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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON GLI ANZIANI E I MALATI
NELLA CATTEDRALE CATTOLICA DI SANT’HENRIK

Helsinki (Finlandia) - Martedì, 6 giugno 1989

 

Sia lodato Gesù Cristo! Cari fratelli e sorelle.

1. Il Signore ci ha condotto a questo nuovo giorno. Egli è con noi in quest’ora del mattino mentre ci raduniamo all’interno di questa nobile cattedrale e lo ringraziamo per il dono della vita e per le meraviglie della sua grazia. Nello stesso tempo affidiamo a lui il nostro futuro. Ieri, oggi e domani appartengono a lui.

Per la prima volta nella storia il Vescovo di Roma entra in questa cattedrale, intitolata a sant’Henrik, il santo patrono della Finlandia. Il mio cuore gioisce nel celebrare questo con voi: gli anziani, i malati ed anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose di Finlandia. Parlarvi è per me un privilegio, stare con voi, perché voi tutti siete speciali agli occhi del Signore.

2. Abbiamo appena ascoltato le meravigliose parole delle beatitudini: “Beati i poveri”. Queste parole sono rivolte a noi tutti, ma in particolare a coloro cui tocca portare la pesante croce del dolore e della malattia. Questa mattina il Signore vi dice: “Siate benedetti”. Nel vostro stato di fragilità e dipendenza voi concretizzate meglio di chiunque altro l’ideale secondo il quale noi tutti siamo deboli, fragili e in ultima analisi dipendenti da Cristo, che ci dice: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15, 5).

Voi vi domanderete, come posso essere benedetto? Nella maggior parte dei casi la società moderna idolatra la salute, la giovinezza, il potere e la bellezza. I malati ed i poveri sembrano mancare proprio di quelle qualità che il mondo così tanto ammira. Ma a questo punto subentra una maggiore saggezza: una saggezza che ci rivela il vero significato della nostra umana debolezza e del nostro dolore. Questa saggezza ci è rivelata in Cristo. Egli conosce cosa vuol dire soffrire; lo ha sperimentato sulla via del Calvario. Egli venne flagellato ed incoronato di spine; dovette portare la Croce ed essere crocifisso.

È nel modo più intimo che egli accomuna in se stesso tutti coloro che soffrono. Se qualcuno fra i vostri parenti, fra i vostri vicini, fra coloro che si prendono cura di voi non comprende appieno il valore della vostra sofferenza, è certo che Cristo è in grado di farlo. Il Signore non solo comprende le nostre sofferenze, ma ci insegna che sia esse che il dolore, l’invecchiamento e la stessa morte acquistano un immenso valore allorché associate con la sua propria Passione e morte. Infatti Gesù dice che nessuno può dirsi suo seguace senza prendere la propria croce.

3. Nel vangelo di san Giovanni leggiamo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Gesù Cristo è la Parola decisiva di Dio nei confronti della condizione umana, e quindi anche riguardo alla sofferenza. Nel piano di Dio ogni momento della vita ha valore, perché fin dal momento del concepimento sussiste un incontro, un dialogo fra il Creatore e la creatura, fra il divino e l’umano. Questo dialogo assume la forma più sublime nella preghiera e nell’adorazione, e raggiunge una speciale intensità nella nostra obbedienza alla volontà di Dio che ci è dettata dall’amore, ed anche quando noi accettiamo la vita, con tutte le difficoltà e le sofferenze, viste come contributo all’opera della Redenzione.

Tutti voi perciò avete un particolare apostolato, essere uniti a Dio e pregare per coloro che non lo conoscono. Vi chiedo di pregare per me e per la Chiesa cattolica di tutto il mondo. Vi chiedo di pregare per coloro che non possono pregare e non sanno come farlo, e per tutti coloro che hanno perso la fede in Dio e nella sua misericordia. Fate sì che la luce e la presenza di Cristo che sana risplenda nelle vostre vite così che tutti coloro che vengono in contatto con voi possano scoprire la dolcezza del Dio che ci ama.

