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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN PELLEGRINAGGIO DELLA ROMAGNA

Sabato, 11 ottobre 1986

 

Cari confratelli nell’episcopato, carissimi fratelli e sorelle di Romagna!

Siate i benvenuti a questa speciale udienza. Ringrazio l’arcivescovo mons. Ersilio Tonini e il sindaco di Ravenna per le parole che mi hanno rivolto, interpretando i comuni sentimenti. Saluto tutti i vescovi di Romagna e le autorità civili qui presenti: i signori prefetti e i presidenti delle amministrazioni provinciali di Ravenna e Forlì, i sindaci delle varie città e voi, sacerdoti di Romagna, che avete qui accompagnato i vostri fedeli.

Sono lieto di accogliervi tutti qui in Vaticano con la stessa viva cordialità con la quale la Romagna ha accolto me nei felici giorni della mia visita pastorale. Vi saluto tutti con intenso affetto, e mi rivolgo con particolare sentimento di commozione agli ammalati che hanno voluto unirsi a questo vostro pellegrinaggio a Roma per restituirmi la visita compiuta alla vostra terra.

Passano nella mia mente i luoghi e gli incontri avuti a Forlì, Cesena, Imola, Faenza e Brisighella, Ravenna e Cervia; come non dimentico il viaggio compiuto precedentemente a Rimini e anche quello a San Marino. La comunicativa spontanea che s’è creata nel corso di quel pellegrinaggio è per me un ricordo carissimo. E non solo ricordo: vi posso confidare che vedo la Romagna come un grande motivo di speranza. Confido che essa vorrà aiutarmi nell’impegno che mi sono assunto fin dall’inizio del mio pontificato: preparare la Chiesa e l’umanità al terzo millennio. La Romagna non è ricca solo di grandi tradizioni religiose, civili, culturali: basti qui ricordare la figura di Ambrogio Traversari, grande umanista e religioso esemplare, al quale il comune di Portico si onora di aver dato i natali sei secoli or sono. Nella vostra Regione ho trovato, tuttora vive, abbondanti energie spirituali che possono ben costituire una ricca fonte di bene per il prossimo futuro. Questa è l’ora per convocare tali energie, orientarle e sospingerle all’azione entro la vita della Chiesa e della comunità civile. È quel che mi sono proposto nella mia visita alla Romagna. Preparare il futuro, vi dissi allora, per la Chiesa è un dovere fondamentale. E poiché il futuro di ogni società sono i ragazzi e i giovani, appare evidente che l’impegno educativo è un compito imprescindibile per l’intera Chiesa in ogni tempo e per ogni credente in Cristo.

2. Questo, che del resto è già iniziato, è un tempo che non ha modelli dietro di sé. Ciò che attende la gioventù di oggi è qualcosa di nuovo, con possibilità imprevedibili sia nel bene come nel male. La Chiesa di oggi non può non rendersi conto che deve essere madre di una generazione destinata ad affrontare e decidere la sfida di una civiltà: una delle prove più ardue della storia umana. La formazione dei ragazzi presenta oggi esigenze enormi. Essi sono chiamati a vivere nell’epoca dell’informatica e dei satelliti, delle tecnologie più raffinate, entro strutture economiche e sociali estremamente complesse e fra contrasti stridenti, tra esigenze di ideali e permissivismo, tra ricchezze smisurate e umilianti miserie. In questo quadro la missione educativa viene ad assumere per la comunità cattolica un’urgenza unica, tale da rendere indispensabile la concentrazione attorno ad essa del meglio di tutte le risorse della comunità: spirituali, pedagogiche ed economiche.

3. Tutto questo i vostri vescovi hanno intuito quando hanno deciso di estendere ai preadolescenti la stessa attenzione che fin qui la comunità cristiana aveva dedicato ai fanciulli della prima comunione e della cresima. Io li ringrazio di gran cuore e desidero sottolineare la loro scelta pastorale con alcune riflessioni.

