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VISITA PASTORALE IN CALABRIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SACERDOTI DELLA CALABRIA

Cappella del Seminario di Catanzaro - Sabato, 6 ottobre 1984

 

Cari fratelli nel sacerdozio!

1. Questo incontro nella sede del seminario regionale San Pio X, di cui celebrate con la dovuta solennità il 70° anniversario di fondazione, costituisce una tappa privilegiata del mio pellegrinaggio.

Ringrazio cordialmente monsignor arcivescovo di Catanzaro per le cortesi espressioni con cui ha interpretato autorevolmente i comuni sentimenti.

A voi tutti, carissimi fratelli nel sacerdozio, il mio fervido saluto.

È un saluto pieno di letizia, che rivolgo a ciascuno dei presbiteri della regione calabra, qualunque sia il campo del loro pastorale servizio: le comunità parrocchiali, le associazioni e i movimenti cattolici, gli organismi regionali e diocesani, l’apostolato sociale, le istituzioni educative e culturali.

2. La parola che mi sgorga spontanea dal cuore, in questa riunione di carità sacerdotale, si ispira alla commossa esortazione rivolta da Gesù agli apostoli: “Manete in dilectione mea” (Gv 15, 9).

Nell’amore Dio ci ha prevenuti in modo singolare. Egli non soltanto ci ha amati per primo dall’eternità, come ha fatto con tutte le sue creature, ma ha usato con noi sacerdoti un atteggiamento particolare, unico e irreversibile, chiamandoci a continuare nel mondo l’opera di salvezza.

Come per gli apostoli e i discepoli, il Signore rivendica a sé l’iniziativa: “Non voi avete scelto me; ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16). Questa scelta ha il valore di un dono, di una grazia. Se il “perché” di tale scelta rimane racchiuso nel mistero di Dio, e anche noi stessi non ce ne rendiamo esattamente conto, resta però sempre chiaro che si tratta di un atto d’amore. Ci ha scelti perché ci ha amati. Il dono della vocazione è di valore inestimabile. Soltanto una generosità trascendente lo rende possibile, molto al di là dei meriti personali. Ed è un dono che poi, da parte di Dio, resta incessantemente operante, perché non può mai venir meno né attenuarsi la pienezza del suo perfettissimo amore.

“Tu sei sacerdote in eterno” (Eb 7, 21), perché eterno - possiamo aggiungere - è il mio amore per te. “Le montagne possono crollare, ma il mio cuore non verrà mai meno” (Sal 88, 3).

Ed è appunto in virtù di questo amore ineffabile che il Signore è venuto a battere alla porta del vostro cuore per farvi sentire, con chiari accenti, la sua misteriosa chiamata; per fissare sopra ciascuno di voi un disegno eterno.

Tale chiamata esige una risposta continua che trova la sua forza e il suo alimento anzitutto nell’ascolto della parola del Maestro per conoscere pienamente il disegno di Dio sulla vostra vita e sulla vostra opera. Per corrispondere pienamente alla chiamata è necessario ascoltare la voce dello Spirito di Cristo, cioè tutte quelle ispirazioni di sicura provenienza soprannaturale; ascoltare la voce della Chiesa, quand’essa parla nell’esercizio del suo magistero; ascoltare la voce del Signore in quella del vescovo, che è il capo della Chiesa particolare; ascoltare anche la voce del popolo di Dio, quand’essa fa appello al vostro zelo pastorale; ascoltare mediante lo studio delle scienze sacre; ascoltare finalmente mediante la preghiera e la meditazione, le quali sono come i due polmoni della vostra vita sacerdotale e la garanzia di sicuro successo nell’impegno di corrispondenza alla divina chiamata.

3. Ma la perfetta fedeltà a questa divina chiamata esige ancora la sequela del Cristo. Non si può essere ministro di Cristo senza essere seguace di Cristo. Seguire Cristo comporta un distacco. Come gli apostoli lasciarono le reti, le case, le occupazioni, il paese, le famiglie, così ogni sacerdote deve essere pronto a subordinare tutto al servizio del Signore. Senza questi distacchi, non potrete essere dei fedeli servitori della Chiesa, dei ministri coerenti. Essi sono richiesti non solo per motivi ascetici, ma anche per rendere efficace e credibile la vostra missione sacerdotale.

Soprattutto oggi, in una società contrassegnata dal fenomeno della secolarizzazione, occorre chiarezza di propositi e fermezza di volontà che attingono direttamente alle fonti genuine del Vangelo. Come ho già detto in altre occasioni: “Più la gente si scristianizza, più è in preda all’incertezza o all’indifferenza, più ha bisogno di vedere nella persona dei sacerdoti quella fede radicale che è come un faro nella notte o come una roccia alla quale attaccarsi” (cf. “L’Osservatore Romano”, 13 settembre 1984, p. 4).

