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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL’AUSTRIA IN VISITA
«AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 19 giugno 1987

 

Cari fratelli nell’Episcopato!

1. Nell’amore di Gesù Cristo, nostro Signore e Maestro, saluto voi, ai quali è dato il compito di Pastori per la Chiesa in Austria. L’incontro con voi in occasione della vostra visita “ad limina” mi ricorda con gioia la mia visita pastorale nel vostro paese nell’anno 1983. Allora potemmo vedere molti segni della vivacità della vostra Chiesa. Gli incontri di quei giorni ed il nostro comune pensiero alla missione della Chiesa nel mondo di oggi possono continuare ad improntare la vita religiosa nelle vostre comunità e rafforzare i vostri fedeli nella speranza cristiana. Vi ringrazio di cuore per il fraterno invito ad una visita pastorale. Mi rallegro già di questo e vi prego di portare i miei saluti ai cattolici e a tutti gli uomini nella vostra patria.

Inoltre ricordo in quest’incontro il Card. Konig, che dopo la sua ultima visita “ad limina” ha chiesto per motivi di età l’esonero dalla direzione dell’arcidiocesi di Vienna. Anche in questo luogo desidererei ringraziarlo cordialmente ancora una volta per l’azione vescovile pluriennale a servizio della Chiesa locale e della Santa Sede. Saluto altresì cordialmente il suo successore Arcivescovo Hans Herrmann Groer, e imploro per il suo servizio vescovile carico di responsabilità, che egli ha intrapreso con grande dedizione pastorale, lo speciale sostegno di Dio e la sua Benedizione. Il mio cordiale saluto e l’augurio di Benedizione valgono anche per il nuovo Vescovo militare Kostelecky e per il nuovo Vescovo ausiliario dell’arcidiocesi di Vienna Mons. Krenn.

 2. Cari Confratelli! La visita “ad limina” dei Vescovi è, per sua origine storica, in primo luogo un gesto di devozione, pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo nella città eterna. Corrisponde alla vostra chiamata quali successori degli Apostoli ed è insieme un ritorno spirituale e un ricordo delle origini e dell’essenza del vostro mandato vescovile. Dovete ritornare da qui ai vostri compiti pastorali rafforzati di nuovo, con nuovo coraggio e con nuova fiducia. Il rinnovato legame all’unità della Chiesa, che diviene visibile nel legame con Pietro e Paolo, era sottinteso già dall’inizio nella visita “ad limina”, visto che questa non era mai solo una visita alle tombe, a dei morti, ma includeva un incontro con i rappresentanti della Cattedra di Pietro. Così questo pellegrinaggio si è lentamente trasformato, con coerenza interiore, in un incontro regolare, prescritto canonicamente, dei Vescovi di tutti i paesi con il Vescovo di Roma, il Successore di Pietro, che il Concilio Vaticano Secondo indica come “principio e fondamento continui e visibili per l’unità delle moltitudini di Vescovi e credenti” (Lumen Gentium,  23). La comunione interiore, nel compito dei Pastori e nell’insegnamento, con gli Apostoli, di cui i Vescovi sono successori, include necessariamente la loro piena unità con il Successore dell’Apostolo Pietro che è in carica, che il Signore ha incaricato in maniera particolare di pascere il gregge di Dio e rafforzare i fratelli (cf. Gv 21, 15-18; Lc 22, 32).

