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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA PARROCCHIA DELLA RESURREZIONE
DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO A TORRE NOVA

Domenica, 28 febbraio 1988

 

Ai bambini durante l’incontro all’inizio della visita

La comunità della parrocchia della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo a Torre Nova, nella borgata di Giardinetti accoglie nel pomeriggio Giovanni Paolo II. La visita pastorale del Santo Padre è un grande incontro di preghiera, di testimonianza, con il quale si vuole celebrare il XXV anniversario della nascita della parrocchia e ancor più porre le basi per il cammino futuro.
Accolto dal Cardinale Vicario Ugo Poletti dal nuovo Vescovo Ausiliare del Settore Est, Monsignor Giuseppe Mani, dal Vescovo Ausiliare di Novara, Monsignor Francesco Maria Franzi, giunto per portare l’omaggio della Diocesi piemontese al cui clero è affidata la parrocchia, e dal parroco, Don Franco Mortigliengo, il Santo Padre si sofferma a lungo accanto alle transenne per ricambiare il caloroso saluto della popolazione. Attraverso il piazzale, Giovanni Paolo II raggiunge poi il vicino campo sportivo dove sono radunati centinaia di bambini delle scuole elementari e medie, insieme con i loro insegnanti e i genitori.
Dopo aver salutato a lungo i bambini, il Papa raggiunge un piccolo palco dove ascolta due brevi indirizzi d’omaggio.
Rispondendo alle parole dei due bambini Giovanni Paolo II pronuncia il seguente discorso.
 

Voglio salutare cordialmente tutti i presenti: la generazione più giovane della parrocchia, insieme con i genitori, gli insegnanti, le suore e i sacerdoti. Vi vedo con grande soddisfazione. Sono molto contento di incontrare per primi i più giovani, coloro che guardano verso il futuro più lontano, perché, essendo giovani, certamente hanno più possibilità di oltrepassare la soglia del millennio. Hanno più possibilità di raggiungere il terzo millennio e di portare la eredità del vostro popolo, della vostra nazione e la verità cristiana della Chiesa cattolica nel nuovo millennio. Noi ci prepariamo molto a celebrare la fine del secondo millennio e l’inizio del terzo. Vi saluto nel nome di questa preparazione e di queste speranze, perché dobbiamo andare avanti verso il futuro con una speranza. È vero, ci sono molte circostanze preoccupanti, ma c’è anche la speranza. E voi giovani, voi bambini, ragazzi e ragazze, avete ancor più questa speranza nei vostri cuori. Questo è il privilegio della vostra età.

Saluto qui i giovani delle scuole medie ed anche i giovani delle scuole elementari, i ragazzi e le ragazze che si preparano alla prima Comunione e alla Cresima. Vi vedo con grande amore. Vi guardo negli occhi, vi abbraccio perché sempre sento altri occhi e altre mani che mi seguono verso di voi. Sono gli occhi e le mani di nostro Signore Gesù Cristo che ha tanto amato i bambini e i giovani e li ama sempre, li segue sempre con il suo amore. La Chiesa non è altro che l’espressione continua dell’amore di Cristo verso tutti gli uomini, senza eccezione, specialmente verso coloro che soffrono, verso gli anziani, ma nello stesso tempo verso coloro che sono gli uomini e le donne del futuro, verso i giovani, verso i bambini.

Questo grande amore di Cristo vogliamo oggi celebrare insieme durante questa visita, lo celebriamo sempre partecipando alla santissima Eucaristia, ma oggi lo facciamo in modo particolare perché in questa Eucaristia celebrata dal vostro Vescovo, Cristo è specialmente presente, vicino. Gesù ha mandato i suoi apostoli in tutto il mondo e uno di loro, anzi il primo, Pietro, è venuto fino a Roma e ha trovato qui il suo posto, la sua sede. Questa sede petrina rimane a Roma. Cambiano gli uomini, le persone, ma rimane la sede, rimane il ministero e soprattutto quell’amore che Pietro ha ereditato immediatamente dal cuore di Gesù. Cristo, prima della sua ascensione, ha interrogato così Pietro: Mi ami tu? Questa è la cosa più importante, l’amore per Cristo. Noi, successori di san Pietro, cerchiamo di mantenere viva questa domanda di Cristo e di mantenere viva la risposta di Pietro: Signore, tu sai che io ti amo.

