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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D
AMERICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 9 dicembre 1988

 

Cari fratelli nel Signore Gesù Cristo.

1. Eccoci al termine delle visite “ad limina” del 1988, e sono lieto di vivere questa occasione con un così ampio gruppo di province americane: Chicago, Indianapolis e Milwaukee. A tutti un saluto pieno di amore fraterno.

Quest’anno ho parlato ai vostri fratelli Vescovi su una grande varietà di argomenti, ma sempre sottolineando il fatto che la Chiesa degli Stati Uniti è chiamata alla santità attraverso una vita di fede in Gesù Cristo Figlio di Dio e salvatore del mondo. Questa riflessione è la conseguenza di una profonda convinzione che solo attraverso la vita di fede la Chiesa può dare una valida risposta pastorale a tutte le situazioni in cui si viene a trovare nel mondo contemporaneo.

Nella prima di queste visite “ad limina”, ho sottolineato che la Chiesa degli Stati Uniti “appartiene a Cristo per diritto. Egli la ama intensamente e intende prenderne possesso sempre più pienamente e purificarla sempre più profondamente in ogni aspetto della sua realtà ecclesiale” (“Allocutio ad quosdam episcopos Foederatarum Civitatum Americae septemtrionalis limina Apostolarum visitantes”, 2 die 5 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 554). E oggi vorrei suggerire di volgere insieme il nostro pensiero e il nostro cuore a Gesù Cristo, così da trovare in lui una migliore comprensione di questa realtà ecclesiale. Con le parole della lettera agli Ebrei: “Teniamo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). E poiché “egli si è assiso alla destra del trono di Dio” (Eb 12, 2), guardando a lui nella realtà del Regno dei cieli noi comprenderemo la sua Chiesa sulla terra.

2. Poiché la Chiesa è già l’inizio del Regno di Dio, è giusto, a conclusione delle visite “ad limina”, volgere la nostra attenzione al compimento finale della Chiesa. La sua natura escatologica è parte essenziale del suo mistero, ed è di grande importanza per la nostra guida pastorale nella Chiesa.

Noi siamo stati posti dallo Spirito Santo come pastori per guidare la Chiesa nello svolgimento della sua missione. Per farlo in modo adeguato, dobbiamo sempre ricordare che c’è un dinamismo particolare all’opera al cuore dell’azione evangelizzatrice della Chiesa. È la sua dimensione escatologica. Tutto ciò che porta al suo compimento finale promuove la sua vitalità. Ma se l’escatologia dovesse rimanere priva di conseguenze, il cammino della Chiesa verrebbe fermato e la corsa male indirizzata. In questo caso, le sue azioni sarebbero irrilevanti ai fini di un’autentica evangelizzazione.

Anche la comunione ecclesiale è profondamente escatologica. Radicata nella comunione attraverso Cristo con il Padre nello Spirito Santo, la Chiesa sa di essere piena di una vita che supera la morte. La sua vita è la vita di Cristo risorto, la vita che attraverso la croce ha vinto la morte con la forza dell’obbedienza amorosa alla volontà del Padre. Esercitando la sua forza di salvezza, Cristo comunica la sua vita gloriosa alla Chiesa. La Chiesa comincia ad esistere come conseguenza di questa azione del Cristo risorto. Ella vive già questa vita del suo Signore e salvatore in attesa del definitivo compimento.

3. Con il suo gesto che dà la vita il Signore porta la sua Chiesa all’unità con sé e perciò la riempie di santità. Ma questa santità deve essere sostenuta e alimentata. In tutte le dimensioni della loro esistenza umana, i membri della Chiesa devono aprirsi sempre più alla forza santificante del Signore. In questo modo, il Regno gradualmente prende forma in ogni cristiano e nella Chiesa, e cresce indefinitamente.

Proprio nella santità la Chiesa anticipa e inaugura realmente il Regno di Dio. Il compito pastorale nella Chiesa esiste per rafforzare la santità. Per comprendere pienamente il servizio pastorale dobbiamo guardare la santità della Chiesa nella sua forma escatologica: la santità che Cristo vuole per la sua Chiesa, la santità che compie l’unione di Cristo e della sua sposa nei cieli. Presentando un Vescovo americano a tutto il mondo come modello di carità pastorale, Paolo VI chiamò la canonizzazione di John Neumann una “celebrazione di santità” e un “anticipo profetico . . . per gli Stati Uniti . . . di un rinnovamento nell’amore” (Pauli VI “Homilia die canonizationis beati Ioannis Nepomuceni Neumann habita, in Petriano foro”, die 19 iun. 1977: “Insegnamenti di Paolo VI, XV [1977] 612 ss).

