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VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO A BUENOS AIRES*

 Sede della Nunziatura Apostolica - Buenos Aires
Lunedì, 6 aprile 1987

 

Eccellenze, Signore, Signori.

1. Mi è sommamente gradito poter incontrare gi voi, membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica Argentina, a distanza di poche ore dal mio arrivo in questa capitale. Nei miei viaggi apostolici, questo appuntamento costituisce ormai una tradizione che mi consente, in ogni paese, di incontrare i rappresentanti delle nazioni di tutto il mondo, che, con questa nobile e delicata missione, servite.

Ringrazio cordialmente il signor Nunzio Apostolico, Decano del Corpo Diplomatico, che si è fatto portavoce del vostro saluto di benvenuto oltre che qualificato interprete dei vostri sentimenti e desideri di contribuire all’armonia e alla concordia tra i popoli.

2. Questa visita ai paesi più meridionali del continente americano vuole essere, per quanto mi riguarda, quale pastore della Chiesa cattolica, che è universale, un servizio alla convivenza pacifica e solidale tra le nazioni.

In effetti, questo viaggio, nel quadro della missione pastorale, obbedisce tra gli altri ad un motivo di ordine internazionale, legato alla grande causa della pace: sono venuto per ringraziare Dio e per congratularmi con il popolo argentino e cileno, e con i governanti, per il felice esito della lunga controversia australe, che stava per provocare un conflitto armato. Animato unicamente dal desiderio di cooperare per la pace tra le nazioni, decisi di impegnare la Santa Sede in una azione di mediazione. Con questo stesso spirito sono venuto oggi per ringraziarvi e congratularmi con entrambi i paesi.

Argentina e Cile hanno dimostrato, in un momento difficile e complesso, che è possibile trovare una soluzione giusta e pacifica ai conflitti internazionali, quando esiste un’autentica volontà di pace e di reciproca comprensione. Questa volontà garantisce che vi siano le condizioni per un dialogo franco e costruttivo, in cui ogni parte, salvaguardando i propri diritti, interessi ed aspirazioni legittime, mostra comprensione ed apertura verso le posizioni dell’altra, per giungere così ad una soluzione negoziata. In questo modo i governanti si fanno interpreti dei profondi desideri di pace, che sono radicati nei cuori di tutti gli uomini di buona volontà, e aprono la strada alla necessaria cooperazione tra i loro paesi. Il Trattato di Pace e di Amicizia firmato dall’Argentina e dal Cile è una prova evidente di tutto ciò.

3. Il clima di autentica pace tra le nazioni non consiste nella semplice assenza di scontri armati, ma nella volontà cosciente e reale di cercare il bene di tutti i popoli, in modo che ogni Stato, nel definire la sua politica estera pensi soprattutto a dare un contributo specifico al bene comune internazionale. Per questo motivo, in occasione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, ho proposto il tema: “Sviluppo e solidarietà: due chiavi per la pace”.

Gli antichi egoismi nazionali o regionali e il sottosviluppo economico o culturale, rappresentano in realtà due gravi minacce per la pace, tra loro interdipendenti. Entrambe solo possono essere combattute e superate simultaneamente, in modo che lo sviluppo si trasformi in un’offerta di solidarietà fraterna (cf. Ioannis Puali PP. II, Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum, pro a. D. 1987, 7, die 8 dec. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1893).

La commissione pontificia Iustitia et pax, in un recente documento, ha richiamato l’attenzione della comunità internazionale su un problema che riflette l’urgenza e, allo stesso tempo, la radicalità di queste minacce alla pace: il debito con l’estero di molti paesi in via di sviluppo. È necessario sottoporre a giudizio etico l’indebitamento internazionale in modo da evidenziare le responsabilità di tutte le parti e la profonda interdipendenza mondiale del progresso dell’umanità. Se non si raggiunge uno sviluppo armonico ed adeguato per tutte le nazioni, solidalmente condiviso, non si potranno gettare le basi di una pace stabile e duratura.

4. Nel rivolgermi a voi, che rappresentate i legittimi interessi delle vostre rispettive nazioni, desidero ricordare nuovamente la necessità che la vostra missione si muova sempre nell’orizzonte di questi grandi ideali di pace, di giustizia e di solidarietà tra tutti i popoli. Nell’esercizio delle vostre funzioni come diplomatici, potrete contribuire a rafforzare i legami di comprensione e di concordia tra gli individui, i gruppi e le nazioni.

Questo è l’invito che oggi vi formulo in nome della Chiesa, che desidera continuare a diffondere dovunque il messaggio di Cristo, che è messaggio di pace e di amore. Argentina e Cile, unite da più di quattro secoli nella loro fede cristiana, hanno dimostrato che il Vangelo di Gesù Cristo è destinato a dare frutti di pace per il bene di tutta la famiglia umana.

Rinnovando la mia soddisfazione per questo incontro e il mio ringraziamento per la vostra presenza, chiedo all’Altissimo che benedica voi, le vostre famiglie e tutte le nazioni che voi rappresentate.


*L'Osservatore Romano 8.4.1987 p.7.

 

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