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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CONSIGLIO GENERALE DEI SALESIANI

Sabato, 4 febbraio 1989

 

1. Sono particolarmente lieto di incontrare il rettore maggiore e il consiglio generale della Società Salesiana, al termine delle solenni celebrazioni del centenario della morte di san Giovanni Bosco. Come ho scritto proprio alcuni giorni fa a conclusione dell’anno, “il mio animo si apre a tanti ricordi e trae conforto rievocando i principali momenti celebrativi che l’hanno contrassegnato” (Epistula ad R. D. Aegidium Viganò, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectorem Maiorem, “Centesimo Exeunte”, die 24 ian. 1989: vide supra, p. 161). Come è apparso dalla molteplicità degli incontri, specialmente giovanili, dei pellegrinaggi ai luoghi salesiani, dei convegni di studio, tra i quali il congresso internazionale di studi storici e pedagogici svoltosi a Roma, è indubbio che il dinamismo del suo amore continua a portare frutti in ogni paese del mondo. Anch’io ho voluto, in diversi modi, soprattutto con il mio pellegrinaggio ai luoghi del vostro fondatore, mettere in luce il peculiare carisma e la missione di un educatore tanto insigne, vero dono di Dio alla Chiesa. “La sua statura di santo - ho scritto nella lettera Iuvenum Patris del 31 gennaio 1988 - si colloca con originalità tra i grandi fondatori di istituti religiosi nella Chiesa. Egli eccelle per molti aspetti: è l’iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, ausiliatrice dei cristiani e madre della Chiesa; è il testimone di un leale e coraggioso senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni delicate nelle allora difficili relazioni tra la Chiesa e lo Stato; è l’apostolo realistico e pratico, aperto agli apporti delle nuove scoperte; è l’organizzatore zelante delle missioni, con sensibilità veramente cattolica; è, in modo eccellente, l’esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente i più bisognosi, a bene della Chiesa e della società; è il maestro di un’efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare” (Epistula R. D. presbytero Aegidio Viganò, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco “Iuvenum Patris”, 5, die 31 ian. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 272).

Pienamente convinto del fatto che don Bosco ha realizzato la sua personale santità “mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico” (Epistula R. D. presbytero Aegidio Viganò, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco “Iuvenum Patris”, 5, die 31 ian. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 272), e che la sua vita, la sua spiritualità, i suoi scritti e la sua opera offrono grandi luci evangeliche e validi criteri metodologici per la formazione dell’“Uomo nuovo”, ho voluto proclamarlo padre e maestro della gioventù, stabilendo che con tale titolo egli sia onorato ed invocato in tutta la Chiesa, non solo dai membri della grande famiglia salesiana, ma da quanti hanno a cuore la causa dei giovani, e intendono promuovere la loro educazione per contribuire all’edificazione di una nuova umanità (Epistula ad R. D. Aegidium Viganò, Societatis Sancti Francisci Salesii Rectorem Maiorem, “Centesimo Exeunte”, die 24 ian. 1989: vide supra, p. 161).

Don Bosco costituisce un momento basilare della storia della Chiesa: ha lasciato infatti una concezione, un insegnamento, un esperimento, un metodo che sono ormai patrimonio acquisito; e, come dichiarava il mio venerato predecessore Paolo VI, egli è stato: “genio riconosciuto della moderna pedagogia e catechesi ma, più ancora, genio della santità, di quella santità, che è nota caratteristica della Chiesa, santa e santificatrice” (Pauli VI, Allocutio ad eos Societatis Sancti Francisci Salesii sodales, qui XXI Capitulo Generali interfuerunt, Romae habito, die 26 ian. 1978: Insegnamenti di Paolo VI, XVI [1978] 59).

2. L’ambito dell’azione educativa è intimamente connesso con la missione salvifica della Chiesa, quale luogo in cui si matura la crescita di ogni persona alla luce della Parola di Dio. Don Bosco è un “segno” dell’amore preferenziale per i giovani, soprattutto per i più bisognosi.

Nella fase attuale di grande maturazione delle scienze dell’educazione, che stanno trovando anche con l’apporto di studiosi della famiglia salesiana il loro preciso statuto epistemologico, don Bosco ci invita non tanto a dedicarci comunque ai giovani, ma ad “educare con un progetto”. Il nostro santo, che ha operato una sintesi vitale tra sapere pedagogico e prassi educativa, ci ha offerto un sistema complessivo che, senza nulla detrarre all’apporto arricchente e specifico di altri educatori passati o coevi, rimane un punto fermo per il riuscito tentativo di unificare in sintesi i complessi elementi destinati a promuovere lo sviluppo completo del ragazzo e del giovane.

Infine appare inderogabile la necessità di stabilire una sintesi tra evangelizzazione ed educazione: in don Bosco “la preoccupazione di evangelizzare i giovani non si riduceva alla sola catechesi, o alla sola liturgia, o a quegli atti religiosi che domandano un esplicito esercizio della fede e ad essa conducono, ma spaziava in tutto il vasto settore della condizione giovanile” (Epistula R. D. presbytrero Aegidio Viganò, Rectori Maiori Societatis Sancti Francisci Salesii post centum transactos annos ab obitu S. Ioannis Bosco, “Iuvenum Patris”, 15, die 31 ian. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1 [1988] 272).

Cari fratelli, sono stato informato che avete scelto per il prossimo capitolo generale il tema: “Educare i giovani alla fede: compito e sfida per la Comunità salesiana di oggi”. Si tratta di un tema che tocca profondamente tutta la Chiesa. La sua portata non dipende solamente da determinate caratteristiche dell’attuale condizione giovanile, ma procede da una situazione di cultura emergente in un’ora di intenso cambio, all’avvicinarsi del terzo millennio cristiano. E un’ora di grande responsabilità ecclesiale e di affascinante impegno nel cammino dell’evangelizzazione.

3. Perciò dico a voi e ripeto a tutti gli appartenenti alla famiglia salesiana: siate sempre e dappertutto “missionari dei giovani!”. Educate con lo sguardo rivolto a Cristo, divino educatore del Popolo di Dio, come ha fatto don Bosco. Oggi più che mai c’è bisogno di una metodologia pedagogica che sappia assumere gli apporti delle scienze umane dell’educazione elevandole al livello vivificante della carità pastorale. C’è vera fame di saggezza pastorale, che non si accontenti di “decifrare” e di “interpretare” l’uomo, ma che si impegni efficacemente a trasformarlo alla luce di quelle finalità e con la forza di quei dinamismi, che Dio stesso ha messo nel cuore della Chiesa e dell’umanità. In questo campo don Bosco è davvero un testimone, un padre e maestro che può illuminare gli attuali compiti dell’educazione, per rispondere alle gravi interpellanze del mondo odierno.

La sua potente intercessione sostenga la struggente domanda di aiuto che si leva dai mille problemi delle famiglie e degli educatori di oggi.

Vi accompagnino la mia preghiera e la mia benedizione.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 


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