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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DELLE
GRANDI RELIGIONI NON-CRISTIANE

 Centro culturale giapponese (Los Angeles)
 Mercoledì, 16 settembre 1987

 

Cari fratelli e sorelle
rappresentanti delle Religioni del mondo e capi religiosi,
cari amici
.

1. È una grande gioia per me incontrarmi con voi, rappresentanti locali delle grandi religioni del mondo, nel corso della mia visita pastorale. Desidero ringraziare in modo particolare la comunità giapponese di Los Angeles per la sua gentile ospitalità in questo Centro, che è un simbolo della varietà culturale degli Stati Uniti come pure un simbolo di dialogo e di interazione al servizio del bene comune. So che la comunità giapponese è presente in questa zona di Los Angeles da un secolo. Che Dio continui a benedirvi con ogni dono ora e in futuro. Desidero inoltre estendere i miei cordiali saluti a tutti i capi religiosi e a tutti gli uomini di buona volontà che ci onorano oggi con la loro presenza.

Sono convinto che dobbiamo cogliere ogni opportunità per dimostrare amore e rispetto reciproco nello spirito della Nostra Aetate (Nostra Aetate, n. 1) e, come afferma il tema del nostro incontro, è tuttora attuale ventidue anni dopo la sua promulgazione fra i documenti del Concilio Vaticano II. Questa dichiarazione, sulle relazioni tra la Chiesa cattolica e le Religioni non-cristiane, parla di “tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino”. Questo continua ad essere la base dei nostri sforzi per sviluppare una feconda relazione fra tutte le grandi religioni del mondo.

2. Come ho affermato all’inizio di quest’anno, la Chiesa cattolica resta fermamente impegnata nella proclamazione del Vangelo e nel dialogo con i popoli di altre religioni: proclamazione del Vangelo perché, come sottolinea la Nostra Aetate, la Chiesa “è tenuta ad annunziare incessantemente Cristo che è “la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14, 6) in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose (cf. 2 Cor 5, 18-19)” (Nostra Aetate, 2), dialogo e collaborazione con i seguaci di altre religioni, a motivo dei beni spirituali e morali che condividiamo (cf. Ivi). Quel dialogo “è un complesso di attività umane, tutte fondate sul rispetto e la stima per i popoli di religioni diverse. Esso comprende una convivenza quotidiana nella pace e nell’aiuto reciproco, ognuno portando la sua testimonianza dei valori appresi attraverso l’esperienza della fede. Ciò significa una disponibilità a cooperare con gli altri per il miglioramento dell’umanità, e un impegno a cercare insieme la vera pace. Significa l’incontro di teologi e altri specialisti religiosi per esplorare, con le loro controparti di altre religioni, aree di convergenza e di divergenza. Laddove le circostanze lo consentano, significa una condivisione delle esperienze e dei punti di vista spirituali. Tale condivisione può attuarsi nel riunirsi come fratelli e sorelle a pregare Dio con modi che salvaguardino l’unicità di ogni tradizione religiosa” (Giovanni Paolo II, Discorso ai membri e al personale dei Segretariato per i non-cristiani, 28 apr. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X/1 [1987] 1449s.).

In tutto il mio pontificato la mia preoccupazione costante è stata quella di adempiere questa duplice missione di proclamazione e di dialogo. Nel corso delle mie visite pastorali in tutto il mondo ho cercato di incoraggiare e di confermare la fede dei cattolici nonché di altri cristiani. Nello stesso tempo sono stato lieto di incontrarmi con i capi di tutte le religioni nella speranza di promuovere una maggiore comprensione e cooperazione interreligiosa per il bene della famiglia umana. Mi ha molto gratificato l’apertura e la buona volontà con cui è stata accolta, lo scorso ottobre, la Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi, non solo dalle diverse Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, ma anche dalle altre religioni del mondo. Mi ha rallegrato, inoltre, il fatto che un’altra giornata mondiale di preghiera ha successivamente avuto luogo in Giappone, sul Monte Hiei.

3. Ciò che ho detto ad Assisi si applica anche al nostro incontro di oggi: “Il fatto che noi siamo venuti qui non implica alcuna intenzione di ricercare un consenso religioso tra noi o di negoziare le nostre convinzioni di fede. Né significa che le religioni possono riconciliarsi sul piano di un comune impegno in un progetto terreno che le sorpasserebbe tutte. Né esso è una concessione a un relativismo nelle credenze religiose, perché ogni essere umano deve sinceramente seguire la sua retta coscienza nell’intenzione di cercare e di obbedire alla verità. Il nostro incontro attesta soltanto - questo è il vero significato per il nostro tempo - che nel grande impegno per la pace, l’umanità nella sua stessa diversità, deve attingere alle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l’azione di ogni popolo” (Giovanni Paolo II, Messaggio ai partecipanti alla Giornata mondiale di preghiera per la pace, 27 ott. 1986:  Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1250).