La piena venuta del Regno di Cristo richiede da tutti i fedeli il dono di se stessi a Dio e agli altri. La preghiera è inseparabile da questo dono. Lo vediamo in Cristo Gesù. Nostro Signore va verso la croce nel contesto di quella preghiera cominciata nel Getsemani e che si compì quando rese lo spirito nelle mani del Padre (cf. Lc 23, 46). Per la forza della nostra divina filiazione noi siamo chiamati a seguire questa strada. La preghiera autentica è possibile solo quando siamo pronti a portare avanti il disegno di salvezza del Padre. Dobbiamo quindi cercare di aiutare il Popolo di Dio a raggiungere una chiara comprensione di che cosa sia la preghiera: un dialogo con Dio che comporta un affidamento personale. Come pastori, noi per primi dobbiamo dare testimonianza della preghiera, convinti che attraverso di essa la potenza salvifica di Dio trasforma la comunità ecclesiale.

4. La Chiesa proclama che i suoi membri devono essere “figli della resurrezione” (Lc 20, 36), e aspetta “che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. Ella attende con ansia il giorno in cui la sua gloria sarà rivelata nella pienezza della comunione con la Santissima Trinità. La venuta di Cristo a sua volta inaugurerà definitivamente “nuovi cieli e una terra nuova” (2 Pt 3, 13). Aspettando queste realtà noi siamo chiamati a vivere in profonda pace e serenità. La vittoria è sicura, il male non prevarrà: Gesù Cristo ha vinto il mondo (cf. Gv 16, 33).

Per questo motivo, i cristiani devono cercare di usare dei beni temporali senza l’ansia e l’iperattività di quelli che hanno speranza solo in questa vita. Certo la fede non ci permette di restare passivi davanti alle sofferenze e alle ingiustizie. La nostra speranza ci sprona a lavorare attivamente per l’avvento del Regno universale di Dio (cf. Gaudium et Spes, 39). Ma non possiamo farlo mai con l’incertezza di coloro che pongono la loro ultima felicità nella storia terrena. La lotta cristiana respira serenità e comunica pace, non solo come mete perseguite, ma come stile particolare con cui si promuove la giustizia.

Una sicurezza di fondo e un ottimismo ispirano l’intera vita della Chiesa. Noi sappiamo in anticipo il fine cui tendiamo con l’aiuto di Dio. Possiamo esitare di fronte a certi mezzi, ma l’obiettivo è sicuro e irrevocabile. Alla sua luce possiamo distinguere la strada da percorrere e correggere qualsiasi rotta intrapresa per sbaglio. La Chiesa non può mai soccombere alla tentazione di “rifarsi” da sola. La sua identità essenziale è garantita dalla sicurezza che Gesù Cristo tornerà nella gloria.

5. Questa attesa del ritorno di Cristo nella gloria dà significato a tutta l’attività della Chiesa e colloca nella giusta prospettiva ogni sollecitudine temporale. In tutto ciò che fa, la Chiesa guarda ad un orizzonte molto al di là della storia umana, dove ogni cosa sarà sottomessa a Cristo e da lui offerta al Padre. Al momento prestabilito, ogni cosa nel cielo e sulla terra sarà definitivamente collocata sotto la signoria di Cristo (cf. 1 Cor 15, 24-28). Nel frattempo, per volere di Dio, la vita della Chiesa è intrecciata nel tessuto della storia umana ma sempre indirizzata alla vita eterna.

La Chiesa non può mai essere una comunità al servizio di obiettivi puramente temporali. Il suo fine è il Regno di Dio, che essa deve incessantemente ampliare fino al suo completamento nell’eternità (cf. Lumen Gentium, 9). Pertanto le sue iniziative e il suo impegno non possono essere motivate da valori esclusivamente temporali. La Chiesa vive in mezzo agli esseri umani - lei che è la nuova umanità in Cristo - e condivide l’esperienza di tutta la famiglia umana. Ella vive solidale con la gente, e niente di umano le è estraneo. La sollecitudine della comunità ecclesiale abbraccia i problemi della comunità civile nel campo della pace, della cultura, della famiglia e dei diritti umani. Tuttavia la prospettiva da cui la Chiesa affronta tutte queste problematiche ha come caratteristica originale la relazione con il Regno di Dio. Se la Chiesa dovesse perdere questa prospettiva trascendente, non potrebbe dare il suo specifico contributo all’umanità.

6. Ogni considerazione sulla dimensione escatologica della Chiesa deve includere necessariamente la santa Eucaristia. La Chiesa trova costantemente il suo alimento nel sacramento del corpo e sangue del Cristo glorificato. Alla fine dei tempi, la potenza salvifica dell’Eucaristia raggiungerà la sua piena efficacia, quando la santità della Chiesa sarà completa e l’intero universo sarà perfettamente restaurato in Cristo. Nel frattempo, noi “annunziamo la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11, 26).

