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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UNA RAPPRESENTANZA DELLA COMUNITÀ
POLACCA PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI

Sala del Concistoro - Giovedì, 24 dicembre 1987

 

Cari fratelli e sorelle, miei amatissimi compatrioti,

1. Ecco, nuovamente, nell’anno del Signore 1987, è arrivato il momento benedetto della cena della sera della vigilia. Momento di profonda verità interiore su Dio e sull’uomo, momento di riflessione religiosa e di commozione, momento di apertura al suo avvento, alla sua presenza.

L’incontro di oggi, come tutti gli analoghi incontri di vigilia sulla nostra terra patria e in tutta la Chiesa, si raccoglie attorno all’evento della notte di Betlemme, ad esso attinge ispirazione, forza e luce. Poiché nasce Cristo, colui che è venuto per rinnovare l’alleanza tra l’uomo e Dio.

In occasione della festività del Natale ci troviamo ogni anno di fronte al mistero di Dio che diviene uomo. È nato dalla Vergine Maria a Betlemme, per salvare l’uomo, per essere suo fratello, suo amico, per accompagnarlo nel suo itinerario umano sulla terra, per nutrirlo, per condurlo infine alla casa del Padre.

Davvero è infinito l’amore di Dio. Infinita è anche la dignità dell’uomo, dal momento in cui Dio diventa uomo. Contempliamo dunque con profonda devozione il Natale.

Guardiamo Maria Madre, il Bambinello avvolto nelle fasce e posto nella mangiatoia, Giuseppe, testimone e tutore di questo evento. Scrutiamo questo evento con gli occhi della fede e proviamo desiderio che esso occupi proprio il posto centrale all’interno del nostro essere e della nostra esistenza. Facciamo questo senza fretta, perché il Natale è l’inizio dell’evento che si realizzerà nella vita di Gesù per oltre 30 anni e diverrà pietra angolare della Chiesa, centro della storia umana, fonte e modello della unione dell’uomo con Dio.

2. Per questa ragione la festa del Natale, nella nostra tradizione cristiana e polacca, ha la funzione di ravvivare i vincoli di amore tra gli uomini. Desideriamo, almeno spiritualmente, restare fedeli a questa tradizione, spezzando l’“Oplatek”.

In questo momento così traboccante di significato e sentimento,

- nel momento in cui ritroviamo per così dire la nostra infanzia nella dimensione umana e divina,

- nel momento in cui si ravvivano in noi con particolare intensità, tanti eventi, azioni, uomini, legami, decisioni e impegni,

- nel momento in cui l’esperienza del passato si unisce al pensiero del presente,

- nel momento in cui la gioia diviene ancora più gioiosa, e il dolore è ancora più doloroso, pensiamo all’intera famiglia dell’uomo, alla Chiesa, alla nostra patria e a tutti i compatrioti, ovunque si trovino, vicini e lontani.

Come è grandioso il fatto conseguente all’Incarnazione del Verbo di Dio, per cui vi è incarnazione dell’amore in ogni buona azione, parola e servizio reso al prossimo. Perciò spezziamo la cialda oppure il pane, perché Dio si dona a noi sotto forma di pane. E questo è insieme segno che vogliamo testimoniare a noi stessi amore reciproco, dimenticare i rancori, vincere l’odio; che vogliamo persistere nella verità, nella grazia, nella pace e nell’amore comune.

3. Con questo segno, con questi auguri, desidero raggiungere almeno spiritualmente:

- tutti i sofferenti e i malati, quanti sono colpiti da angosce e ingiustizie di qualsivoglia genere,

- ai più bisognosi di aiuto e soprattutto di un cuore umano,

- ai genitori e figli, - a vescovi, sacerdoti e congregazioni religiose maschili e femminili,

- a quanti accolgono Cristo e a quanti non lo accolgono,

- a tutti i miei fratelli e sorelle in patria e fuori di essa.

4. Il particolare contenuto del nostro incontro di vigilia - che, nato da una esigenza di cuore, estendiamo a tutti gli ambienti, categorie e attività - diviene alla luce del mistero dell’Incarnazione tutto ciò che abbiamo vissuto e viviamo nella Chiesa, per grazia di Dio, nel corso di questo anno.

E allora intendo l’anno mariano, che - vissuto nello spirito dell’avvento - deve preparare la Chiesa e il mondo al terso millennio dell’era cristiana; intendo il Sinodo dei Vescovi che, accogliendo l’enorme eredità del Concilio Vaticano II, desidera indicare le strade della vita, della santità e della vocazione dei laici cattolici all’interno della Chiesa.