Ecco, oggi ascolteremo un brano del Vangelo molto particolare, speciale come avviene durante la Quaresima, perché parla della Trasfigurazione di Gesù. In quel momento della trasfigurazione, gli apostoli presenti, testimoni della gloria di Gesù trasfigurato, chiedono al Signore: è bene per noi essere qui?

Voglio concludere con queste parole, augurando a voi tutti parrocchiani, specialmente a voi parrocchiani più giovani, ragazzi, bambini, di essere vicini a Cristo e di sentirvi bene sentendo la sua vicinanza e di non abbandonare mai la vicinanza di Cristo, la presenza di Cristo. Che cosa vuol dire la Trasfigurazione di Cristo? Vuol dire che Gesù cambia la nostra vita. Se siamo vicini a Cristo egli cambia la nostra vita e la cambia per renderla migliore, più umana, più cristiana, direi anche, più divina. Ecco questi sono i miei auguri soprattutto per la generazione più giovane, più promettente della vostra parrocchia dedicata a Gesù Risorto.

Vi offro una benedizione insieme con il Cardinale e con il Vescovo del Settore presente oggi, per la prima volta.  

Ai membri del Consiglio pastorale

Catechesi, evangelizzazione, servizio della carità sono i principali settori nei quali si esprime il contributo dei laici alla vita della parrocchia di Torre Nova. La realtà di questa partecipazione è presentata al Papa nell’incontro svoltosi dopo la celebrazione eucaristica. Sono presenti oltre ai membri del Consiglio pastorale e dei gruppi di adulti (Azione Cattolica, Agesci-Scout, catechisti famiglie, “dopo-Cresima”, Centro di Ascolto Caritas, Volontariato Vincenziano, Comunità di Sant’Egidio e Gruppo del Vangelo) anche i rappresentanti delle scuole del quartiere, “a testimonianza - come sottolinea la segretaria del Consiglio pastorale - del legame che si intende sviluppare tra la comunità parrocchiale e il mondo della scuola, quale momento fondamentale nella crescita anche religiosa dei ragazzi”.
Prendendo la parola, il Papa così risponde.
 

Voi siete la parrocchia della Risurrezione del Signore, ma possiamo dire che tutti noi siamo la parrocchia della Risurrezione del Signore, perché tutta la Chiesa è nata con la risurrezione; è nata così - spiegano i Padri - dal costato trafitto di Cristo sulla croce. Ma questa morte, quel costato trafitto, era già preannuncio della risurrezione. La risurrezione ha dato conferma a questa morte e alla sua forza, forza di salvezza, forza divina.

Se non ci fosse stata la risurrezione - dice San Paolo - allora noi non saremmo stati salvati. Con la risurrezione ha inizio il popolo dei salvati, il Popolo di Dio, comincia la Chiesa.

Naturalmente ciò non si vedeva ancora al momento della risurrezione, come tanto meno si vedeva al momento della morte sulla croce. Si comincia a vedere all’esterno nel giorno della Pentecoste, ma la Chiesa è nata con la risurrezione, quando per la prima volta le donne andate al sepolcro lo trovarono vuoto e udirono una voce che diceva loro: non è qui, è risuscitato, è risorto.

Così, noi tutti dobbiamo la nostra nuova esistenza in Dio, la nostra esistenza cristiana alla sua risurrezione. Tutti formiamo la parrocchia della sua risurrezione, tutta la Chiesa e non solamente la Chiesa, ma l’umanità intera. Nella risurrezione di Cristo è cambiato il destino o, piuttosto, si è manifestato il destino dell’uomo, dell’umanità intera. Si è manifestato il destino divino, soprannaturale. La Chiesa è solamente l’espressione comunitaria di questo destino, di questo mistero di Cristo morto e risorto.

