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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL 54° CORSO DI AGGIORNAMENTO CULTURALE ORGANIZZATO DALL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Giovedì, 6 settembre 1984

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. Sono particolarmente lieto di salutare tutti e ciascuno di voi, partecipanti al 54° corso di aggiornamento culturale, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. Esprimo, in particolare, il mio saluto agli organizzatori del convegno e, anzitutto, al rettore magnifico Adriano Bausola, che ringrazio per le deferenti espressioni con le quali ha voluto aprire questo familiare incontro.

Il tema da voi scelto per il corso estivo di quest’anno - “Il valore della vita” - è quanto mai importante. Avete avuto occasione di analizzarne gli aspetti religiosi, etici, psicologici e sociali, ponendo in evidenza come la vita conservi valore in ogni suo stadio e condizione e come dall’impegno solidale di tutti dipenda in gran parte la possibilità per ciascuno di dar senso alla propria vicenda personale, anche se provata dal limite della malattia o dal peso della vecchiaia, preludio inevitabile al misterioso “transito” della morte. Tra gli altri problemi, avete poi affrontato quello oggi particolarmente dibattuto dell’eutanasia, esaminandolo nel contesto dei postulati derivanti dall’intangibilità della vita umana.

2. Tale intangibilità è logico corollario della concezione cristiana della vita, della signoria di Dio sulla vita e sulla morte, dell’appartenenza dell’uomo a Cristo sia che egli viva sia che muoia (cf. Rm 14, 8). È questo un esplicito insegnamento che è ricorrente nella Bibbia, a partire dalle prime pagine della Genesi e dal “Non uccidere” del Decalogo (cf. Es 20, 13 e Dt 5, 17) fino alla prima lettera di Giovanni (cf. 1 Gv 3, 11-15); esso si esprime unanimemente nella Tradizione dei Padri, a partire dal più antico scritto qual è quello della “Didachè”, e confermato dalla prassi penitenziale che fin dai primi tempi ha stigmatizzato l’omicidio come uno dei peccati più gravi; tale insegnamento è stato ripetutamente confermato e sviluppato, nel nostro tempo, dal magistero pontificio e dai documenti conciliari ed episcopali.

Alla luce di questi insegnamenti il credente deve acquisire sempre maggiore consapevolezza dell’intangibilità di ogni vita umana innocente e dar prova di fermezza inflessibile davanti alle pressioni e ai suggerimenti dell’ambiente, mostrando decisione nel contrastare ogni tentativo di legalizzazione dell’eutanasia, come pure nel proseguire la lotta contro l’aborto.

3. Ma il vero problema da affrontare, davanti al profilarsi di una crescente accettazione sociale dell’eutanasia, sembra essere un altro. Come si è già verificato per l’aborto, la condanna morale dell’eutanasia resta inascoltata e incomprensibile per coloro che sono impregnati, talora anche inconsapevolmente, di una concezione della vita inconciliabile col messaggio cristiano, anzi con la stessa dignità della persona umana correttamente intesa.

Per averne una prova, basta tenere presente alcune delle caratteristiche negative più in voga nella cultura che astrae dalla trascendenza:

- l’abitudine di disporre a proprio arbitrio della vita umana al suo sorgere;

- la tendenza ad apprezzare la vita personale solo nella misura in cui sia portatrice di ricchezze e di piaceri;

- la valutazione del benessere materiale e del piacere come beni supremi e, di conseguenza, il concetto di sofferenza come male assoluto da evitare a tutti i costi e con ogni mezzo;

- la concezione della morte come fine assurda di una vita che poteva dare ancora godimenti, o come liberazione da una vita ritenuta ormai “priva di senso”, perché destinata a continuare nel dolore.

Tutto ciò s’accompagna in genere alla convinzione che l’uomo, prescindendo da Dio, è responsabile solo davanti a se stesso e alle leggi della società liberamente stabilite.

È chiaro che là dove questi atteggiamenti hanno preso piede nel vissuto di persone e di gruppi sociali, paradossalmente può apparire logico e “umano” porre fine “dolcemente” alla vita propria o altrui, quando essa riservasse solo sofferenze e menomazioni gravi. Ma questo è in realtà assurdo e disumano.

4. L’impegno che s’impone alla comunità cristiana in tale contesto socio-culturale è più che una semplice condanna dell’eutanasia, o il semplice tentativo di ostacolarne il cammino verso un’eventuale diffusione e successiva legalizzazione. Il problema di fondo è soprattutto come riuscire ad aiutare gli uomini del nostro tempo a prendere coscienza della disumanità di certi aspetti della cultura dominante, e a riscoprire i valori più preziosi da essa offuscati.

