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VISITA PASTORALE IN CALABRIA

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DI REGGIO CALABRIA

Piazza del Duomo (Reggio Calabria) - Domenica, 7 ottobre 1984

 

Carissimi giovani!

1. Il mio animo è colmo di gioia nel trovarmi in mezzo a voi, giovani della città di Reggio e dell’intera Calabria, per questo incontro tanto atteso e desiderato. Vi ringrazio per questa calda accoglienza, per le parole che mi ha rivolto, a vostro nome, la giovane, vostra rappresentante. Vi saluto dal profondo del vostro cuore, con grande affetto.

Esprimo il mio saluto anche a tutti i giovani della Calabria, sparsi nelle tre province della vostra regione, come pure a tutti quei giovani calabresi che, per la ricerca di un lavoro, hanno dovuto lasciare la loro terra, emigrando in altre città d’Italia o all’estero. Tutti ho presenti nella mia mente e nel mio cuore; tutti saluto con pari affetto.

L’incontro con i giovani è sempre per me uno dei momenti più belli. Sentire le vostre voci, vedere il vostro entusiasmo, ma soprattutto leggere sui vostri volti l’attesa della parola che esprima amore che illumini il senso della vita e che tracci un cammino sicuro da percorrere è motivo di speranza e di confronto.

2. Conosco le vostre preoccupazioni per il presente e le inquietudini per il futuro, conosco i problemi della vostra terra, che sono tanti e da lungo tempo irrisolti. C’è nel fondo di ogni condizione umana e di ogni problema una persistente domanda, la più esistenziale delle domande che attiene alla vita stessa dell’uomo: che senso ha la vita che viviamo, vale la pena impegnarsi per questa vita, è possibile sperare?

Sì, cari giovani, la risposta a queste domande la troviamo in quell’annuncio, in quella buona notizia, che, quasi duemila anni fa, Paolo di Tarso, anche se con le catene ai piedi, portò ai vostri avi, approdando in questa terra. La risposta antica e sempre nuova ai dubbi e alle angosce dell’uomo moderno è una sola: Gesù Cristo, il Redentore dell’uomo e del mondo, il Risorto, Figlio di Dio e nostro fratello in umanità; è lui che ci ha svelato il mistero di Dio, è lui che ha rischiarato il mistero dell’uomo facendoci conoscere la nostra origine, la dignità, il valore, il senso della vita umana, il destino eterno di amore e di salvezza cui tutti noi siamo chiamati.

Oggi, come Paolo di Tarso, anch’io desidero portarvi questo annuncio di salvezza; anch’io desidero qui proclamare che Cristo è “la nostra pace” (Ef 2, 14), “la nostra vita” (Col 3, 4), la nostra “sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1, 30), il nostro “unico fondamento” (1 Cor 4, 11): è lui la nostra “speranza” (Col 1, 27).

Accogliete questo annuncio, lasciatevi inondare dalla luce che viene da questo messaggio e fate che “Cristo abiti mediante la fede nei vostri cuori” (Ef 3, 17).

La fede in Cristo risorto, che ha sconfitto la morte e il peccato, ci fa comprendere il vero senso della vita come prezioso dono di Dio, che vale la pena di vivere per costruire un mondo migliore dove regni l’amore, la giustizia e la pace.

Tutto questo è possibile anche per la vostra terra, se voi giovani calabresi saprete fare di questi valori un ideale di vita e, soprattutto, se vi impegnerete a testimoniarli, con la generosità e con l’entusiasmo della vostra gioventù nella Chiesa e nella società di Calabria.

3. Questa meravigliosa visione della vita, alimentata dalla fede e animata dalla speranza, non vi estranea dalle difficoltà che travagliano l’esistenza quotidiana, né dai gravi problemi della vostra società calabrese, che sono i problemi di tutto il Mezzogiorno d’Italia. Anzi, questa fede e questa speranza vi danno la forza di superare ogni scoraggiamento e vi impegnano di più a prepararvi, con lo studio, con l’acquisizione della necessaria formazione personale, con l’approfondita conoscenza della realtà nella quale vivete, ad essere gli artefici della rinascita economica, sociale, morale e spirituale della vostra Calabria.

Cari giovani! So che uno dei problemi che angustia il vostro animo, e che talvolta è anche motivo di scoraggiamento, è quello della disoccupazione di tanti giovani e in particolare di quelli ancora in cerca della prima occupazione, nonostante che siano forniti delle necessarie competenze e siano animati da tanta buona volontà.

A questi giovani esprimo tutta la mia solidarietà e l’auspicio che la loro legittima aspirazione possa essere presto coronata da successo.