Quest’anno mi è stato dato inoltre di trovarmi per la terza volta nel mio itinerario di pellegrinaggio verso la mia patria, in occasione del Congresso Eucaristico nazionale, grazie al quale abbiamo potuto raccoglierci nella preghiera comune sulle conseguenze finali dell’Incarnazione: “Li amò sino alla fine” (Gv 13,1). E tramite questa cialda, pane eucaristico e al significato natio ad essa legato, la giornata odierna diviene ancor più significativa.

Mi è stato dato inoltre di incontrarmi, quest’anno, con la parte di polacchi che vivono all’estero più importante e più meritoria nel mondo, in occasione del mio pellegrinaggio di settembre negli Stati Uniti d’America e in Canada.

Infine, nel corso delle ultime settimane, ci sono state le visite alle “tombe e soglie apostoliche” dei miei fratelli Vescovi dalla Polonia. Tutti questi momenti benedetti di incontro, di preghiera e riflessione comune, le parole pronunciate in queste occasioni, arricchiscono la nostra odierna vigilia polacca e divengono il contenuto particolare dei nostri auguri per questo anno.

5. Questa vigilia polacca e contemporaneamente papale e vaticana, si caratterizza anche per questo, per il fatto cioè che sono qui presenti, secondo le loro possibilità, insieme ai pastori, i rappresentanti di singoli gruppi presenti fisicamente in Italia e cosiddetti “nuovi emigranti”.

Tramite voi, qui presenti, desidero inviare la cialda e i miei auguri per il Natale a tutti i miei compatrioti che si trattengono in alberghi, campi di accoglienza e in numerosi campeggi. A voi che provate numerose forme di solidarietà e amore, ma più spesso anche delusione e sofferenza e non di rado pure profonde umiliazioni. Che a tutti i vostri obbiettivi finali - anche terreni - vi conduca Cristo, che è “via, verità e vita” (Gv 14, 6). Attraverso la strada che avete scelto, non perdete - nonostante le numerose difficoltà - la vostra umanità, la vostra dignità. Non perdetevi. Non perdete la speranza. Non perdete la fede soprattutto in Dio che è fedele, ma anche la fede nel vostro prossimo.

Sui problemi morali collegati con l’emigrazione, che rientra nell’ambito ristretto dei diritti dell’uomo, ho parlato nella vigilia dello scorso anno e in numerose altre occasioni. Si tratta del resto di uno degli importanti capitoli del magistero cattolico sociale. Oggi, come pastore della Chiesa cattolica e contemporaneamente come vostro compatriota, parlo, più che a voi, a coloro che, ora in patria, prendono in considerazione una tale possibilità: non prendete con facilità decisioni difficili, decisioni tali da poter segnare o da condurre l’uomo anche al dramma. Assumetevi la pena di guardare le vostre vite difficili sotto il prisma della luce della notte di Betlemme, della luce della morte in croce e della resurrezione di Cristo. Ricordiamo tutti, quanti vivono in patria e quanti si sono trovati fuori da essa, che esistono multiformi sfere della nostra vita e cultura nazionale che hanno acquisito senso in modo particolare nelle situazioni più difficili. Che nessuno si senta esonerato da quest’opera di creazione - secondo le proprie forze. Ovunque si trovi. Su tutti incombe l’impegno di creare il bene della nostra comune patria.

6. Ringraziamo Dio, poiché il Verbo si è fatto carne, poiché il Figlio di Dio è divenuto uomo per noi e per tutti gli uomini.

Lo ringraziamo inoltre per la nostra umanità, per ogni nascita e rinnovamento dell’uomo in Cristo. E rivolgendoci l’un l’altro reciprocamente in questa notte benedetta e nel giorno di Natale, preghiamo Cristo neonato, tramite l’intercessione di sua Madre, perché la grazia di rinnovamento ci sia donata, grazia di pace, grazia di gioia e di rafforzamento. Affinché ogni comunità del popolo di Dio attinga abbondantemente alla sua fonte. Affinché i nostri fratelli e sorelle ricevano questa profondità e ricchezza della Redenzione donata tramite Cristo. Affinché l’uomo, rispondendo al dono della notte di Betlemme, sappia servirsi di questa libertà che, in mezzo a tutti i valori, riesce a scegliere Dio e a porlo a capo degli eventi di cui è protagonista. Affinché in questo modo ciascuno di noi, ogni uomo diventi sempre più uomo, vivendo secondo il progetto di Dio, in relazione a tutta la famiglia umana. Il progetto di Dio su ciascun uomo ci è stato svelato in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. In Cristo nato nella notte di Betlemme.

 

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