Il profilarsi dell’eutanasia, come ulteriore approdo di morte dopo l’aborto, deve dunque essere colto come un drammatico appello a tutti i credenti e agli uomini di buona volontà a muoversi con urgenza per promuovere con ogni mezzo e a tutti i livelli una vera scelta culturale nel cammino della nostra società.

Assume, per questo, particolare importanza anzitutto una presenza e un’azione incisiva dei cattolici in tutte quelle sedi e organizzazioni, nazionali e internazionali, nelle quali si prendono decisioni di estrema importanza per il cammino della società.

Altrettanto deve dirsi per il vasto campo dei mezzi della comunicazione sociale, sulla cui importanza in rapporto alla formazione della pubblica opinione è superfluo insistere.

Ma non è meno importante e necessario diffondere la consapevolezza che ognuno, anche semplicemente col proprio stile di vita, contribuisce a consolidare la concezione cristiana della vita, o a costruirne una diversa.

È urgente perciò che quanti vengono raggiunti dalla Chiesa con la parola e con l’azione siano aiutati:

- a prendere coscienza del divario che molte volte si è instaurato tra fede e vita, come conseguenza di un acritico accoglimento pratico di concezioni edonistiche, consumistiche, eccetera, soggiacenti ad un certo stile di vita;

- a scoprire le genuine concezioni cristiane circa la vita, la sofferenza, la morte e la giusta scala dei valori della vita concepita come vocazione e missione, di cui ognuno è responsabile davanti a Dio;

- a impostare nuovamente su queste concezioni la propria esistenza individuale, familiare, professionale, non temendo di andare con cristiana fermezza contro corrente.

5. In sostanza: il problema dell’eutanasia sollecita e reclama con drammatica urgenza un impegno serio e costante per un vero e proprio rinnovamento di un autentico sentire cristiano. Ulteriori ritardi e negligenze si potrebbero tradurre nella soppressione di un incalcolabile numero di vite umane, e in un ulteriore e grave degradarsi a livelli sempre più disumani di tutta la società e convivenza degli uomini.

Si può infine aggiungere che il soggetto principale di tutto l’impegno indicato non può essere che la famiglia. Ciò trova giustificazione anzitutto negli stessi motivi che sorreggono affermazioni di portata generale circa il ruolo centrale della famiglia per la missione evangelizzatrice della Chiesa (cf. Familiaris Consortio, 65) e per l’avvenire dell’umanità (cf. Familiaris Consortio, 86).

Ma si aggiungono anche motivi specifici in rapporto al problema dell’eutanasia e degli impegni richiesti dalla comunità cristiana per la sua soluzione. Infatti la fascia più consistente di persone esposte al rischio di divenire vittime dell’eutanasia è costituita dagli anziani, specialmente invalidi e non più autosufficienti. Un atteggiamento diverso, di accoglienza e di amore, nei loro confronti ha nella famiglia il terreno privilegiato per attecchire e diffondersi (cf. Familiaris Consortio, 27).

Gli atteggiamenti contrari a quelli sopra accennati circa la vita, la sofferenza e la morte, che predispongono il terreno all’eutanasia, possono ordinariamente essere assunti e convintamente portati avanti solo sulla base di un’educazione familiare appropriata.

Si può dunque concludere che passa principalmente attraverso la famiglia una ripresa efficace dell’annuncio cristiano sul valore della vita, di ogni vita umana, anche di quella gravemente handicappata, fiaccata dall’età, o straziata dalla sofferenza.

6. Mi compiaccio con l’Università Cattolica del Sacro Cuore per aver dedicato queste giornate di studio a un argomento così stimolante e insieme impegnativo, che vi ha dato modo di approfondire le antinomie della presente società tanto contraddittoria, ma anche tanto desiderosa di autenticità e sensibile verso i problemi che travagliano l’uomo. Sono certo che voi, unendo alla sensibilità di intellettuali la volontà di verificare gli avvenimenti alla luce del Vangelo, avvertirete il dovere di essere in questa società come luce che brilla sul candelabro e come sale che dà sapore e preserva dalla corruzione (cf. Mt 5, 14). Del resto, gli argomenti sviluppati durante il congresso testimoniano chiaramente di questa vostra ansia e di questa generosità.

Nutro fiducia che voi rivolgerete particolare attenzione ai punti che ho creduto utile toccare, sia pure fugacemente, e saprete trovare il modo di continuare ad interessarvi a questo argomento al fine di apportarvi il vostro contributo di chiarificazione. Accompagno i vostri sforzi con la mia preghiera, mentre a tutti di cuore impartisco la mia affettuosa benedizione apostolica.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 


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