Molto del futuro della Chiesa è legato alla continuità educativa. Il distaccarsi dei ragazzi dalla vita della comunità cristiana subito dopo la cresima costituisce una grave frattura per la vita del singolo ed è la causa maggiore della debolezza che si riscontra in troppe parrocchie. Se riusciremo a eliminare questo distacco, sorgerà per la Chiesa una nuova vitalità. Ricorderete quel che ho detto ai giovani riuniti a Ravenna: voi avete il diritto di non sbagliare nella destinazione della vostra vita. Ora, quella destinazione inizia già nell’adolescenza. È lì che la mente si muove in proprio, s’interroga, scopre la verità, si fa più pienamente capace di scelta fra bene e male, è ancora lì che nascono gli entusiasmi e le repulsioni, si consolida la formazione alla virtù o ai vizi che segnano il carattere. In una parola: lì si gettano le fondamenta della personalità. Ma l’adolescenza è anche l’età più complessa e indefinita, più esposta alla pressione dell’ambiente. Proprio per questo sono gli adolescenti ad avere maggiori diritti nei confronti della comunità cristiana, la quale deve dunque proiettare su quest’età una singolare sollecitudine e attenzione.

4. La Chiesa in questo campo ha dinanzi a sé straordinarie esperienze, grazie alla moltitudine di apostoli che dei ragazzi hanno fatto la ragione della propria esistenza. A loro la Chiesa deve la sua rifioritura in tutti i settori, particolarmente in quello missionario. Lo sforzo educativo che io vi chiedo, deve essere sentito come un impegno d’onore delle vostre comunità ecclesiali, impegno da assumere come punto centrale attorno al quale si protende l’attività pastorale delle parrocchie, dei gruppi, dei vicariati e delle diocesi.

Desidero ricordarvi che, insieme alla cura dei poveri, che già suscita fra di voi tante iniziative generose, l’impegno formativo è compito particolarmente gradito a Dio. Per una Chiesa locale, per una parrocchia, per un sacerdote, per una famiglia ci può essere ambizione più pura e più alta di quella di presentare a Dio delle esistenze che si sono aperte al suo amore fin dal primo inizio con disponibilità totale? E c’è regalo più grande che aiutare un uomo a porre le basi sicure su cui costruire poi pietra su pietra l’edificio dell’intera esistenza? Permettetemi dunque di incoraggiarvi a far convergere qui le vostre preoccupazioni, esortandovi ad esprimere in ciò il vostro amore a Dio e alla Chiesa.

5. Occorre intensificare l’impegno per la formazione di personalità robuste e serene, maturate nella conquista di un’autentica e interiore libertà cristiana. Questa richiede una formazione religiosa profonda e motivata, che introduca a un rapporto personale con Dio Padre. È questa esperienza interiore che fa comprendere il valore sommo di essere persona umana. Si tratta di un momento di enorme portata per il singolo e per la società. Occorre perciò che l’intera comunità ecclesiale si impegni in uno sforzo di catechesi intelligente e sistematica, organizzata in modo capillare su tutto il territorio, così da raggiungere ogni adolescente e sostenerlo nel suo cammino di crescita verso la piena maturità.

È in questo clima di “tensione morale” che può farsi meglio sentire la chiamata di Dio alle diverse forme di testimonianza cristiana nel mondo; è in questo clima che può, in particolare, fiorire la vocazione al dono di sé senza riserva nella consacrazione a Dio per il servizio del Regno. Il futuro della Chiesa anche nella vostra Regione dipende dalla risposta che sapranno dare i giovani al “vieni e seguimi” con cui Cristo continua ad attrarre a sé i cuori generosi. Ma la risposta dei giovani dipende, a sua volta, dal sostegno con cui l’intera comunità diocesana saprà confortare un “sì” che occorre ogni giorno riconfermare.

6. Con questi pensieri e con questo augurio, che vi affido come ricordo dell’odierno incontro che rinnova la letizia delle giornate passate in Romagna, raccomando tutti voi alla protezione della Madonna che venerate sotto tanti bei titoli e in così suggestivi santuari. Sia la Vergine santa colei che vi guida nell’impresa sublime della formazione delle nuove generazioni. Sia la Madre di Cristo colei che vi assiste nel rivelare ai cuori dei giovani le cose meravigliose che Dio può e vuole compiere in loro. Sia la Vergine santa colei che per voi intercede affinché non manchi tra le nuove generazioni chi si consacra alla predicazione del Vangelo e alle opere di carità in favore degli umili, dei poveri, dei sofferenti.

A tutti voi, alle vostre famiglie, all’intera Romagna, in particolare ai ragazzi e ai giovani, che ho incontrato a schiere nel mio viaggio e i cui volti gioiosi porto indelebilmente nel cuore, volentieri imparto la mia benedizione, invocando l’aiuto del Signore sui vostri buoni propositi e soprattutto sul vostro lavoro.

 

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