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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI
AD UNA CONFERENZA INTERNAZIONALE SUI FARMACI

Aula del Sinodo - Venerdì, 24 ottobre 1986

 

Monsignore, signore, signori.

1. Saluto con gioia voi tutti partecipanti a questa conferenza internazionale che testimonia una volta di più l’importanza che la Chiesa accorda al servizio dei malati, di coloro che soffrono, e a tutti coloro che operano nel vasto campo delicato e complesso della sanità e dell’igiene. È un aspetto dell’apostolato che fa parte integrante della missione della Chiesa.

Questa Conferenza è rappresentativa dell’attività della Commissione Pontificia per la pastorale degli operatori sanitari, e sono felice di cogliere quest’occasione per congratularmi e ringraziare il suo presidente, il card. Eduardo Pironio, il suo pro-presidente mons. Fiorenzo Angelini e i loro collaboratori. In un mondo in cui la concezione stessa dei servizi socio-sanitari si evolve considerevolmente, e nel quale ci si accorge che essi hanno dei coinvolgimenti sempre più complessi, è stato indispensabile coordinare e promuovere la presenza della Chiesa. Questa Conferenza ne è la prova, come anche le altre iniziative che sono state prese e sono in via di realizzazione tra le quali voglio menzionare il vasto censimento di tutte le strutture sanitarie della Chiesa; così prendiamo meglio coscienza dell’estensione e delle ramificazioni capillari di questa presenza e di questo servizio in favore della persona umana sottomessa alla prova particolare della malattia psicofisica.

2. La scelta del tema centrale di questa Conferenza mi sembra anch’esso molto appropriato. Le medicine sono infatti il mezzo con il quale il medico può non solo curare ma anche prevenire alcune malattie. Un gran numero di quelle che in passato decimavano le popolazioni, sono oggi in gran parte scomparse. Altre possono essere curate molto più efficacemente. I bambini sono più raramente colpiti dalle terribili deformazioni della poliomielite e del rachitismo. La chirurgia, grazie a un apporto farmacologico sempre più adatto, ha potuto conoscere progressi straordinari. La durata media della vita è notevolmente aumentata. Tutto ciò lo dobbiamo soprattutto ai sieri e ai vaccini e a molte altre medicine, oggi a nostra disposizione. Almeno ciò vale per i paesi sviluppati.

3. Tuttavia se è vero che le medicine hanno portato immensi benefici all’umanità, esse hanno però sollevato gravi problemi, in parte non risolti, a proposito della loro elaborazione, della loro diffusione, del loro uso e della loro accessibilità a tutti gli ammalati qualunque sia l’ambiente sociale o il paese al quale essi appartengono. La messa a punto della fabbricazione delle medicine è sempre più complessa e costosa e ciò ha delle conseguenze economiche e sociali evidenti. Le medicine possono stimolare o al contrario reprimere le funzioni dei diversi organi o tessuti, o ancora l’attività mentale. Queste caratteristiche le rendono utili per accrescere la resistenza alle malattie o per frenare lo sviluppo di altre. È vero che talvolta ci si può interrogare sull’opportunità per l’equilibrio dell’organismo umano, di una sovraconsumazione di questi prodotti artificiali, in alcuni paesi e secondo la tendenza di alcuni medici. Ma soprattutto le medicine possono anche essere impiegate con uno scopo non più terapeutico ma per alterare le leggi della natura nella distruzione della dignità della persona umana. È quindi chiaro che l’elaborazione, la distruzione e l’uso delle medicine devono essere sottomesse a un codice morale particolarmente rigoroso. Rispettare questo codice è il solo mezzo per evitare che le esigenze legate alla produzione e al costo delle medicine, in sé legittime e importanti per la diffusione, non le distolgano dal loro senso e dal loro fine.

4. Nel corso del vostro Congresso rivolgete la vostra attenzione al problema della sperimentazione delle medicine. Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è possibile prevedere con sufficiente precisione le proprietà e le caratteristiche delle nuove medicine. Prima di essere utilizzate come terapia, esse devono essere provate su animali da laboratorio. Rivolgendomi ai partecipanti della Settimana di studi sulla sperimentazione biologica, che si è svolta nel 1982 presso la Pontificia Accademia delle scienze, avevo già sottolineato che questa sperimentazione è delicata e che deve effettuarsi nel rispetto dell’animale, senza infliggergli inutili sofferenze. In un secondo stadio, prima di poter essere utilizzate normalmente è necessario ancora che le medicine siano sottoposte a test sull’uomo o sull’ammalato e talvolta sulla persona in buona salute. La sperimentazione clinica è già sottomessa a delle leggi e a delle norme che regolamentano e vogliono offrire tutte le garanzie possibili. Verrà un giorno in cui grazie al progresso delle conoscenze scientifiche, i rischi e le incognite in materia di sperimentazione dei farmaci saranno notevolmente ridotti, lo si può almeno sperare. Ma, in ogni modo, una grande prudenza si rivela necessaria per non fare mai dell’uomo un oggetto di sperimentazione per evitare a ogni prezzo di mettere in pericolo la sua vita, il suo equilibrio, la sua salute o aggravare il suo male.