Nell’enciclica Laborem Exercens, dedicata al lavoro umano, ho trattato ampiamente del problema della disoccupazione e del danno che essa arreca all’uomo e alla società. Qui, in questa terra e in questa città, dove il fenomeno è più grave che altrove, desidero ribadire che il lavoro è un diritto, oltre che un dovere, e che la società deve creare le condizioni perché tutti possano usufruire di questo diritto. Desidero affermare che la disoccupazione è un’ingiustizia perché contraddice questo fondamentale diritto dell’uomo. Non basta che la società garantisca, a coloro che sono occupati, i diritti del lavoro con la legislazione sociale; è necessario che la società garantisca il diritto al lavoro, che in certo senso è prioritario rispetto allo stesso diritto del lavoro.

4. Il giovane senza lavoro e senza speranza per il futuro è esposto a ogni genere di tentazione: mi riferisco in particolare alle tentazioni della violenza e della droga.

Voi, giovani carissimi, in questo campo dovete dare una testimonianza forte e coraggiosa. Non cedete mai alla tentazione della violenza criminosa e mafiosa, anzi dovete essere la forza morale più determinante per sconfiggere ogni mentalità che porta alla prepotenza, all’oppressione e alla vendetta. Faccio mio quanto a tale proposito i vostri vescovi hanno ripetutamente dichiarato.

E inoltre, è atto di grande carità e umanità aiutare quei giovani che, caduti nella rete della delinquenza organizzata, vogliono liberarsi e redimersi: sostenete, con la vostra generosa e fraterna accoglienza, il loro sforzo di rientrare nel tessuto sano della società e del vivere civile.

C’è poi la tentazione della droga, alimentata da un turpe mercato, che imperversa anche nelle vostre città e si affaccia persino nei piccoli centri agricoli della vostra terra. Questo male, che diffonde dolore e morte, è frutto di questa società dei consumi che spegne nei giovani ogni ideale, crea una mentalità edonistica: questo tipo di società detta paradossalmente del “benessere”, in effetti “consuma”, l’uomo nella sua umanità e, in ultima analisi, provoca il suo malessere.

Anche su questo fronte, i giovani cristiani, che portano una visione della vita e della società fondata sulla dignità dell’uomo redento da Cristo devono essere in prima fila nel combattere questo male, mobilitando le coscienze, dando esempio ai propri coetanei di come si affronta la vita senza cedere alla falsa illusione della droga, aiutando coloro che ne sono divenuti vittime, a liberarsi da questa letale dipendenza, e collaborando con quanti, nella società, sono impegnati a debellare questo terribile flagello.

Carissimi, voi tutti siete una grande famiglia, famiglia dei giovani, famiglia dei giovani ispirata da Cristo. Io affido a questa famiglia dei giovani questi vostri coetanei, questi giovani che hanno ceduto alle tentazioni della vita disorganizzata della droga, della violenza. Affido questi vostri compagni a voi, alla vostra grande famiglia.

5. La vostra presenza così numerosa in questa piazza, sulla quale si affaccia il duomo della città, ricostruito dopo il terremoto del 1908, con le sue forme romaniche di moderna fattura, con la sua bianca luminosità, è segno di vivacità di questa Chiesa di Reggio.

So che molti di voi fanno parte di associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali nei quali vivete, giorno per giorno, la vostra esperienza di fede. Desidero tutti benedire e incoraggiare. Queste differenti aggregazioni sono espressione della ricchezza della Chiesa e del carisma che la anima. Queste diversità di esperienze, quando sono vivificate dallo Spirito, tendono naturalmente verso l’incontro e sentono l’esigenza della comunione tra di loro e di tutti intorno al vescovo, che è il pastore della Chiesa locale. Vi esorto a ricercare sempre la comunione tra di voi e intorno al vescovo. Pur nell’originalità di ciascuno, insieme si possono realizzare grandi cose, così come insieme le diverse aggregazioni ecclesiali hanno preparato l’indimenticabile incontro dei giovani a Roma per la conclusione dell’Anno giubilare della redenzione.

Il campo dell’azione comune è vastissimo, soprattutto quando si tratta di operare per dare soluzione ai grandi problemi della vostra terra. Vi incoraggio anche ad esternare le esperienze del volontariato a favore degli emigranti, degli handicappati, dei vecchi, degli ammalati, vivendo così il vostro impegno cristiano di carità a favore degli “ultimi”, cioè di quelli che sono i primi nel regno di Dio. Non si vive la fede senza la carità, non si è cristiani senza la carità.

6. Inoltre, un grande impegno la Chiesa in Italia deve oggi affrontare in modo particolare: quello dell’educazione religiosa delle nuove generazioni e, più specificatamente, quello dell’insegnamento religioso nelle scuole statali.

