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SANTUARIO MARIANO DI OROPA E VALLE D’AOSTA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELLA VAL D’AOSTA
DURANTE L’INCONTRO DI PREGHIERA A LES COMBES

Les Combes (Aosta) - Giovedì, 20 luglio 1989

 

Preparandoci alla benedizione conclusiva di questa nostra preghiera, preghiera sinodale per introdurre il Sinodo diocesano della diocesi di Aosta, vorrei fare una breve riflessione sulla circostanza in cui questa nostra preghiera ha luogo. Ecco, la Val d’Aosta, ecco le montagne, le Alpi. In queste montagne tante persone, persone di questa terra, Italiani, ospiti di altre terre di diverse nazionalità, tutti vengono qui. Vengono con una speciale sfida.

Le montagne sono una sfida. Le montagne provocano l’uomo, la persona umana, i giovani, e non solamente i giovani, a fare uno sforzo per superare se stessi. Ciascuno di noi potrebbe camminare sulle strade, sulle piazze delle nostre città con tutte le comodità, e viaggiare, perché oggi camminare vuol dire sempre di più usare un veicolo. Invece qui nelle montagne si viene per trovarsi davanti a una realtà geografica che ci supera e ci provoca ad accettare questo superamento, a superare noi stessi. Superare noi stessi. E si vedono questi camminatori, si vedono questi turisti, questi alpinisti, questi scalatori qualche volta eroici che, seguendo la parola tacita, la parola maestosa, l’eloquenza perenne delle montagne, camminano, scalano superando se stessi per arrivare alle vette molte volte tra difficoltà, molte volte con una speciale tecnica alpinistica. Ecco la Val d’Aosta, la vostra regione, la vostra patria ci parla di questo grande problema umano: superare se stesso.

L’uomo è chiamato a superare se stesso. È chiamato non solamente alle montagne nella sua dimensione fisica, corporale. È chiamato da Dio in Gesù Cristo. Ecco la mistica montagna di tutte le generazioni di tutta la storia umana: Gesù Cristo, in cui l’uomo è chiamato da Dio a superare se stesso e ad attingere il suo destino soprannaturale: soprannaturale e, nello stesso tempo, pienamente umano, mostratoci in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.

Ecco il cammino, il cammino spirituale, il cammino della vita cristiana, il cammino che provoca, che sfida, che invita ciascuno di noi, specialmente voi giovani perché, per voi giovani, Cristo in un senso speciale è la via, la verità e la vita. Per noi tutti e per ciascuno, ma per voi che vi trovate all’inizio del vostro cammino, della vostra esperienza esistenziale, Cristo in senso speciale è via, verità e vita. E ci invita come in un certo senso ha invitato i due discepoli di Emmaus, che camminavano da Gerusalemme a Emmaus, forse fuggendo, sfuggendo da quella città in cui avevano vissuto la tragedia del loro maestro. A un certo momento Cristo, sì crocifisso, sì sepolto, camminava con loro e spiegava loro il mistero della sua Passione, il suo mistero pasquale come era iscritto in tutta la tradizione veterotestamentaria dei profeti. Non poteva essere altro il Messia, non poteva essere altro il Cristo. Solamente così, solamente attraverso la Croce, fino alla Risurrezione. Questo per lungo tempo non poterono capirlo. Ma venne un momento in cui poterono capirlo. “In fractione panis”.

Ma vorrei tornare ancora una volta a questo “camminare” alpinistico così tipico delle montagne della vostra regione, la Val d’Aosta, le più superbe montagne delle catene alpine, le più superbe montagne di tutta l’Europa. Si vede che questi camminatori alpini, scalatori mai camminano da soli. Specialmente se hanno un programma alpinistico più ambizioso e più rischioso, camminano sempre in due, in tre, in quattro. Possiamo dire che il modo di fare l’alpinismo è un modo “sinodale”. Si deve trovare una strada comune, un cammino comune, e questo è anche il metodo tradizionale della Chiesa, che viene dalla esperienza dei dodici, dal Cenacolo e poi si trasferisce nelle generazioni sempre nuove.

La Chiesa nel suo cammino spirituale ha trovato e poi confermato il metodo sinodale.

Camminare insieme, incontrarsi, incontrarci, trovare una strada comune, una strada in cui noi due, noi tre, noi cento, noi diecimila stiamo insieme per arrivare a quella meta spirituale che è la vita in Gesù Cristo, per arrivare personalmente, collegialmente nella dimensione della comunità di una diocesi, di una provincia ecclesiale, di un popolo, di tutta la Chiesa.

Ecco, si vede come le esperienze degli alpinisti e le esperienze dei cristiani sono vicine, perché qui e là c’è una sfida. Bisogna superare se stessi, bisogna rispondere a colui che ci ha superato: Gesù Cristo. Ma non ci ha superato per lasciarci nella nostra situazione bassa. Ci ha superato per insegnarci come superare noi stessi, come trovare la vita con lui, come realizzare in lui la nostra vita, il nostro cammino, come scoprire in lui la pienezza della verità.

Queste sono le mie riflessioni ispirate anche un po’ dalle circostanze esterne, ma soprattutto indirizzate a voi giovani, che siete qui insieme con il vostro Vescovo e con i vostri sacerdoti, siete in questa riunione diocesana per pregare e anche per introdurre l’esperienza sinodale tra voi e in tutto il Popolo di Dio della diocesi di Aosta. Vi ringrazio per questo incontro, ringrazio tutti i presenti. Fra voi sono anche gli alpini, questa parte famosa dell’esercito italiano tanto legata alle montagne, alle Alpi. E ci sono anche altri rappresentanti della regione, della cultura regionale. Saremo molto lieti di ascoltarli, e poi anche di osservare, di vedere con compiacimento le loro caratteristiche danze regionali.

Per tutto questo ci vuole anche il fuoco. Cercheremo di fare questo fuoco, poi cercheremo anche di risolvere quel difficile problema ecclesiologico che ci ha posto il vostro Vescovo; se questa sera non ha parlato nessuna donna, ma solamente un giovane, e non una giovane, c’è sempre una Madonna che sta fra noi e che ci guarda coi suoi occhi materni e ci parla più di ogni giovane, maschio o femmina, e ci parla più di ogni sacerdote, di ogni apostolo e di ogni Papa. Vi lascio, per il futuro della vostra diocesi e specialmente di questo Sinodo che comincia il suo cammino, con questa “Donna”, a cui si riferisce nel senso supremo tutto quello che possiamo dire nella Mulieris Dignitatem. E adesso, insieme col vostro Vescovo, voglio offrire a tutti una benedizione.

 

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