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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI TERAMO-ATRI

Sabato, 25 ottobre 1986

 

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Teramo-Atri!

1. Sono veramente lieto di poter esaudire quest’oggi il vostro desiderio di restituire in quest’aula la visita che ebbi la gioia di compiere nelle vostre comunità ecclesiali di Atri, di San Gabriele e di Teramo il 30 giugno 1985: siate tutti benvenuti! Vi vedo in gran numero. E i vostri volti gioiosi e festanti mi richiamano alla mente le vibranti manifestazioni di fede e di calore umano dimostrate nelle varie tappe della mia visita pastorale, ma soprattutto durante la Celebrazione eucaristica in Teramo, alla quale prese parte una fiumana di popolo colà convenuto, oltre che dalla città, anche dalle piccole ma fervide comunità parrocchiali del suggestivo Appennino abruzzese, dalle sottostanti ridenti colline e soprattutto dalla popolosa fascia del litorale adriatico.

In quella circostanza ho potuto costatare come fede religiosa e bontà d’animo caratterizzino le vostre tradizioni cristiane e il vostro costume di vita, forte e gentile: siate sempre fieri della vostra terra generosa, non per campanilismo, ma per quell’affetto che ogni persona deve avere per le proprie radici storiche e geografiche. Dovunque veniate a trovarvi perciò non mancate di testimoniare la “fede antica”, da cui sono state profondamente segnate le comunità cristiane vissute nella vetusta “Interamnia Praetutiorum”.

Saluto tutti con particolare affetto: anzitutto il vescovo Abele Conigli, che ringrazio per le parole con cui ha aperto questo incontro familiare; le autorità civili, che si sono unite al pellegrinaggio, tra cui sono i signori sindaci delle rispettive città da me visitate; esprimo un cordiale pensiero ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai rappresentanti dei movimenti ecclesiali che furono presenti non solo al santuario di San Gabriele, dove ci fu un appuntamento tutto per loro, ma anche nelle altre tappe. Ai cari giovani, poi, cui la Chiesa aprutina guarda con fiducia per il suo futuro, ripeto con forza quanto ebbi a dire loro ai piedi del Gran Sasso: “Riscoprite le radici della gioia, cioè della buona novella recata sulla terra dalla venuta di Gesù. Ai fratelli e alle sorelle che in un modo o nell’altro attendono una vostra parola, un vostro sorriso e la vostra amicizia, non fate mancare la vostra presenza, non rifiutate la vostra gioia e le ragioni della vostra speranza”.

2. L’occasione della visita a Teramo fu offerta, come voi ben sapete, dalla celebrazione del 50° anniversario del Congresso eucaristico nazionale svoltosi nella vostra città nel 1935. Il fervore suscitato da quel grande evento ecclesiale, che raccolse numerosi fedeli intorno a Gesù eucaristico sul tema “Riconciliati e uniti nello spezzare il pane” non deve affievolirsi o venir meno col tempo, ma accrescersi e portare frutti e segnare un’impronta indelebile nel cammino di fede della vostra comunità cristiana. L’Eucaristia costituisce il cuore della diocesi, essendo in essa “racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create” (Presbyterorum Ordinis, 5). E come tale l’Eucaristia fa la Chiesa, aggrega e unisce nel vincolo dell’amore e della speranza. Essa è stata istituita perché diventiamo fratelli; viene celebrata perché, da estranei e indifferenti gli uni agli altri, diventiamo uniti, eguali e amici; è data, perché da massa apatica e fra sé divisa, se non avversaria, diventiamo un popolo che ha “un cuore solo e un’anima sola” (At 4, 32).

Sì, l’Eucaristia ci riconcilia e ci unisce! Perché non cessa di insegnare il segreto del rapporto comunitario e l’importanza di un’etica fondata sull’amore, sulla generosità, sul perdono, sulla fiducia nella persona del prossimo, sulla gratitudine. L’Eucaristia infatti, che significa rendimento di grazie, ci fa percepire l’esigenza del ringraziamento: ci fa capire che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35), ci insegna a dare il primato all’amore nei confronti della giustizia; a saper ringraziare sempre, anche quando ci viene dato ciò che ci è dovuto di diritto. Il culto eucaristico ci insegna anche la giusta scala dei valori: a non mettere in primo piano le realtà terrene, ma i beni celesti; ad aver fame non solamente del cibo materiale, ma anche di quello “che dura per la vita eterna” (Gv 6, 27). Ricorderete a questo proposito la solenne affermazione del Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 3; cf. Dt 8, 3).