Allo stesso punto della costituzione dogmatica Lumen Gentium anche il Concilio definisce i singoli Vescovi “Principio e fondamento dell’unità nelle loro Chiese locali, che sono costituite secondo il modello della Chiesa universale” (Lumen Gentium, n. 23). L’ufficio di Pietro e l’ufficio vescovile sono fondamentalmente al servizio dell’unità della Chiesa con la sua origine e dell’unità delle Chiese particolari e dei credenti tra loro. Proprio oggi, poiché le Chiese locali diventano in misura crescente coscienti della loro propria cultura e storia e desiderano integrare queste ancor di più nella vita ecclesiale, questo servizio acquisisce un sempre maggior significato. Ecco quindi l’urgente esortazione del Concilio Vaticano Secondo “Tutti i Vescovi devono . . . promuovere e difendere l’unità di fede e la comune disciplina dell’intera Chiesa ed educare i credenti all’amore al mistico Corpo di Cristo... conducendo le loro proprie Chiese in modo giusto come parte dell’intera Chiesa, essi contribuiscono attivamente al bene dell’intero mistico Corpo che è anche il Corpo della Chiesa” (Ivi). Così la visita “ad limina” è per i singoli Vescovi e per le conferenze dei Vescovi un’occasione per rendersi conto dell’azione nelle Chiese locali e orientare i loro compiti di Pastori verso la misura della Chiesa universale e delle più alte cariche di insegnamento.

3. Cari fratelli, nei vostri dialoghi avete parlato di gioie spirituali, ma anche di preoccupazioni che vi assillano. Ringrazio con voi Dio il datore di ogni bene, per la fedeltà di così tanti preti e persone consacrate al loro servizio per la disponibilità di un gran numero di laici cristiani nella condivisione della Chiesa, per la forza irradiante di gruppi e movimenti apostolici, per la solidarietà con i poveri nella patria e all’estero, e anche nei paesi del terzo mondo, per l’impegno alla missione nel mondo Nella Chiesa e nella società del vostro paese incontrate però anche grosse preoccupazioni e problemi: disoccupazione, che colpisce soprattutto i giovani; pericolo della natura come luogo di vita dell’uomo, la minaccia per il matrimonio e la famiglia, migliaia di attacchi contro gli esseri non ancora nati, calo della vita religiosa, diminuzione di vocazioni sacerdotali e monastiche, un crescente numero di abbandoni della Chiesa.

Certamente molti problemi della Chiesa e delle società austriache si accomunano a quelli di non pochi altri paesi. Comunque questa situazione non deve in alcun modo ridurre i vostri sforzi per un rinnovamento attraverso un rafforzato impegno pastorale. Al contrario! Di fronte ad una mancanza di fede e ad una secolarizzazione, che vanno man mano diffondendosi nel mondo di oggi, e che rendono sempre più gravose la vita e l’attività della Chiesa, quasi sfidandole, ogni cristiano e l’intera comunità ecclesiale sono chiamati a una più convincente testimonianza di Cristo e della Buona Novella. Ma anche qui vale come premessa per la credibilità di questa testimonianza al mondo l’esigenza di una unanimità, legata al tutto, quell’unità veramente teologica, per la quale il Signore ha pregato la sera prima del suo patire: “Tutti devono essere una cosa sola: come Tu Padre sei in me ed io in Te, essi devono essere una sola cosa, affinché il mondo creda che Tu mi hai mandato” (Gv 17, 21).

4. In questo spirito di vera unità cattolica evocato da Cristo, nella disponibilità che da là proviene ad una comprensione e ad un perdono reciproco sono da risolvere quelle difficoltà e quei conflitti che si sono presentati negli ultimi tempi nella Chiesa austriaca in relazione ad alcune nomine di Vescovi. Non solo il loro comportamento in quanto tale, ma soprattutto i nostri rapporti cristiani con essi richiedono una nostra particolare preoccupazione ed attenzione come Pastori e credenti, Vescovi, preti e laici. Vi prego di andare al fondo delle più profonde cause di questi conflitti e mettere in gioco la vostra forza spirituale per il superamento di essi.

