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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA «PLENARIA» PER IL CULTO DIVINO

Venerdì, 22 maggio 1987

 

Signori Cardinali,
Cari fratelli nell’episcopato,
e cari amici della Congregazione per il Culto Divino.

1. Sono felice di ricevervi in occasione della vostra assemblea plenaria. Le relazioni che vi sono state presentate manifestano come i lavori di questo Dicastero siano stati intensi dalla precedente riunione plenaria dell’ottobre 1985. Alcuni di questi lavori sono giunti al loro termine, mentre altri continuano.

Accennerei solamente la nuova edizione tipica del rito del matrimonio, del rito delle ordinazioni; l’elaborazione di un corpus completo del rito romano, che segnerà la conclusione della revisione di quello del 1614, conformemente alla direttiva della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Penso anche al martirologio romano che bisognava rielaborare con una preoccupazione di verità storica che, lontano dall’indebolire la devozione verso i santi, contribuisce altresì a farla aumentare nel popolo cristiano. Cito ancora la preparazione in corso di un supplemento biblico e patristico per la liturgia delle ore. Infine gioisco del fatto che la pubblicazione di un insieme di messa in onore della beata Vergine Maria abbia preceduto di qualche mese l’inizio dell’anno mariano.

2. Accanto ai testi liturgici c’è il problema più ampio e anche importante dell’adattamento della liturgia. Secondo le istruzioni del Concilio, la liturgia deve restare viva, senza comunque lasciarsi modellare a piacimento della fantasia di ciascuno. È l’oggetto delle orientazioni preparate dalla vostra congregazione per l’inculturazione della liturgia nelle mentalità e nelle tradizioni popoli e, inoltre, per l’adattamento delle celebrazioni liturgiche destinate ai giovani. Sì, l’importante è ricercare una partecipazione attiva, giustamente domandata dal Concilio, essendo chiaro che non si tratta solamente di mirare ad un tipo di attività esteriore, né un’espressione di ordine puramente sensibile, ma di partecipare intimamente al mistero di Cristo, che ci chiama a seguirlo in obbedienza totale al Padre e nel dono che egli fa di se stesso per la nostra salvezza e la salvezza del mondo.

Nel corso della vostra riunione avete esaminato principalmente le questioni concernenti la celebrazione della domenica, là dove il prete non può essere presente la settimana santa, e le manifestazioni artistiche organizzate nei luoghi di culto.

3. Come celebrare il giorno del Signore in una comunità cristiana privata del suo prete? È una situazione frequente da molto tempo in paesi di missione. È una situazione che conoscono ora molti paesi di antica cristianità, in seguito alla diminuzione del numero dei preti. Non bisogna mai rassegnarsi a questa assenza, poiché la presenza del prete è necessaria per il mantenimento e lo sviluppo delle comunità cristiane locali. Il risveglio delle vocazioni in queste comunità deve essere una preoccupazione primordiale. Ma bisogna pure far fronte e andare incontro il meglio possibile il bene spirituale dei fedeli. Ora, uno dei punti essenziali di riferimento dei cristiani, dove essi attingono insieme luce e forza, è, dall’origine, l’assemblea domenicale, la riunione dei fedeli nello stesso luogo per celebrare il Signore resuscitato. Ciò non si può fare pienamente se non nella celebrazione del sacrificio eucaristico, che è il memoriale della morte e della resurrezione di Cristo, nella lode, l’azione di grazia e la supplica.

I fedeli che non possono, per mancanza di preti, partecipare ad una messa parrocchiale, devono comunque potersi riunire, anch’essi, in preghiera di lode e di domanda, nell’ascolto della parola di Dio, e se possibile nella comunione al pane eucaristico consacrato al momento di una messa precedente. Questa forma di celebrazione non rimpiazza la messa, ma deve farla desiderare di più. È per una piccola comunità di fedeli, un mezzo, certo imperfetto, di mantenere concretamente la sua coesione e la sua vitalità, di mantenere i suoi legami, di domenica in domenica, con l’intera Chiesa che Dio non cessa di riunire e che oggi presenta, da Oriente ad Occidente, in tutto il mondo, un’offerta pura (cf. Preghiera eucaristica III).