Come voi già ben conoscete dalla vostra storia e dalle vostre radici cristiane che si richiamano all’apostolo Paolo, la religione cattolica fa parte del più prezioso patrimonio del popolo italiano; essa è componente essenziale di ogni formazione umana, per cui non vi può essere vera e completa educazione senza l’insegnamento religioso.

Come è noto, i recenti accordi con lo Stato italiano assicurano la possibilità di usufruire, nell’ambito scolastico, dell’insegnamento della religione cattolica: spetta alle famiglie, e in particolare ai giovani stessi, avvalersi di questa preziosa possibilità. Invito voi giovani di Calabria e dell’intera penisola a compiere consapevolmente questa scelta, dando così esempio e testimonianza ai vostri coetanei e corrispondendo, insieme alle vostre famiglie, all’ansia apostolica della Chiesa di assicurare, anche attraverso la scuola, la formazione cristiana della gioventù.

Direi che questo è uno dei campi dell’apostolato giovanile. I giovani sono i primi apostoli dei giovani. Già nella parrocchia, come nella scuola. Speriamo che questo apostolato fondamentale sia vostro. Io, come principale responsabile, dell’apostolato della Chiesa vi affido questa consegna.

Vi esorto infine ad impegnarvi per la pace, formando innanzitutto in voi una mentalità di pace, che produca i suoi frutti nelle vostre famiglie nella scuola, nel mondo del lavoro, in tutte le relazioni interpersonali e sociali: è la premessa per la costruzione di una pace più grande tra i popoli e le nazioni. Sapete che il tema della Giornata mondiale della pace, che celebriamo all’inizio del prossimo anno, è “La pace e i giovani camminano insieme”.

Cari giovani! L’avvenire della Calabria è nelle vostre mani e nel vostro coraggioso impegno di cittadini e di cristiani.

Sappiatelo, giovani! Cristo non si è fermato a Eboli: egli è qui in cammino con voi, per costruire insieme a voi una Calabria più giusta, più umana e più cristiana!

7. È mezzogiorno, l’ora che l’antichissima consuetudine cristiana, assai radicata anche in Calabria, ha consacrato a Maria santissima. Innanzitutto rivolgiamo il nostro pensiero filiale alla Madonna della consolazione, protettrice della vostra città, la cui immagine qui presente, ricca di tanta storia e circondata da tanta devozione popolare, noi ammiriamo e veneriamo.

In questa domenica di ottobre, “mese del Rosario” invochiamola col titolo di “Regina del santo Rosario”.

Il Rosario fu definito da Pio XII “compendio di tutto il Vangelo” (AAS 38 [1946] 419). Nella sua struttura semplice e sapiente, offre temi di meditazione sulla trama del cammino di Cristo e di Maria, attraverso i misteri di gioia, di dolore e di gloria. Di impronta evangelica sono anche le preghiere del Padre nostro e dell’Ave Maria. L’insistenza, poi, nella ripetizione di queste preghiere è il riconoscimento della nostra umana indigenza, e, nello stesso tempo, l’espressione della nostra incrollabile fiducia nell’aiuto che ci viene dall’alto e particolarmente nella materna intercessione della Vergine.

Nutrimento fecondo della pietà personale, il Rosario è in certo senso la preghiera tipica della famiglia cristiana. Il Concilio ha definito la famiglia cristiana “chiesa domestica” (Lumen Gentium, 11), intendendo mettere in luce la realtà sacra genuinamente ecclesiale, costituita nell’ambito familiare. La famiglia pertanto è chiamata a tradurre in sé l’immagine della Chiesa di Cristo. Nella recita del Rosario essa gusta la propria unità, gode della circolazione degli affetti, si eleva alla contemplazione del divino, colloca in questa superiore dimensione le proprie necessità, le angustie e le conquiste del vivere quotidiano.

La Regina del santo Rosario è particolarmente onorata nell’insigne santuario di Pompei, dove oggi, in quest’ora meridiana, si recita l’antica “Supplica”, alla quale si uniscono spiritualmente le popolazioni d’Italia. A questo coro implorante aggiungiamo, carissimi giovani, la nostra fervida invocazione:

O Rosario benedetto di Maria,
catena dolce
che ci riannodi a Dio,
vincolo di amore
che ci unisci agli angeli.

Torre di salvezza,
negli assalti dell’inferno.

Porto sicuro nel comune naufragio,
noi non ti lasceremo mai più.

Tu ci sarai di conforto
nell’ora dell’agonia,
a te l’ultimo bacio della vita
che si spegne.

E l’ultimo accento
delle nostre labbra
sarà il nome tuo soave,
o Regina del Rosario di Pompei,
o Madre nostra cara,
o rifugio dei peccatori,
o sovrana consolatrice dei mesti.

Sii ovunque benedetta,
oggi e sempre,
in terra e in cielo.

Amen”.

 

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