Non dovete far sorgere nessun dubbio circa il diritto del Papa nella libera nomina dei Vescovi, diritto che si è andato delineando in maniera sempre più chiara nel corso della storia in una lotta per la libertà, l’unità e la cattolicità della Chiesa e -che fermo restando le regolamentazioni speciali delle singole Chiese particolari - è stato esplicitamente sottolineato dal nuovo codice ecclesiastico in conformità alle linee direttive del Concilio Vaticano II (CIC, can. 376, cf. Christus Dominus, 20). Questo sviluppo storico non soddisfa chi lo interpreta semplicemente a partire da categorie di potere. Esso è determinato ultimamente dalla responsabilità della testimonianza comune dell’unica fede. Infatti la storia dimostra che questo regolamento protegge la Chiesa dalla formazione di partiti e dalla supremazia di gruppi e assicura le nomine, che vengono attuate in base all’incarico spirituale dell’ufficio e per il bene comune della Chiesa. Gli ultimi decenni hanno mostrato ancor più chiaramente che proprio questa pratica ha reso possibile il sorgere di figure di Vescovi veramente legate al popolo e al contempo emergenti nella Chiesa universale. L’unità chiaramente manifestata di tutti i Vescovi con la Santa Sede su questo problema sarà la via più sicura per superare le polarizzazioni che si sono mostrate nelle discussioni degli ultimi tempi. Inoltre voi vi siete posti come scopo di cercare un dialogo circa possibili mancanze o gli sviluppi distorti nella vita della Chiesa del vostro paese. Già gli incontri con i diversi dicasteri della Santa Sede in questa vostra visita “ad limina” vi offriranno degli utili spunti per un chiarimento dei problemi che sono sorti.

5. Il programma sviluppato dal Concilio Vaticano II per il rinnovamento della Chiesa rimane l’urgente compito pastorale della Chiesa alla fine di questo secondo millennio cristiano. Inoltre c’è bisogno di un rinnovamento interno per rendere concreto e per approfondire la vita spirituale dei credenti in fedeltà a Cristo e al suo Vangelo. Voi, in quanto supremi Pastori nel popolo di Dio, avete il compito di esporre autenticamente gli insegnamenti del Concilio in comunione con il Successore di Pietro, impedire malintesi e false deduzioni e attuare le decisioni del Concilio con attenzione e pazienza nelle vostre diocesi e comunità.

Il vostro compito all’unità della fede vi procura una pesante responsabilità, per di più in un tempo “nel quale gli uomini non sopportano più la sana dottrina, ma per il prurito di ascoltare si circonderanno di una folla di dottori secondo i loro capricci” (2 Tm 4, 3). L’esigenza e la formazione di famiglie cristiane è e rimane fondamento di tutti gli ulteriori compiti pastorali. Le norme essenziali per questo vengono esposte in maniera vincolante nel documento apostolico Familiaris Consortio, che si basa sul Sinodo dei Vescovi del 1980; che rispetto alle questioni di morale sessuale e matrimoniale accoglie e sviluppa le linee direttive espresse da Paolo VI nell’Enciclica Humanae Vitae, legate all’intera tradizione della Chiesa. Non può sorgere nessun dubbio sulla validità degli ordinamenti morali là presentati. Se subito dopo la pubblicazione dell’Enciclica era ancora comprensibile una certa perplessità, che si è riflessa anche in talune dichiarazioni vescovili, col passare del tempo si è confermata sempre più insistentemente la saggezza, profetica della direttiva di Paolo VI sorta dalla saggezza della fede. Si mostra sempre più chiaramente che è insensato voler superare l’aborto con la promozione della contraccezione. L’invito alla contraccezione come un presunto mezzo “senza pericolo” dei rapporti tra i due sessi non è solo una camuffata negazione della libertà morale dell’uomo, ma incrementa anche una concezione responsabilizzata della sessualità rivolta puramente all’attimo e promuove così di nuovo quella mentalità da cui deriva l’aborto e dalla quale esso è continuamente alimentato. Del resto non è certamente sconosciuto a voi che, con i nuovi mezzi, i passaggi tra contraccezione e aborto sono diventati in maniera diffusa sempre più facili.