4. Un altro tema ha attirato la vostra attenzione: la Settimana Santa. Ecco che da più di trent’anni la veglia pasquale dapprima, poi l’insieme della Settimana Santa, sono stati reinstaurati nella Chiesa romana, e questa restaurazione fu accolta allora con entusiasmo.

Oggi, è buono fare il bilancio, valutare eventualmente l’aumento di interesse o di partecipazione in certe regioni, le difficoltà esistenti o che sono sorte su certi punti, e ricordare l’importanza della Grande Settimana dove la Chiesa intera celebra il mistero pasquale. “Come la domenica costituisce l’apice della settimana, così la solennità della Pasqua costituisce l’apice dell’anno liturgico” (Norme universali dell’anno liturgico, 18). Seguendo passo passo il Salvatore dalla sua entrata messianica a Gerusalemme, la Domenica delle Palme, fino alla sua deposizione dalla croce, la sera del Venerdì Santo, la Chiesa si incammina verso la notte santa nella quale il Signore è resuscitato e che deve essere considerata come la madre di tutte le sante veglie (Norme universali dell’anno liturgico, 21).

Vuol dire che una preparazione è necessaria lungo tutta la Quaresima, nella preghiera comune, l’ascolto della parola di Dio, la pratica della penitenza. Ciò domanda in particolare ai pastori una preoccupazione vigilante per preparare i cuori all’incontro di Cristo Salvatore attraverso una catechesi appropriata, e innanzitutto con delle omelie domenicali per condurre opportunamente dei tempi di confessione individuale e delle celebrazioni penitenziali comunitarie, permettendo la confessione e l’assoluzione individuale, e per preparare anche altre celebrazioni degne.

5. Voi avete dovuto infine esaminare il problema dei concerti e delle altre manifestazioni artistiche nei luoghi di culto. È certo che le nostre chiese hanno giocato da moltissimo tempo un ruolo importante nella vita culturale delle città e dei paesi: non è la chiesa la casa del Popolo di Dio? Non è nella chiesa che esso ha sentito le prime emozioni estetiche, davanti alla bellezza dell’edificio, dei suoi mosaici, delle sue tavole o delle sue statue, dei suoi oggetti sacri, ascoltando la musica d’organo o i canti del coro, in presenza di celebrazioni liturgiche che lo elevano al di sopra di lui stesso e lo fanno penetrare nel cuore del mistero?

Poiché è proprio là il carattere primordiale della chiesa: essa è la casa di Dio, e un luogo sacro per ordine della dedicazione o la benedizione solenne che l’hanno precisamente consacrata a Dio. La chiesa è il luogo dove abita il Signore in mezzo al suo popolo e dove il popolo si riunisce per adorare e per pregare. Ecco perché tutto deve essere messo in opera per rispettare questo carattere sacro della chiesa.

Al di fuori delle celebrazioni liturgiche, può avervi posto una musica religiosa sotto forma di concerto. Può essere un’occasione offerta anche a dei cristiani che non sono più praticanti, o anche a dei cristiani che cercano Dio, di accedere ad un’esperienza religiosa vera, al di là di una semplice emozione estetica. La presenza del pastore è allora augurabile per introdurre come si conviene a questa manifestazione spirituale e vegliare al rispetto del luogo santo. In questo modo la chiesa rimarrà, anche attraverso manifestazioni artistiche senza legame con la liturgia, il luogo dove si può scoprire la presenza del Dio vivente, che è sorgente di ogni bellezza.

Ecco, cari fratelli, e voi tutti che partecipate, occasionalmente o quotidianamente, al lavoro della Congregazione per il Culto Divino, alcuni pensieri che mi suggeriscono i vostri lavori. Vi ringrazio di contribuire nella Chiesa universale, in un posto di scelta e in collaborazione con il successore di Pietro, alla promozione della liturgia e dunque alla qualità della preghiera, alla vita teologale del Popolo di Dio. E, incoraggiandovi a proseguire la vostra missione con profondità teologica, il senso della Chiesa e la saggezza necessari, vi benedico di tutto cuore.

 

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