Il rinnovarsi del sacrificio di Cristo sul Calvario è nello stesso tempo il banchetto del Regno. Poiché tale è l’oggetto della profonda sollecitudine della Chiesa e della sua legislazione. Recentemente, c’è stato un chiarimento del carattere supplementare della facoltà attribuita a laici di distribuire la santa Comunione come ministri straordinari dell’Eucaristia. Le condizioni stabilite nel Codice di Diritto Canonico sono state interpretate autenticamente l’anno passato dalla Congregazione per i sacramenti e comunicate alle conferenze episcopali di tutto il mondo. In alcuni casi ci può essere ancora la necessità di una revisione degli interventi diocesani in questa materia, non solo per assicurare la fedele applicazione della legge ma anche per rafforzare la autentica nozione e il carattere genuino della partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa.

Mentre ci prepariamo per il Giubileo dell’anno duemila, poniamo i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia al centro del rinnovamento pastorale. Questo è in accordo con gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, che considera l’Eucaristia come il culmine della proclamazione della parola e l’invito alla Penitenza. Cristo che ci chiama al banchetto eucaristico è lo stesso Cristo misericordioso che ci chiama alla conversione (cf. Redemptor Hominis, 20). È mia viva speranza che in ogni diocesi degli Stati Uniti, sotto la guida pastorale dei Vescovi, ci siano piani efficaci per l’autentico rinnovamento del sacramento della Penitenza, con la promozione della Confessione individuale. La Chiesa proclama con fermezza che il concetto di “aggiornamento”, così come venne concepito dal Concilio Vaticano II è strettamente legato al rinnovamento del sacramento della Penitenza. La conversione individuale è al cuore di ogni riforma e rinnovamento.

7. Maria, madre di Gesù, è la perfetta realizzazione della vita di fede della Chiesa e della sua meta di santità. In lei abbiamo un grande segno che assume ed esprime compiutamente la santità che noi peccatori ci sforziamo di raggiungere attraverso la conversione. Ella che ora è corpo e anima in cielo è la prima dei redenti e la totalmente santa. Nel decreto sull’Apostolato dei Laici, il Concilio presenta una sintesi, applicabile a Maria, della vita nell’ordine temporale senza mai perdere di vista l’ordine spirituale nella sua pienezza escatologica. Il Concilio dice che “mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo, e cooperava in modo del tutto singolare all’opera del Salvatore” (Apostolicam Actuositatem, 4). Nella sua femminilità come vergine, moglie e madre, Maria è dentro e davanti alla Chiesa come la donna di tutta la storia della salvezza. Essendo ora assunta in cielo, ella vive la sua maternità spirituale intercedendo per noi, aiutandoci nel nostro pellegrinaggio terreno a non dimenticare la meta finale che ispira tutte le attività della Chiesa.

8. Compete a noi in quanto Vescovi offrire al Padre, in unione con Cristo sommo sacerdote, la Chiesa e tutte le sue attività. La offriamo come Cristo desidera che essa sia: suo corpo e sua sposa, la Chiesa della sua divinità e della sua umanità, la Chiesa che riflette la sua generosità e vive il suo sacrificio, la Chiesa della verità e dell’amore misericordioso, la Chiesa della preghiera e del servizio, la Chiesa della conversione, della santità e della vita eterna.

La Chiesa che noi offriamo al Padre e che lavoriamo ogni giorno per edificare nella carità non è per niente una cosiddetta “struttura monolitica”, ma piuttosto la struttura apostolica di una invincibile unità, nella quale, come Vescovi, tutti noi siamo chiamati, secondo l’espressione di san Paolo ad “essere in perfetta unione di pensiero e d’intenti” (1 Cor 1, 10). Rafforzati da questa unità, il nostro ministero diventa sempre più efficace in tutte le sue dimensioni.

Il momento attuale nella vita della Chiesa invita a una grande speranza, fondata sulle promesse escatologiche di Dio ed espressa in una rinnovata fiducia nella potenza del mistero pasquale di Cristo. Questo è il momento di un impegno rinnovato nell’invitare i giovani al sacerdozio e alla vita religiosa, il momento di una rinnovata serenità nel proclamare le difficili esigenze del cristianesimo e la grande sfida della croce. È il momento di un nuovo impegno per la santità da parte della Chiesa, mentre si prepara per il grande Giubileo dell’anno duemila e invoca la venuta del Signore Gesù.

Concludendo questa serie di visite “ad limina”, in continuità con quelle del 1978 e del 1983 e con le mie due visite pastorali negli Stati Uniti, desidero rinnovare la mia profonda gratitudine a voi tutti, fratelli Vescovi, per la vostra compagnia nel Vangelo. In questo stesso spirito guardo allo speciale incontro di Vescovi previsto per l’anno prossimo, così che attraverso una continua collaborazione pastorale possiamo aiutare la Chiesa degli Stati Uniti a vivere la sua vocazione alla santità in una vita di fede dinamica. Nell’attesa, affido a Maria, madre della Chiesa e Regina del cielo, gli amatissimi fedeli del vostro paese e li benedico tutti nel nome del Signore Gesù.

 

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