3. So che nella vostra comunità diocesana esiste una sentita spiritualità eucaristica, ereditata dal Congresso nazionale e che trova il suo privilegiato punto di riferimento nella Chiesa dell’Annunziata in Teramo, dove i fedeli si raccolgono per l’adorazione perpetua del santissimo Sacramento.

Ma perché tale spiritualità sia sempre più illuminata e irrobustita occorre una catechesi appropriata e aggiornata nei metodi di insegnamento. Come afferma il Concilio, il culto eucaristico “è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (Sacrosanctum Concilium, 10). Per arrivare più consapevolmente a questo vertice è necessaria una vasta opera di rievangelizzazione in tutti gli ambienti, specie quelli che sembrano indifferenti o ostili al messaggio religioso. Occorre non stancarsi nel continuo tentativo di accostare la parola di Dio alla vita umana, affinché questa vi trovi la propria salvezza; nell’apprendere l’arte di diffondere, di spiegare e di proporzionare la dottrina del Signore alla mente degli uomini e delle donne di oggi. Ogni pastore, catechista, predicatore e operatore pastorale deve sforzarsi di presentare l’insegnamento della religione in termini adeguati, che tengano conto dell’età, dell’indole e della cultura di coloro che vengono istruiti.

Sta a voi promuovere questa urgente opera di animazione cristiana fra tutte le categorie di persone della vostra diocesi sull’esempio di Gesù Maestro, che gli evangelisti ci presentano nell’atto di insegnare in ogni luogo e in ogni tempo: “Di nuovo le folle si radunavano intorno a lui, ed egli, come era solito, di nuovo li ammaestrava”; “ed essi erano colpiti dal suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorità” (Mc 10, 1; 1, 22).

A questa scuola deve attenersi ogni cristiano di buona volontà, perché la fede si trasmette da persona a persona; ma soprattutto voi, sacerdoti, che siete stati ufficialmente deputati alla cura delle anime. Come ho detto nell’esortazione apostolica Catechesi Tradendae (n. 64), “la Chiesa attende da voi che non trascuriate nulla in ordine a un’opera catechetica ben strutturata e ben orientata”. A questa scuola dovete ispirarvi, in particolare, voi, religiosi e religiose: la vostra consacrazione al Signore vi renda ancor più disponibili al servizio della Chiesa e vi prepari nel miglior modo possibile al compito catechetico, secondo le diverse vocazioni dei vostri Istituti e le missioni che vi sono affidate.

Anche a voi, catechisti laici, dico con le stesse parole della citata esortazione: “la vostra attività, spesso umile e nascosta, ma compiuta con zelo ardente e generoso, è una forma eminente di apostolato laicale” (Catechesi Tradendae, 66). Siate perseveranti e fedeli in questa nobile missione e sappiate trasfondervi tutta la vostra anima di ferventi cristiani. Non lasciatevi sfuggire alcuna occasione “opportuna e non opportuna” per annunziare la Parola “con ogni magnanimità e dottrina” (2 Tm 4, 2), in maniera che non si abbia a ripetere su di voi l’antico lamento biblico: “I bambini chiedevano il pane e non c’era chi lo spezzasse loro” (Lam 4, 4).

4. Con questo impegno e con questo slancio missionario, destinato a ridare nuovo impulso a una capillare rievangelizzazione della vostra bella diocesi, darete un seguito concreto alle devote manifestazioni del Congresso Eucaristico. Esso segnerà non solo un luminoso punto di arrivo di tutta l’attività ecclesiale di questo periodo post-conciliare, ma anche un decisivo punto di partenza verso le soglie del terzo millennio, a cui la vostra Chiesa desidera giungere come comunità più unita e più consapevole del proprio ruolo nel piano divino della salvezza.

La Vergine santissima, tanto venerata nei vostri bei santuari mariani, sia la vostra Stella polare, il sicuro punto di riferimento nel vostro itinerario spirituale. Ella che vide il suo figlio Gesù “crescere in sapienza, età e grazia” (Lc 2, 52), vi faccia progredire sempre di più nella conoscenza e nell’adesione al Cristo, Redentore dell’uomo.

A conferma di questi voti, vi imparto la benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i vostri familiari, congiunti e amici.

 

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