4. Anche la presenza in questo luogo di sacerdoti, religiosi e religiose è motivo di gioia. Cari fratelli e sorelle: la vostra particolare vocazione ci parla del mistero della grazia di Dio operante nei vostri cuori che attraverso il vostro operato, edifica il suo Regno in questa parte del mondo. Secondo le parole di san Paolo siete stati chiamati al sacerdozio o alla vita religiosa “per la misericordia di Dio” (2 Cor 4, 1). La sua grazia è la garanzia e la sorgente della vostra felicità e della vostra efficacia spirituale.

La grazia di Dio ci è stata data attraverso la Redenzione compiuta dal Figlio suo e dalla discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa. Come ministri della grazia di Dio, fratelli miei nel sacerdozio, possiate proclamare il Vangelo e celebrare i sacramenti con una profonda venerazione per il mistero che trasforma la vita di tutti i credenti. Nel pregare, riflettete spesso sul ministero che vi è stato affidato da Cristo. È lui che voi servite, ed è lui che in molti modi nascosti possiamo essere certi che procuri un ricco raccolto da quanto voi seminate.

Miei cari religiosi e religiose: in un mondo che troppo spesso cerca appagamento nel benessere materiale e nell’accumulo di potere, un mondo che insegue la felicità senza un chiaro riferimento a Dio, voi siete simboli che rimandano a più elevati valori. Il vostro immedesimarvi in Cristo e la vostra osservanza del dettato evangelico richiamano le parole di Cristo: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18, 36). Voi siete gli ambasciatori di colui che proclamò il messaggio delle beatitudini che hanno inaugurato una “nuova” vita che i nostri contemporanei cercano ma non sempre sanno come trovare. Essi desiderano un mondo nuovo, senza carestie né guerre, senza la minaccia della distruzione nucleare, senza le atrocità e le ingiustizie che sviliscono la vita umana; ma essi non sempre riconoscono la profondità della conversione e della riconciliazione, che una tale metamorfosi di vita richiede. Questa è la saggezza che voi dovete approfondire attraverso la preghiera e la contemplazione, così da condividerla generosamente insieme a coloro che “vi domandano ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15).

Io saluto ciascuno di voi. Mi rallegro della vostra fedeltà e prego affinché nel “vedere le vostre buone opere” generosi giovani, uomini e donne, di Finlandia seguano le vostre orme per la gloria del Padre nostro che è nei cieli (cf. Mt 5, 16).

5. Il termine della mia visita pastorale in Finlandia è ormai prossimo. Sono giunto qui con un messaggio d’amore e di pace per tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Fin dal primo momento mi sono reso conto della situazione della Chiesa cattolica di Finlandia, e ringrazio Dio per la vostra comunione con la Sede di Pietro e la vostra fedeltà agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Vi incoraggio, laici, preti, e religiosi, a rimanere costanti nell’amore di Cristo e nell’unità della Chiesa. Come la Chiesa primitiva, siete una piccola comunità. Vi ricordo le parole di Cristo nel libro dell’Apocalisse: “Non temete; Io sono il Primo, l’Ultimo e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre” (Ap 1, 17). Sì, Cristo è la vostra forza oggi e sempre!

L’inno medievale in onore di sant’Henrik ha il seguente ritornello, che esprime una certezza infallibile per un mondo spesso marcato dalla mancanza della speranza: “Ergo plebs fennonica, / Gaude de hoc dono / Quod facta es catholica / Verbi Dei sono”.

“Dunque popolo della Finlandia, / Gioisci per questo dono / per essere divenuto cattolico / attraverso la predicazione della Parola di Dio”.

Popolo della Finlandia, non perdere la speranza!

Sii fermo nella tua fede e generoso nell’amore!

Fra breve ci riuniremo nella preghiera a Dio Padre in lingua finlandese. Possiamo elevare i nostri cuori con certezza e gioia, sapendo che è santo il nome di colui che ci dà il pane quotidiano e che è la sorgente di ogni bontà e amore.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



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