Noi possiamo dire - come ha giustamente detto il vostro parroco - che siamo niente. Siamo creati dal nulla, è vero, ma una volta creato l’uomo è già creatura, anzi creatura privilegiata, creatura che porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio. Eppoi, ancora di più, creatura redenta, redenta da Dio stesso, dal Figlio di Dio.

Redenta vuol dire ancora rivalorizzata, perché ha ripreso il suo valore, la sua forza, quella forza connaturale alla sua creazione che ha perso con il peccato, con il peccato originale e con tutti gli altri peccati che derivano dal primo. È vero che tutti noi siamo stati creati dal niente, ma siamo stati redenti, siamo rinati, viviamo con la forza divina di questa rinascita nella risurrezione.

Abbiamo dei doni che fanno parte della nostra eredità cristiana, non solamente di quella storica, ma di quella interiore. spirituale. Sono i doni della Grazia, sono i doni della nostra vocazione. Noi siamo chiamati ad essere partecipi della missione messianica di Cristo: questa è la definizione vera del Popolo di Dio, della Chiesa. Siamo chiamati ad essere partecipi di Cristo, di Cristo sacerdote, di Cristo profeta, di Cristo re.

Tutte queste verità, che si incontrano nella Sacra Scrittura, sono state riportate alla memoria dal Concilio Vaticano II. Noi dobbiamo leggere i suoi documenti, le sue testimonianze, per sapere chi siamo, in ogni parrocchia, in ogni città, specialmente in questa città di Roma. Così si spiega anche quella iniziativa che si è intrapresa più di un anno fa: l’iniziativa di un Sinodo diocesano. Si deve leggere il Concilio, si deve conoscere il Concilio, si deve imparare attraverso i testi del Magistero conciliare chi siamo, e, consapevoli di questo, portare avanti il nostro destino umano. Tuttavia questo destino umano finisce con la morte - “in pulverem reverteris” -. Ma il nostro destino divino si vede attraverso Gesù Cristo. Attraverso la sua morte e la sua risurrezione si vede Dio.

Vi auguro, carissimi fratelli e sorelle, tutti voi qui presenti, appartenenti al Consiglio pastorale e alle diverse associazioni e ai gruppi apostolici di questa comunità parrocchiale, di imparare sempre di nuovo, di approfondire sempre di nuovo la risposta alla domanda: chi siamo? Noi cristiani, noi parrocchiani della parrocchia della risurrezione di Cristo, chi siamo? Poi una volta appreso ciò, sapendo chi siamo, vi auguro di portare avanti il progetto divino nella vostra vita personale, familiare, parrocchiale, comunitaria, nazionale, anche mondiale, internazionale, perché il mistero della risurrezione abbraccia tutta l’umanità. Non è un mistero privato, ridotto a un momento, a una persona, a un ambiente, ma abbraccia tutti gli uomini, spiega tutti i nostri destini, come Dio vede la vocazione dell’uomo sulla terra, come la vede attraverso Cristo in se stesso, nel seno della vita divina.

Carissimi, grazie per questo incontro, grazie per la cordialità con cui la vostra parrocchia mi ha accolto oggi. Sono tanto grato e tanto contento per questa visita nel 25° della vostra parrocchia.  

Ai rappresentanti delle Associazioni laicali  

Alcuni rappresentanti dei gruppi di apostolato presentano le loro esperienze, le difficoltà e le speranze.
Il problema dei giovani è sottolineato dal rappresentante del Gruppo famiglie. Testimonianza concreta è anche quella svolta quotidianamente dai volontari del Centro di Ascolto Caritas. Dei poveri e degli emarginati parla la rappresentante della Comunità di Sant’Egidio. Ad essi il Santo Padre risponde con le seguenti parole.  

