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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE ABBADESSE BENEDETTINE D’ITALIA

Lunedì, 16 gennaio 1989

 

Carissime abbadesse!

1. Sono molto lieto di potermi incontrare con voi durante i lavori del vostro convegno, nel quale cercate di approfondire sempre maggiormente l’identità specifica delle monache, oggi, partendo dalla riflessione sulla dignità e sulla vocazione della donna.

Una presa di coscienza dell’identità femminile da parte di superiore responsabili della guida di una comunità di anime consacrate, quali voi siete, è un’occasione quanto mai propizia per riflettere sui valori della professione monastica e sul come incarnarsi oggi, nella realtà vitale presentata dalle giovani vocazioni. Ma ciò richiede prima di tutto un atteggiamento di tanta umiltà e di spirito di fede.

La riflessione sulla dignità e la vocazione della donna ha raggiunto un rilievo tutto particolare in questi ultimi anni; è stata una più profonda presa di coscienza di quella realtà fondamentale, già affermata nelle prime pagine della Bibbia: “Dio creò l’uomo: maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27). Il primo fondamento, sul quale poggia la dottrina sulla dignità della donna e ce ne fa comprendere la ricchezza e il valore, è proprio questo testo biblico.

2. Il Concilio richiama tale principio nel messaggio indirizzato alle donne: “La Chiesa è fiera di avere esaltato e attuato l’autentica libertà della donna, di aver fatto risplendere, nel corso dei secoli, pur nella diversità dei caratteri, la sua intrinseca uguaglianza con l’uomo”.

La donna esprime questa sua dignità in modo eminente quando si realizza nella sua specifica vocazione, quando cioè vive la pienezza del suo essere in modo integralmente rispondente al disegno di Dio nei suoi riguardi. Sarebbe quindi riduttivo, e potrebbe diventare deviante, prospettare la “questione donna” in una dimensione puramente sociologica ed antropologica.

Nell’insegnamento di Cristo la maternità è collegata alla verginità, ma è anche distinta da essa. Cristo distingue il celibato che è effetto di cause naturali, dal “celibato per il Regno dei cieli”: “Questo infatti è il frutto, non solamente di una libera scelta da parte dell’uomo, ma anche di una speciale grazia da parte di Dio che chiama una determinata persona a vivere il celibato” (Mulieris Dignitatem, 20).

Sulla base del Vangelo il valore della verginità si è sviluppato e approfondito come una speciale vocazione per la donna, la cui dignità trova conferma nell’immagine della Vergine di Nazaret, ed è totalmente fondata sul radicalismo dell’ideale proposto da Cristo a “chi ha orecchi da intendere”: infatti, come ancora ho scritto nella Mulieris Dignitatem “il Vangelo propone l’ideale della consacrazione della persona, che significa la sua consacrazione esclusiva a Dio, mediante i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza” (cf. Mulieris Dignitatem, 20).

La verginità consacrata si fonda soprattutto su un “sì” profondo e costante nell’ordine sponsale; sul dono di sé per amore, in modo totale e senza riserve.

Evidentemente la verginità nel significato evangelico, comporta la rinuncia al Matrimonio e quindi alla maternità fisica. Ma questa rinuncia non è frustrante, perché apre tutto l’essere ad una maternità secondo lo spirito: ad una maternità spirituale che si esprime in molteplici forme. La verginità non priva dunque la donna delle sue caratteristiche proprie: l’amore sponsale, che ella nutre per Cristo, la porta ad aprirsi a tutti e a ciascuno. La Lumen Gentium ha espresso perfettamente tale verità: “Nessuno deve pensare che i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre; poiché anche se essi non sono sempre direttamente presenti ai loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, collaborando spiritualmente con essi” (Lumen Gentium, 46).

3. Dilette sorelle! Questa sublime vocazione, che è insieme materna, sponsale e verginale, voi volete viverla alla scuola di san Benedetto e di santa Scolastica. La vostra identità di consacrate si illumina e si arricchisce alla luce dell’insegnamento del vostro padre, il quale voleva i suoi figli “cercatori di Dio”, amanti di Dio, felici di vivere separati dal mondo, ma presenti ai loro fratelli nel mondo e ad essi legati dal vincolo dell’amore di Cristo, felici di vivere nella “Casa di Dio” come in una famiglia, radicata nell’obbedienza e nella carità.

Poste alla guida di questa “Casa di Dio” voi dovete essere le prime educatrici delle vostre consorelle con una vita di fedele e convincente testimonianza dei valori che tutte avete professato.

Come corrispondere allora all’appello che scaturisce dalle riflessioni sulla dignità e sulla vocazione della donna consacrata? Come conservare il fervore della carità, la generosità dell’offerta, la piena disponibilità nella gioia della fraternità? Come camminare nella fede, seguendo ed imitando la Vergine Maria?

“I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11, 20), e “anche se noi siamo infedeli, egli resterà fedele” (2 Tm 2, 13). Insieme alle vostre sorelle testimoniate qual è la forza della grazia, e dimostrate con i fatti la generosità, sino all’eroismo, che può generare un cuore afferrato dall’amore di Cristo, e che nulla preferisce a quest’amore di Cristo, come continuamente vi suggerisce il vostro padre san Benedetto.

Nella “casa del servizio di Dio”, riscoprite insieme i valori più veri della tradizione monastica; siatevi fedeli, impegnatevi nella promozione delle vocazioni, coltivate la vostra vocazione, dedicandovi diligentemente e comunitariamente alla formazione permanente, in modo da raggiungere nella fraternità una effettiva maturità umana e spirituale: quando ogni monaca avrà realizzato il suo essere di “donna consacrata”, una vita nuova irromperà nelle vostre case.

Non chiudetevi in voi stesse, aprite il cuore alla Chiesa e rendetevi disponibili all’azione di Dio attraverso il dono di voi stesse, che comincia con l’attenzione alla sorella che vive accanto a voi per spaziare sulle necessità dolorose e drammatiche di tutto il mondo.

Voi, superiore dei vostri monasteri, dovete essere guide e maestre, ma soprattutto madri di coloro che il Signore ha scelto per sé, ma che ha affidato a voi, facendo della carità la legge principale che ispira la vostra condotta. Con sapienza e con prudenza incoraggiate gli sforzi, correggete gli abusi, sostenete le deboli, orientate ogni energia alla più grande capacità di dare e di ricevere, in modo che ogni monastero diventi, come desiderava san Benedetto, una scuola di servizio del Signore, nella quale, mentre “si avanza nelle virtù monastiche, il cuore si dilata nella fede e corre nella indicibile soavità dell’amore”.

4. In questa missione la Vergine Maria, la serva del Signore, che compendia il mistero della donna, in particolare della donna consacrata, totalmente disponibile alla volontà del Padre celeste, attenta alle necessità degli altri a Nazaret e a Cana; presente al Calvario, al Cenacolo e alla nascita della Chiesa, sia il vostro modello e il vostro aiuto! Come lei, avete risposto all’appello del Signore, cercando così di avanzare nel cammino della fede, realizzando sempre meglio la vocazione claustrale: lasciatevi perciò illuminare e guidare da lei, che vi guarda e vi assiste con cuore di Vergine e di madre!

Con questa fiducia e con questo augurio, imparto l’apostolica benedizione a voi e a tutte le consorelle dei monasteri benedettini.

 

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