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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GRUPPI DELLA GAM

Domenica, 7 dicembre 1986

 

Vi ringrazio per questo incontro e per i programmi (parole e musica) che avete preparato. Siete diversi gruppi, ma tutti uniti nella comunità della vostra parrocchia. In un certo senso ci conosciamo già, nessuno di voi può pensare che il Papa non sappia cosa vuol dire Gam, o cosa vuol dire Comunità di Sant’Egidio. Ci conosciamo e ci incontriamo spesso a Roma e nelle parrocchie romane. Noto sempre lo stesso entusiasmo. Ciò che vi unisce sono soprattutto i canti, e io dai canti capisco a nome di quali gruppi parlate. Ecco allora che non c’è bisogno che io vi dica molte cose. Le avete già dette voi stessi e questo tipo di incontro è una cosa buona, nel senso che si svolge attraverso le vostre testimonianze: è molto più efficace che non quando si ascolta la parola di un solo oratore, fosse anche il Papa. Vorrei solo ricordare, non posso non ricordarlo a una settimana dal mio ritorno, i tanti e diversi gruppi di giovani che ho incontrato e con cui ho preso contatto nell’ultimo viaggio nello Estremo Oriente. Ricordo i giovani delle Figi, della Nuova Zelanda (in particolare quelli di Auckland), e poi i giovani delle diverse città australiane: di Sydney, di Melbourne e di altri luoghi. Ebbene vorrei salutarvi anzitutto a nome di questi giovani che vivono tanti chilometri lontano.

Non vi conoscono, questi giovani, ma si sentono uniti a voi nella stessa fede, uniti dalla stessa giovinezza. I giovani sono una componente un po’ speciale della popolazione del mondo, e anche della Chiesa. Penso che questo legame che io avverto tanto profondamente tra i giovani dei Paesi che ho visitato e tra voi, giovani romani, è un legame molto forte. E poi tra quei giovani ne ho incontrati tanti di origine italiana. Forse, ormai, australiani o neo-zelandesi, ma essi portano ancora nel cuore la fedeltà spirituale nei confronti del Paese, della popolazione, della Chiesa originaria. Così si sentono ancora legati ai giovani italiani e specialmente ai giovani romani. E voi, per tutto quello di cui avete offerto testimonianza, dimostrate che state facendo un cammino comunitario, come Cristo vi ha insegnato. Infatti, Cristo non ci ha insegnato solo una religiosità individualistica, intimistica, ma ci ha insegnato a vivere una religiosità comunitaria. Ha creato una comunità tra i suoi discepoli, i suoi apostoli e ha offerto così il modello permanente per tutta la Chiesa, in ogni epoca. Voi giovani avete bisogno di questa comunione, e direi che avete bisogno di comunioni diverse, in un certo senso specializzate, come per esempio i gruppi della Gam e della Sant’Egidio. Infatti questi gruppi giovanili si completano tra loro attraverso i diversi carismi e sono tutti necessari nella comunità della Chiesa, per il bene comune, per il bene del popolo di Dio che vive a Roma.

Per concludere vorrei dirvi che durante il tempo d’Avvento avvertiamo soprattutto la presenza della Vergine, venerata con l’appellativo di “Stella maris”. Nella nostra vita infatti ci troviamo come nel mezzo del mare. Certo, viviamo sulla terra, ma le onde del mare ci richiamano, per analogia, il mare della vita, attraversato da diverse onde. Su queste onde camminiamo e abbiamo bisogno di una stella che ci guidi. Maria è questa stella e illumina profondamente la vita dell’uomo. Maria Vergine ha questo suo carisma, anzi, si può dire, un supercarisma, quello di essere Madre di Cristo, Madre della Chiesa e di tutti gli uomini. Sa scrutare e illuminare i cuori, sa lenire le sofferenze e sa aiutare. Sono contento di avere incontrato una gioventù molto devota alla Vergine Madre di Cristo, una gioventù mariana che vive continuamente una spiritualità mariana. Vi auguro di camminare avendo sempre nel cuore e negli occhi la Stella Maris di tutta l’umanità. Dio ha dato a tutta l’umanità, prima della nascita di Cristo, questa stella che brilla nelle tenebre del mondo. Che brilli sempre nei vostri occhi e nei vostri cuori la “Stella maris”, Madre di Cristo, Madre nostra. Vi benedico.

 

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