In ogni tempo i sacerdoti che si sono posti con maggior chiarezza il problema della loro identità alla luce del Vangelo, sono quelli che sono riusciti a gettare un fermento nuovo in mezzo al popolo e a far segnare una tappa al cammino di fede della comunità loro affidata. Quando il sacerdote è veramente il testimone vivente della fede, è il missionario del Vangelo, è il profeta della speranza, che non delude, diventa per ciò stesso costruttore della Chiesa di Cristo, artefice di pace e di promozione umana, tutore degli orfani e dei piccoli, consolatore dei sofferenti, in una parola: padre delle anime.

4. La Calabria ha bisogno di siffatti sacerdoti, ha bisogno di voi! La rinascita religiosa, morale e civile di questa regione dipende in modo prevalente dalla vostra opera di pastori di anime, dipende da quei valori umani e cristiani che voi saprete far vivere nella società calabrese.

La Chiesa, infatti, con i suoi pastori, i suoi sacerdoti, con i religiosi e le religiose, con tutto il laicato che vive l’impegno cristiano nelle molteplici realtà della vita sociale, ha un compito fondamentale nella soluzione dei problemi che formano la “questione meridionale” e più specificamente la “questione calabrese” che non è solo questione economica. “Si tratta infatti - come leggiamo nella lettera collettiva dell’episcopato dell’Italia meridionale su "I problemi del Mezzogiorno", lettera che, come è noto, è stata redatta nel 1948 da un illustre figlio di questa terra, alunno di questo seminario, il già arcivescovo di Reggio Calabria monsignor Antonio Lanza - si tratta, ripeto, di esigenze e di problemi non estranei alla vita dello spirito, i quali, pur sotto l’aspetto materiale, economico e sociale, nascondono esigenze più profonde e rivelano una più alta istanza: quella cioè di una religione più pura e di una giustizia più piena”.

Sì! Una religione più pura e una giustizia più piena per la vostra regione esprimono in modo compiuto il progetto pastorale di evangelizzazione e promozione umana, che è l’impegno urgente e attuale di tutta la Chiesa di Calabria, secondo le linee tracciate nel Convegno ecclesiale di Paola del 1978.

Non mancano nella storia recente della Calabria figure di sacerdoti che hanno capito profondamente il senso di questo impegno e che hanno vissuto la loro vita sacerdotale dando quotidiana e coerente testimonianza di una forte tensione per l’elevazione morale e religiosa e per il riscatto sociale della propria gente. Ricordo i sacerdoti Carlo De Cardona e Luigi Nicoletti di Cosenza, don Francesco Caporale di Catanzaro, don Francesco Maiolo di Nicastro, e i due servi di Dio don Francesco Mottola di Tropea e padre Gaetano Catanoso di Reggio Calabria, dei quali sono in corso i processi di beatificazione.

Cari sacerdoti! So che grande deve essere il vostro impegno sacerdotale per corrispondere alle esigenze religiose, spirituali e morali della Calabria. Non vi scoraggiate! Non abbiate paura di annunciare il messaggio di fede, di giustizia e di amore di cui voi siete portatori e testimoni. Siate sempre uniti ai vostri vescovi, siate uniti fraternamente tra di voi con l’amicizia e l’aiuto scambievole, siate sempre in mezzo al vostro popolo segno di unione e di comunione; amate il vostro lavoro sacerdotale di servizio al popolo di Dio; considerate che, più di qualsiasi altra attività, il preminente impegno del sacerdote deve essere quello del lavoro parrocchiale attraverso il quale, in modo particolare, voi vivete la vita stessa del vostro popolo e condividete le sue gioie e le sue speranze, come le tristezze e le angosce dei più poveri e di coloro che soffrono: siate, nella società calabrese, costruttori di comunità.

5. Mi rivolgo ora a voi, carissimi seminaristi, che rappresentate la continuità del sacerdozio ministeriale nella Chiesa. Le riflessioni che ho fin qui proposto - lo avete certamente notato - si applicano per molti aspetti anche a voi.

Abbiate somma cura della vostra vocazione. Alimentate la consapevolezza del dono che il Signore vi ha fatto chiamandovi al suo servizio. Comportatevi sempre “in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (1 Ts 2, 12).

Con grande affetto benedico ora tutti, sacerdoti e seminaristi, assicurandovi che occupate un posto speciale nel mio cuore.

 

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