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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI PELLEGRINI ALBANESI
GIUNTI A ROMA PER L’ANNO MARIANO

Venerdì, 6 maggio 1988

 

Cari fratelli e sorelle.

1. Con gioia vi saluto, cari figli e figlie albanesi, giunti da vari Paesi d’Europa e d’America, in occasione dell’anno mariano. Durante il vostro pellegrinaggio al Santuario di Genezzano, dove, secondo la tradizione, si venera l’immagine di nostra Signora di Shkodër, patrona dell’Albania, è stato vostro desiderio fare sosta presso la tomba dell’apostolo Pietro, per essere “confermati nella fede” (cf. Lc 22, 32). Siate i benvenuti!

Questo incontro ci riempie di commozione. Vedo sul vostro volto l’antica fierezza del popolo albanese, ma vedo anche la vostra nostalgia per la patria, “la terra delle aquile”, una nobile nazione di antiche memorie, illustri tradizioni e lunghe battaglie per la libertà. Questa terra, geograficamente così vicina, è a me particolarmente cara. E come potrebbe non esserlo, dal momento che conserva la memoria della presenza degli apostoli Andrea e Paolo, dell’origine apostolica di Dürres, prima sede episcopale, il martirio di san Astio, e poi, lungo i secoli, una lunga serie di martiri e confessori? Come potrei non avere una affezione particolare per una nazione la cui comunità cattolica è stata sempre fedele alla comunione con la Sede apostolica, anche nelle circostanze più difficili e dolorose?

2. Cari fratelli e sorelle, desidero oggi salutare in voi l’intero popolo dell’Albania, con grande rispetto e cordiale amicizia. Conosco la vostra storia, spesso travagliata. So come siete orgogliosi, a buon diritto, delle vostre belle tradizioni e costumi. Ogni momento della vostra storia centenaria è segnato dalla ferma risoluzione di affermare e difendere la vostra identità spirituale e culturale.

I fedeli cattolici, insieme con gli altri gruppi della comunità nazionale, hanno collaborato in questo importante impegno, che costituisce il motivo unificante della comunità nazionale. Oggi, voi lo testimoniate con convinzione perché, nonostante siate lontano dalla vostra patria, cercate di salvaguardare l’integrità e l’autenticità delle tradizioni ereditate, per trasmetterle alle generazioni più giovani. Quello che voi fate per preservare la lingua, la cultura e i costumi albanesi, negli aspetti più vari, è un valido apporto alla vostra nazione.

Questo fanno i cattolici, che nello stesso tempo si sentono figli affezionati e fedeli della santa Madre Chiesa e della loro stessa patria. E questo fa la Chiesa, che non è straniera ma incarnata in ogni popolo, i cui valori essa rende propri, illuminandoli alla luce del Vangelo di Cristo. Perché l’obbedienza alla fede trova espressione spontanea in tutto ciò di vero, buono e giusto appartiene all’eredità di ogni popolo.

3. Nel mio messaggio di quest’anno per la Giornata mondiale per la pace, ho ricordato che la religione, vissuta in piena libertà e in tutte le sue esigenze personali e comunitarie, costituisce un fattore di comunione delle menti, di collaborazione per il bene comune e la pace. La religione non può essere indifferente, e ancor meno ostile, alla crescita della persona umana e della comunità civile. Perché essa offre il contributo della fede vissuta nella carità, nella solidarietà, nella comprensione vicendevole, nella testimonianza alla verità, nella ricerca della pace.

Nelle diverse epoche della storia del vostro Paese, non sono mancati esempi particolarmente eloquenti di questa efficace partecipazione della comunità cattolica - e dei suoi membri - alla vita, al progresso e all’indipendenza della nazione. Con tutto il mio cuore condivido con voi la speranza che la Chiesa, che per duemila anni ha messo radici nel suolo albanese, possa nuovamente essere libera, per continuare ad essere un elemento di coesione nazionale e un fattore di unità e pace nel cuore del vostro popolo.

4. Cari fratelli e sorelle, nella vostra fedeltà a Cristo e alla Chiesa vedo la prova del fatto che nei figli e nelle figlie di Albania è viva l’aspirazione alla libertà religiosa. Nel loro nome, nel nome della Chiesa tutta, rivolgo un nuovo appello per il riconoscimento di questo fondamentale bisogno dello spirito.

In questo anno mariano, e nel contesto del vostro pellegrinaggio, questa invocazione diventa una preghiera.

Vergine di Shkodër, patrona di Albania, nostra dolce Madre! Tu porti nel tuo cuore le vite dei popoli: guarda a questa nazione, che ha ricevuto il primo annuncio del Vangelo dagli apostoli, e che ti ha sempre venerato con tenero amore filiale. Anche oggi, nell’oscurità delle tribolazioni, questa nazione ricorre con fiducia al tuo materno aiuto.

Tu precedi la Chiesa nel pellegrinaggio della fede: guarda i tuoi figli e figlie albanesi, come soffrono dolore e tribolazioni. Sostieni i deboli, conforta gli afflitti, mantieni viva la fede nel cuore di tutti.

Madre del Salvatore, benedici le famiglie cristiane, che costituiscono una dimensione fondamentale della Chiesa del tuo divin Figlio.

Madre della speranza, affretta il giorno in cui questo nobile popolo possa di nuovo veder riconosciute le più profonde aspirazioni del suo spirito, quando tutti i suoi figli e figlie saranno nuovamente uniti e in armonia, per costruire un futuro di giustizia e di pace.

Con la mia apostolica benedizione.

 

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana

 



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