5. È urgente, al tempo stesso, promuovere una reale collaborazione internazionale, non solo sul piano normativo, ma anche con lo scopo di ridurre e di eliminare le differenze che esistono tra un paese e l’altro.

Tra i problemi rimasti ancora oggi senza soluzione, vorrei ricordare quelli che riguardano la situazione di alcuni paesi in via di sviluppo. Anche se l’accesso all’assistenza sanitaria è riconosciuto come un diritto fondamentale dell’uomo, larghe porzioni di umanità sono ancora prive delle cure mediche anche più elementari. È un problema di una tale ampiezza che gli sforzi individuali, per quanto siano preziosi e insostituibili, appaiono insufficienti. Adesso è necessario cercare di lavorare assolutamente insieme, per coordinare a livello internazionale, la politica d’intervento e quindi le iniziative concrete. Sappiamo quanto l’Organizzazione mondiale della sanità e molte altre associazioni e iniziative siano impegnate a manifestare una solidarietà senza frontiere.

I paesi sviluppati hanno il dovere di mettere a disposizione di quelli che lo sono meno, la loro esperienza, la loro tecnologia e una parte delle loro ricchezze economiche. Ma è possibile solo nel rispetto della dignità umana degli altri senza mai volersi imporre. La protezione della salute è strettamente legata ai differenti aspetti della vita: sia che si tratti degli aspetti economici o sociali che di quelli che hanno attinto dall’ambiente o dalla cultura. Essa richiede per lo meno un approccio prudente e responsabile, in una collaborazione aperta e reciproca. Poiché capita frequentemente che le tradizioni locali offrano dei punti d’appoggio preziosi che è bene tenere presenti. I cristiani comprendono che si tratta di un terreno importante di collaborazione fraterna, di servizio umile e rispettoso.

6. In questo contesto non possiamo dimenticare che esistono ancora dei farmaci che per delle ragioni quasi unicamente commerciali non sono seriamente presi in considerazione e non beneficiano delle ricerche e del progresso scientifico. Ora essi sono necessari non solo per il trattamento di alcune malattie, ma anche per quelle che, soprattutto nelle zone tropicali e povere, colpiscono milioni di persone. A questo proposito bisogna in primo luogo discernere gli obiettivi e il loro ordine di priorità, poi vedere come le barriere economiche e politiche che intralciano la ricerca, l’elaborazione e la produzione di queste medicine potrebbero essere superate.

7. A tutti coloro che operano nei servizi della sanità e che devono affrontare questi difficili e complessi problemi vorrei ribadire l’incoraggiamento della Chiesa. È nostra convinzione che la dottrina della Chiesa porti a questo settore un contributo molto importante. Essa offre dei principi sicuri per orientare verso soluzioni che garantiscono la dignità della persona, sostengano il suo progresso morale e sociale, sviluppino la solidarietà e in questo senso essa porta una luce e una speranza a coloro che hanno dei dubbi, delle domande angoscianti o lo scoraggiamento nei riguardi della penosa situazione degli ammalati e degli infermi.

Da un lato la Chiesa condivide con gli ammalati il desiderio di guarigione, di sollievo e la loro speranza di una pienezza di vita. Essa rispetta anche il mistero della loro sofferenza e li invita, soprattutto se hanno una fede, a collocare la loro prova nel progetto di Dio, nel disegno della redenzione, in unione con Cristo Salvatore, che offre un’occasione di elevazione spirituale e di offerta nell’amore, per la salvezza del mondo. È un mistero di cui possono beneficiare anche coloro che li curano. Ho spesso l’occasione di parlarne agli ammalati.

Dall’altro, questo mondo immenso della malattia è nello stesso tempo una sfida offerta alle vostre capacità di medici, di farmacisti, di scienziati, perché sappiate trovare una soluzione scientifica e umana al problema della sanità, in tutti gli aspetti che essa riveste. Visitando recentemente gli ammalati e coloro che si prodigano nel curarli, nella chiesa primaziale di San Giovanni a Lione (5 ottobre 1986), ho incoraggiato in questo senso la ricerca scientifica e mi sono congratulato con quelli che sono i cooperatori di Dio nella difesa della vita dei loro fratelli e sorelle, come il buon samaritano del Vangelo. Sì, la Chiesa non solo ha costantemente stimolato, nello spirito dell’insegnamento di Gesù, la creazione di opere di misericordia per gli ammalati, ma essa vuole favorire il progresso tecnico, l’ampliamento delle conoscenze, il loro saggio impiego al servizio dell’uomo. Lungi dal fermarsi alle legittime attese del mondo contemporaneo, il cristianesimo le mette in risalto e contribuisce a dar loro una risposta. Che questa certezza vi accompagni sempre e rinforzi il vostro impegno, qualunque sia il livello della vostra attività nei servizi della sanità! È Dio che ci ha dato l’intelligenza e il cuore per scoprire meglio e mettere in atto ciò che contiene e sviluppa la vita dell’organismo umano, espressione della persona: che egli vi rinfranchi nella vostra ricerca, nel vostro servizio professionale, e colmi delle sue benedizioni le vostre persone, le vostre famiglie e coloro che vi sono cari.

 

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