14 della costituzione conciliare: ed è quella della formazione liturgica, che deve essere impartita a tutti i fedeli, perché partecipino pienamente, consapevolmente e attivamente alle sacre celebrazioni. Per ottenere questo, è necessario che “gli stessi pastori d’anime siano penetrati, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia, e ne diventino maestri”; per questo occorre “dare il primo posto alla formazione liturgica del clero”.

3. Vorrei indicarvi in tali esortazioni un programma per il vostro Centro. Continuate ad adoperarvi in tutti i modi perché per mezzo di pubblicazioni, di corsi teologici, di incontri a vario livello, e di esercizi spirituali, la liturgia sia conosciuta in profondità e, quindi, intensamente vissuta. Numerosi e spiritualmente densi sono i documenti del magistero in questo campo. Ottima pertanto è la vostra iniziativa di raccogliere in un Enchiridion questi documenti, perché tutti, e specialmente i giovani avviati al sacerdozio, li possano avere tra mano per consultarli e per metterli in pratica.

Con questi auspici rinnovo il mio saluto e il mio incoraggiamento, e augurandovi l’abbondanza dei favori celesti vi imparto di cuore la mia benedizione.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 


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