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RADIOMESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
PER IL 50° DI SACERDOZIO DEL CARDINALE UGO POLETTI

Martedì, 28 giugno 1988

 

“Celebrate con me il Signore
esaltiamo insieme il suo nome”
(Sal 34 [34], 4).

1. Sono spiritualmente unito a voi, venerati fratelli nell’episcopato, cari sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose e laici della Chiesa di Dio che in Roma, convenuti questa sera nella Patriarcale Basilica del Laterano, per ringraziare il Signore in occasione del 50° di sacerdozio e 30° di episcopato del Cardinale Ugo Poletti, che da oltre 15 anni si spende generosamente a servizio di questa diocesi.

La collaborazione del Cardinale vicario riveste per me una importanza tutta particolare, a motivo dell’essenziale missione che, per arcano disegno di Dio, ho come Vescovo di Roma. È noto infatti che il servizio alla Chiesa universale, affidato al Papa quale successore di Pietro, scaturisce proprio dal suo servizio alla Chiesa di Roma, di cui l’apostolo occupò per primo la Sede e la consolidò versando generosamente il suo sangue.

Il Cardinale vicario collabora con me nell’assolvere a questo compito fondamentale, consentendomi, con la sua disponibilità, a far fronte alle molteplici incombenze connesse con la responsabilità pastorale verso questa porzione del gregge di Cristo. Mi è caro riconoscere, anche in questa circostanza, il grande aiuto che mi è venuto, nel corso di questi anni, dal Cardinale Poletti. Mentre elevo un sentito ringraziamento a Dio che mi ha concesso di potermi valere di un così solerte collaboratore, desidero esprimere anche a lei, signor Cardinale, la mia viva riconoscenza per quanto ha fatto e continua a fare interpretando le mie speciali sollecitudini per il bene di questa diletta Chiesa, a cui si guarda da ogni parte del mondo.

2. Sì, ogni Chiesa sorella guarda alla Chiesa di Roma, ben sapendo che essa è stata irrorata, agli inizi dell’era cristiana, dal sangue degli apostoli Pietro e Paolo, e da quello di tanti altri martiri, e che ha continuato nei secoli a dar frutti di virtù nei santi che l’hanno abitata, come nelle varie componenti del Popolo di Dio. Chi potrebbe ignorare la responsabilità che nasce da un simile passato? La Roma di oggi deve raccogliere questa eredità, questa sfida. Anche perché la missione universale del Papa è giudicata anche sulla base di ciò che vien fatto nella sua Sede romana.

È precisamente in questa prospettiva che si manifesta in tutta la sua importanza e delicatezza l’ufficio del Cardinale vicario, a cui spetta il compito di promuovere l’azione pastorale nella diocesi, coordinando iniziative e sforzi in vista del maggior bene dei fedeli.

L’abituale contatto con la realtà umana della diocesi, il dialogo con sacerdoti, persone consacrate, laici impegnati, il confronto stimolante con i collaboratori, lo pongono in grado di offrire al Papa un quadro costantemente aggiornato della situazione ecclesiale e di operare poi in modo efficace per tradurre in atto le direttive che da lui sono date in vista dell’azione pastorale concreta. Ciò, ovviamente, suppone nel Cardinale vicario un atteggiamento di continua solidarietà verso colui che, in quanto Vescovo di questa Chiesa, ne ha la piena responsabilità davanti a Dio.

3. Sono lieto di darle atto, signor Cardinale, di aver sempre cercato, nell’adempimento del suo ufficio, di attenersi ai criteri appena enunciati. La piena sintonia con i miei predecessori e con me è stata per lei assillo costante e condizione previa all’assunzione di ogni iniziativa pastorale. Con questo spirito ella s’è instancabilmente adoperata per far maturare nei membri di questa Chiesa una più consapevole partecipazione alle responsabilità provenienti dal loro Battesimo e per promuovere tra loro l’impegno dell’evangelizzazione, della condivisione e del servizio fraterno, così da far fronte in modo adeguato alle odierne istanze e ai nuovi bisogni indotti dalle recenti trasformazioni sociali e culturali.

Col medesimo spirito ella ora attende a portare avanti il Sinodo diocesano, entrato ormai nella sua fase decisiva. È, questa, un’occasione singolare per ravvivare nei cristiani di Roma la fierezza di appartenere alla Chiesa fondata sul martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo, di cui ricorre l’annua festività liturgica. Occorre che ogni fedele riscopra e faccia propria la vocazione particolare di questa Chiesa, chiamata da Dio ad offrire al mondo una testimonianza di comunione costruttiva, di fedeltà al patrimonio di verità della Tradizione riproposto all’uomo contemporaneo dal Concilio Vaticano II, di slancio sempre rinascente nell’annuncio del Vangelo a quanti vivono in questa città o qui convengono per essere confermati nella fede da Pietro che vive nei suo successori.

4. Signor Cardinale, in un momento significativo come questo non posso non ricordare anche la pronta disponibilità con cui ella ha accettato, a suo tempo, l’invito ad assumere la presidenza della Conferenza episcopale italiana, che le ha recato, insieme con nuove incombenze, nuove, gravi responsabilità. Le sono sinceramente grato per il lavoro svolto in questo campo, nel quale ha avuto modo di confermare le doti di generosità e di zelo che la distinguono. Sono certo di interpretare il pensiero dei Vescovi d’Italia nell’esprimerle cordiale apprezzamento per la sensibilità dimostrata nell’adempimento di un compito tanto delicato ed impegnativo.

Auspico che tanto fervore di attività possa essere coronato, con l’aiuto di Dio, da crescenti risultati positivi, apportatori di interiori consolazioni per lei e per tutto l’episcopato italiano, e di rinnovate opportunità di spirituale progresso per i fedeli; e assicuro a questo scopo uno speciale ricordo nella preghiera.

Affido questi voti all’intercessione di Maria santissima, madre di Cristo, sommo ed eterno sacerdote, e madre della Chiesa, e, nel ricordo del suo “Magnificat” per le grandi opere che Dio compie in coloro che - come lei, signor Cardinale - si riconoscono umili servitori del suo progetto di salvezza, imparto a lei ed a quanti sono convenuti in codesta Basilica la mia affettuosa benedizione apostolica.

 

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