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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
 NEL VII ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI PAOLO VI E
NEL XL DEL LANCIO DELLA BOMBA ATOMICA SU HIROSCIMA

Castel Gandolfo - Martedì, 6 agosto 1985

 

1. In questo giorno in cui la liturgia celebra la Trasfigurazione del Signore, noi siamo qui raccolti per meditare su tale mistero e sentiamo risuonare nella pagina evangelica le parole del Padre: “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!” (Mc 9, 7). Da duemila anni la Chiesa, ubbidiente a questo comando, resta in ascolto del “Figlio dell’uomo”, nel quale riconosce il suo Signore. Da duemila anni essa, camminando per le strade del mondo, si fa Banditrice del suo Vangelo in mezzo agli uomini.

2. Del messaggio evangelico fu testimone impavido e annunciatore instancabile il grande pontefice che, proprio in questo giorno della Trasfigurazione, sette anni or sono, chiuse gli occhi alla luce di questo mondo per aprirli a quella del cielo, Il Papa Paolo VI capì in modo eccezionale il dramma dell’uomo moderno e ne condivise le tensioni, i problemi, le angosce. In particolare egli seppe farsi interprete delle sue attese di sicurezza e di pace. Fu proprio la causa della pace che egli andò a perorare, nel 1965, davanti all’Assemblea delle Nazioni Unite e fu per stimolare nei Capi delle Nazioni e nei singoli cittadini la consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti della pace che egli avviò la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, illustrando via via le prerogative di questo fondamentale bene dell’uomo, basato sul rispetto della dignità della persona, della sua libertà e del suo trascendente destino.

3. Parlando di pace, è spontaneo, questa mattina, riandare col pensiero alla tragica esperienza di Hiroshima, di cui proprio oggi ricorre il 40° anniversario, e a quella di Nagasaki, che seguì alla distanza di tre giorni.

Il ricordo del passato deve tradursi in un più consapevole e generoso impegno per il futuro. La celebrazione di un anniversario come questo non avrebbe senso se non si trasformasse per la generazione di oggi in un’opportunità di riflessione sugli errori di quella di ieri, allo scopo di evitare sbagli anche peggiori per il domani. Su questo devono riflettere soprattutto i giovani, perché il futuro sta nelle loro mani. Sappiano essi ascoltare il Cristo ormai definitivamente trasfigurato nello splendore della risurrezione, e farsi banditori del suo messaggio in mezzo al mondo, perché la convivenza umana s’orienti decisamente verso quel traguardo che il Papa Paolo VI, profeticamente, le indicò: la costruzione della “civiltà dell’amore”.

Con questi pensieri e sentimenti ci disponiamo a partecipare a questa celebrazione eucaristica.



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