Così per amore all’uomo devono essere garantiti l’indissolubilità del matrimonio, la definitività del Si che proviene dall’amore. Il no della Chiesa al ricevimento dei Sacramenti da parte dei divorziati che si risposano non è espressione di crudeltà, bensì difesa dell’amore e difesa della fedeltà. Del resto non deve essere messo in evidenza solo questo no. Se sul piano sacramentale questo no rimane immutabile, allora l’attenzione pastorale verso membri delle nostre comunità che vivono situazioni difficili diviene ancora più importante: essi devono sentire concretamente di venir a maggior ragione sostenuti dall’amore della Chiesa. “Se un membro soffre, gli altri soffrono con lui” (1 Cor 12, 26). Allora, e solo allora questi cristiani comprenderanno l’esclusività della comunione e potranno accoglierla dal di dentro (cf. Familiaris Consortio, 84).

6. Di grande importanza è poi l’ora di religione nelle scuole e la catechesi a tutti i livelli. Confido nel fatto che voi seguiate con grossa vigilanza e con amore e che facciate di tutto affinché venga trasmessa la genuina fede della Chiesa alle generazioni di adolescenti. È da sperare che il catechismo universale, attualmente in preparazione, apporti a ciò un valido aiuto.

Un altro punto decisivo è la formazione teologica dei candidati al sacerdozio e in generale il lavoro degli Istituti e delle Facoltà di teologia nella ricerca e nell’insegnamento. Anche oggi il Signore chiama, come in tutti i tempi e non mero di prima, degli uomini al suo particolare servizio sacerdotale. Ma perché questa chiamata arrivi alla maturazione deve essere con cura protetta e accompagnata. In questo sta la grossa responsabilità, che incute quasi timore, di coloro che partecipano alla preparazione culturale e alla formazione dei candidati al sacerdozio. Prendetevi a cuore questo compito dal quale dipende in maniera fondamentale il futuro della Chiesa nel vostro paese e fate di tutto perché questa preparazione avvenga in uno spirito veramente cattolico. Infine desidererei in questo contesto raccomandarvi vivamente l’attenzione a ciò che è il centro della Chiesa, l’Eucaristia, e il Sacramento della Penitenza.

 L’Eucaristia non deve mai assumere forme scelte a proprio piacimento. Riceve la propria grandezza non dalle forme, ma da ciò che è. È ben organizzata solo nel momento in cui i preti e le comunità non cercano il proprio interesse, ma quando si abbandonano completamente all’interiore significato della Liturgia della Chiesa e cercano da parte loro di corrispondergli. Il Sacramento della Penitenza è in una particolare misura strutturato personalmente. È l’incontro più personale del singolo con il Signore che giudica e che perdona. Non è solamente il luogo di formazione e purificazione della coscienza, ma dona quel perdono personale, di cui l’uomo ha bisogno, per superare la colpa, che è sempre personale e proprio per questo colpisce la comunità.

Tutto ciò riporta al punto dal quale siamo partiti: all’unità della Chiesa che, come comunità, è sacro veicolo della potenza sacramentale e della valida interpretazione della Parola di Dio al giorno d’oggi. L’unità nella Chiesa è unità nella verità e unità nell’amore, che include una fondamentale unità nella disciplina. Il servizio alla pienezza della verità è affidato in modo particolare ai Vescovi, in comunione con il Papa. La pienezza della verità non è promessa al singolo, bensì all’intera Chiesa in unità con gli Apostoli, con Pietro. Perciò anche le questioni pastorali di peso, che si pongono oggi nella Chiesa, possono trovare una risposta solida e definitiva solo in questa unità.

7. La vostra preoccupazione pastorale nella direzione delle vostre diocesi deve essere rivolta in special modo ai vostri preti, che sono i vostri diretti collaboratori nella molteplicità, se tutti i cristiani si concepiscono come membri del Corpo di Cristo e se ognuno impara a mettere in opera i doni. Ovviamente questa unità ordinata dallo Spirito stesso di Cristo si attua tanto meglio nei diversi gruppi laicali quanto più facilmente e chiaramente noi rappresentanti dell’ufficio ci lasciamo guidare dalla “communio affectiva et effectiva” a quanto più nella nostra comunanza si annuncia la volontà di unità.