Vorrei ringraziarvi per queste parole. Non erano parole di cortesia, erano testimonianze della vostra vita nella comunità umana e cristiana di questa parrocchia. Erano testimonianze del vostro apostolato, e così giungiamo di nuovo al mistero della risurrezione, perché se non ci fosse stata la risurrezione, non ci sarebbero stati gli apostoli. Sono nati definitivamente con la risurrezione. Tutto l’apostolato è nato così; tutte le forme dell’apostolato che noi oggi viviamo nella Chiesa, nelle parrocchie, sono nate così, sono frutto della risurrezione di Cristo, della sua morte salvifica, di tutto quello che si chiama mistero pasquale.

Vi ringrazio per questo vostro apostolato di parrocchiani, di laici, che si esprime in diverse forme e in diversi indirizzi, con diverse finalità: i giovani, la catechesi, l’accoglienza dei bisognosi nella stessa casa, nello stesso condominio. La Comunità di Sant’Egidio - che conosco molto bene - vedo che si trova anche qui in questa parrocchia, e sta dando il suo buono spirito, spirito di carità, di fraternità ai vostri parrocchiani, spirito di accoglienza per i diversi, per i lontani, i lontani che diventano vicini. Vi ringrazio per questa testimonianza.

Adesso, devo dire che ho capito bene perché il parroco non comanda in questa parrocchia. Ma dico anche che questa è una sua furbizia pastorale, perché il parroco deve sempre non comandare per comandare. Questo che ho detto alla fine è un pò una battuta, ma è anche una verità; direi una verità teologica. Se si volesse, si potrebbe dire che in questo c’è anche un piccolo commento al Concilio Vaticano II, soprattutto alla sua ecclesiologia e al suo insegnamento sull’apostolato dei laici.  

Ai giovani radunati nella chiesa parrocchiale  

Droga, delinquenza minorile, teppismo, abbandono scolastico, emarginazione: sono le problematiche che i giovani della parrocchia sottopongono all’attenzione del Papa nell’ultimo incontro della visita parrocchiale. Non diversamente da altri quartieri di periferia, anche qui nella borgata Giardinetti, si riscontra l’assenza di strutture adeguate, capaci di fornire servizi essenziali per una valida accoglienza della gioventù.
Lo ricorda un giovane che sottolinea il disinteresse dei vari organi sociali in merito alla creazione di centri ricreativi. “L’unico punto di appoggio sul quale può contare un giovane fin dall’adolescenza è la parrocchia. Essa svolge un gran lavoro per interessare i giovani, ma non sempre riesce a coinvolgerli”.
Rispondendo, il Papa così si rivolge ai giovani.
 

Grazie per queste parole introduttive dei vostri amici. Saluto con voi i diversi gruppi che operano in questa parrocchia, gruppi giovanili come quelli dell’Azione Cattolica, dell’Agesci, della Comunità di Sant’Egidio e tanti altri.

Vedo in queste associazioni, in questi movimenti, in questi gruppi un’espressione della vostra ricerca, ricerca spirituale che oltre ad andare insieme con gli impegni della vostra vita giovanile - impegni di studio, forse impegni di lavoro - va anche verso qualche cosa di più. Questa cosa di più la trovate intorno a voi, la trovate soprattutto nelle persone e specialmente nelle persone bisognose, emarginate, nei nomadi, negli emigrati, nei senza tetto.

Tutte queste categorie di persone che vivono in questo ambiente, che vivono a Roma, nel mondo, creano per voi un interrogativo, una sfida. Questa è una constatazione molto importante, molto positiva: l’uomo deve vivere con una sfida, una sfida creata per lui dal male che si incontra nella vita umana, il male che si incontra nella società, nella vita sociale, il male dell’ingiustizia, il male che si incontra anche in se stessi, nella propria vita personale.