È in quello spirito che desidero, attraverso di voi, salutare ciascuna delle vostre comunità prima di aggiungere qualcos’altro sulla preoccupazione per la pace che noi tutti condividiamo.

Alla Comunità Buddhista - che riflette numerose tradizioni sia asiatiche che americane - vorrei rispettosamente manifestare il mio apprezzamento per il vostro stile di vita basato sulla compassione, sull’amorevole bontà e sul desiderio di pace, di prosperità e di armonia per tutti gli esseri viventi. Che tutti noi possiamo testimoniare tale compassione e amorevole bontà nel promuovere il vero bene dell’umanità.

Alla Comunità Islamica: condivido il vostro credo secondo il quale l’umanità deve la sua esistenza a Dio unico e misericordioso che ha creato il cielo e la terra. In un mondo in cui Dio è rinnegato o disubbidito, in un mondo che sperimenta tanta sofferenza e ha tanto bisogno della misericordia divina, cerchiamo insieme di essere coraggiosi portatori di speranza.

Alla Comunità Indù: condivido appieno la vostra preoccupazione per la pace interiore e per la pace nel mondo basata non su considerazioni politiche puramente meccanicistiche o materialistiche, ma sull’auto-purificazione, sull’altruismo, sull’amore e la comprensione per tutti. Che tutte le menti di tutti i popoli siano impregnate di tale amore e comprensione.

Alla Comunità Ebraica: ribadisco la convinzione del Concilio Vaticano II, secondo cui la Chiesa “non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell’Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l’antica alleanza, e che essa si nutre della radice dell’ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell’ulivo selvatico che sono i popoli pagani (cf. Rm 11, 17-24)” (Nostra Aetate, 4). Con voi mi oppongo a qualunque forma di antisemitismo. Impegnandoci perché giunga il giorno in cui tutti i popoli e le nazioni possano vivere nella sicurezza, nell’armonia e nella pace.

4. Cari fratelli e sorelle di queste religioni e di ogni religione: tanti uomini sperimentano oggi il vuoto interiore anche in condizioni di prosperità perché trascurino i grandi interrogativi della vita: “La natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la retribuzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che circonda la nostra esistenza, dal quale noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo” (Nostra Aetate, 1).

Queste questioni profondamente spirituali, che in diversa misura sono condivise da tutte le religioni, ci riuniscono insieme nella comune preoccupazione per il benessere terreno dell’uomo, specialmente per la pace mondiale. Come dissi ad Assisi: “Con le Religioni mondiali condividiamo un comune rispetto e obbedienza alla coscienza, la quale insegna a noi tutti a cercare la verità, ad amare e servire tutti gli individui e tutti i popoli, e perciò a fare pace tra i singoli e tra le nazioni” (Giovanni Paolo II, Messaggio al termine della Giornata mondiale di preghiera per la pace, 27 ott. 1986: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/2 [1986] 1260).

Nello spirito delle cortesi parole che mi avete rivolto poc’anzi come difensore della pace, continuiamo a cercare la pace per la famiglia umana: attraverso la preghiera, poiché la pace trascende i nostri sforzi umani: attraverso la penitenza, poiché non siamo sempre stati “operatori di pace”; attraverso la testimonianza profetica, poiché le antiche divisioni e i mali sociali debbono essere affrontati: e attraverso costanti iniziative a favore dei diritti degli individui e delle nazioni e a favore di una giustizia universale. Il fragile dono della pace sopravvivrà solo se tutti si impegneranno in uno sforzo comune affinché vengano superate le “disuguaglianze clamorose, non solo nel godimento dei beni, ma più ancora nell’esercizio del potere” (Pauli VI, Populorum Progressio, 9). A questo riguardo i capi mondiali e gli organismi internazionali rivestono un ruolo speciale. Ma è necessaria anche la sensibilità internazionale soprattutto fra i giovani.

Credo che la preghiera di san Francesco d’Assisi, universalmente noto come uomo di pace, tocchi le coscienze di tutti noi. Ed è quella preghiera che meglio esprime i miei sentimenti nell’incontrarmi con tutti voi oggi:

Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace:
Dove è odio, fa’ che io porti l’amore.
Dove è offesa, che io porti il perdono.
Dove è discordia, ch’io porti l’unione.
Dove è dubbio, ch’io porti la fede.
Dove è errore ch’io porti la verità.
Dove è disperazione ch’io porti speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti gioia.

Oh! Maestro, fa’ che io non cerchi tanto ad essere consolato, quanto a consolare, ad essere compreso, quanto a comprendere; ad essere amato, quanto ad amare . . . .

 

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