8. Cari confratelli! Affidandovi oggi nella vostra visita “ad limina” queste riflessioni accompagno le future attività nelle vostre diocesi con i miei migliori auguri di benedizione e con la mia preghiera. Appartiene sempre al compito dei Vescovi il coraggio di contrapporsi alla mentalità comune, anche per il bene della società, il giudizio della fede, dalla quale sgorga un’autentica evidenza ecclesiale come viva. Potrà aiutare, anche l’aperto dialogo fraterno che non deve escludere i contrasti, poiché essi vengono superati dalla più profonda unità della fede comune. Così cresce la disponibilità ad una collaborazione responsabile in diverse forme nel compito di salvezza della Chiesa, secondo le varie vocazioni, così cresce una unanimità ricca e profonda nella fede tra Vescovi, preti e laici. In questo modo si mantiene poi nelle vostre Chiese locali quell’unità dello Spirito nel quale “tutti si amano cordialmente con amore fraterno e nell’onore si prevengono a vicenda” (cf. Rm 12, 10).

Conosco il vostro grande impegno, i vostri sforzi e le vostre preoccupazioni e vi ringrazio per questo: “Pietro, mi ami?”, ha chiesto Cristo agli Apostoli, alla cui tomba oggi pregate. Cristo lo ha chiesto a noi tutti. Rispondiamo in fraterna concordia: “Signore tu sai tutto, sai anche che noi ti amiamo”. Sulla tua parola vogliamo di nuovo gettare la rete per una coraggiosa e paziente Evangelizzazione dell’Austria e di tutta l’Europa. Per questo imparto di cuore a voi, ai vostri preti, a tutti i fedeli che si affidano nel compito di salvezza della Chiesa. Rafforzate e guidateli nei loro molteplici compiti pastorali e preoccupatevi insieme con loro, con iniziative adatte, di avere abbastanza vocazioni di preti e di consacrati. Impegnatevi con loro nel contempo affinché anche i laici diventino sempre più coscienti del loro compito cristiano e cerchino di attuarlo nelle loro diverse condizioni di vita. Anche loro sono, in quanto cristiani, battezzati e cresimati, non solo ricettori della nostra cura pastorale, ma sono anche chiamati ad una corresponsabilità e ad una partecipazione attiva. Il prossimo Sinodo dei Vescovi ci aiuterà a comprendere ancor più chiaramente la loro posizione e il loro compito nella missione della Chiesa. Non si può trattare né di una posizione di concorrenza al clero né di una clericalizzazione dei laici, ma prima di tutto si tratta della specifica partecipazione, a loro adatta, al servizio temporale della Chiesa sotto la guida dei Pastori chiamati da Dio. Il vostro paese ha già una tradizione lunga e molto ricca nell’Apostolato dei laici in una pluralità di forme. Ci sono quelle forme sperimentate, legate all’Azione Cattolica. Questi gruppi prendono parte decisiva alla costruzione della società, secondo lo spirito del Vangelo e nella disponibilità dei cattolici austriaci ad un impegno sociale profondo. A questa associazione si sono aggiunte negli ultimi tempi movimenti e gruppi che danno la preminenza all’approfondimento della fede e alla devozione al compito temporale dei laici. È evidente che i diversi tipi di Apostolato dei laici hanno la loro necessità ed un carattere che si completa a vicenda. Dobbiamo quindi promuoverli e accompagnare spiritualmente coloro che in essi hanno delle responsabilità. Nella molteplicità e diversità delle associazioni e comunità la comunanza della missione della Chiesa acquista un’importanza grande. La credibilità dell’annuncio non dipende in ultima istanza dell’unità dello Spirito, che domina sulle diverse vie dell’Apostolato. L’ordinamento dell’unità non è da intendere come livellamento di differenze giustificate, può ancora essere raggiunto attraverso una disciplinazione amministrativa. L’unità è proprio possibile alla vostra cura pastorale, nell’amore di Cristo la mia speciale benedizione apostolica.

 

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