L’uomo giovane deve sentire questa sfida e deve vivere con questa sfida. Il cristiano è l’uomo della sfida. Come dicono gli americani, un “challenger”. Vi auguro di continuare a vivere così, di sentire questa sfida che viene dalle altre persone, dai problemi del mondo, e che vi interroga, che chiede il vostro impegno.

Questo è un segno della vostra personalità in crescita. L’uomo aspira, cerca il bene, il bene possibile, il bene doveroso, il bene ideale. Lo cerca attraverso il male. Forse il male che incontra è per lui una sfida più forte a cercare il bene. Così anche quei mali, quelle debolezze che incontra nel proprio intimo sono una sfida per cercare il bene, il perfezionamento, per vincere le proprie debolezze.

Questo è un programma generico, ma nello stesso tempo è un programma individuale, molto personale. Si può riferire ad ogni giovane, a ogni ragazzo, a ogni ragazza. Anche i gruppi di apostolato di cui fate parte cercano di creare un ambiente, una comunità in cui una tale sfida venga identificata, formulata, per poi impegnare tutti comunitariamente. Così vedo la vostra vita umana e cristiana in questa parrocchia e vorrei esprimere la mia soddisfazione per questa constatazione.

Mi congratulo per la vostra presenza, per la vostra partecipazione alla vita e alla vitalità cristiana della vostra parrocchia, per il vostro cercare, per strade diverse, di vivere con una sfida.

Certamente avete anche molte domande da fare. Alcune domande le ho già ascoltate molte volte anche oggi. I giovani hanno bisogno di essere ascoltati. Questo è vero e si deve fare di tutto per venire incontro a questo loro desiderio, al loro bisogno di essere ascoltati, di poter parlare, di potersi aprire, di poter trovare confidenza, fiducia in un’altra persona, un coetaneo o una persona più matura.

Questo è una parte della problematica. Ma ce n’è ancora un’altra. Non solamente si deve aspirare, si deve desiderare di essere ascoltati, ma si deve anche ascoltare. Non ci può essere un ascolto unilaterale, ma bilaterale. Si deve ascoltare, soprattutto si deve ascoltare Gesù. Qual è il metodo di questo ascolto? Ci sono metodi diversi. Certamente si ascolta Gesù quando si legge il Vangelo, perché nel Vangelo è Gesù che parla. Si ascolta il Signore quando si segue la catechesi, specialmente una catechesi più approfondita, più adatta alla vostra età, ai vostri problemi. Ma direi che, fra tutti i metodi per ascoltare Gesù, per ascoltare Dio, c’è soprattutto quello della preghiera.

Può sembrare, quando noi preghiamo, che siamo noi a parlare, sperando di essere ascoltati. Ma la vera realtà della preghiera è ancora un’altra. Quando noi preghiamo è Dio che ci parla. Non è tanto importante il fatto che siamo noi a parlare - naturalmente ciò è anche importante perché quello che l’uomo dice nella preghiera ha un valore più profondo - ma dico e ripeto che la cosa ancora più importante, più essenziale è che Dio ci parla. Sono parole “senza parola”, parole “senza voce”, ma in un momento ti accorgi di aver trovato la luce, di aver trovato la risposta, di aver trovato la strada. Dio ci parla.

Vi auguro di imparare questo metodo per ascoltare Dio, per ascoltare Cristo e per camminare seguendo la sua parola, la sua luce, la sua forza.

Carissimi giovani, volevo con queste poche riflessioni trovare una risposta alla vostra presenza, ai vostri interventi e alle vostre domande. Soprattutto al fatto stesso che siete in questa parrocchia, che fate parte di questa comunità, anzi che formate una parte attiva, una parte viva, una parte apostolica, impegnata, una parte che dà anche bellezza a questa comunità parrocchiale. Per esempio la bellezza del canto. Ho ascoltato i canti durante la Messa e qui all’inizio della nostra riunione. Vi auguro di continuare così. Che il Signore sia con voi, cammini con voi. Vi auguro anche di poterlo incontrare sempre e soprattutto nella preghiera.

 

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