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DISCORSO DI GIOVANI PAOLO II AI VESCOVI ITALIANI
IN OCCASIONE DELLA XXXI ASSEMBLEA GENERALE

Aula del Sinodo - Giovedì, 18 maggio 1989

 

1. “Pace ai fratelli, e carità e fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo” (Ef 6, 23).

Venerati e carissimi confratelli Vescovi delle Chiese in Italia, sono profondamente lieto di incontrarvi qui riuniti, in occasione dei lavori della vostra trentunesima assemblea generale. Questo nostro appuntamento annuale, segno della comunione affettiva ed effettiva, sollecita ed operosa che ci lega in Cristo, pastore supremo (1 Pt 5, 4) e modello perfetto del nostro servizio apostolico, costituisce per noi tutti un momento di gioia e di conforto spirituale, un motivo di fiducia, uno stimolo ad operare con totale dedizione per la causa del Vangelo.

Saluto il vostro Presidente, Cardinale Ugo Poletti, e il segretario generale, monsignor Camillo Ruini; mi rivolgo con affetto fraterno a ciascuno di voi per esprimervi il mio apprezzamento per la sollecitudine con la quale attendete alle comunità affidate alla vostra cura pastorale.

Un metodo di lavoro significativo sotto il profilo ecclesiale

2. I lavori di questa assemblea, intensi come di consueto, hanno seguito la metodologia già inaugurata, con felici risultati e con la vostra comune soddisfazione, nello scorso ottobre, durante l’assemblea di Collevalenza. Avete cioè, esaminato nei vari gruppi di studio, i temi e documenti di maggior rilievo sottoposti alla vostra valutazione, prima di riconsiderarli insieme, riuniti in assemblea plenaria. Questo metodo di lavoro appare significativo sotto il profilo ecclesiale: esso facilita, nello scambio fraterno, l’approfondimento comune dei problemi ed offre una concreta opportunità di manifestare l’affetto collegiale che vi anima. Così anche attraverso le assemblee generali voi rafforzate i vincoli della reciproca comunione, fondamento e garanzia della comunione delle vostre Chiese particolari.

Il Papa, anche se non sempre presente fisicamente, è sempre con voi spiritualmente in forza del suo ufficio: il ministero di Pietro e dei suoi successori raggiunge infatti ciascuna delle vostre Chiese particolari e si esprime in esse non “dall’esterno”, quasi fosse una struttura giustapposta e superflua, bensì “dall’interno”, dall’“essenza stessa di ogni Chiesa particolare” (Angelopoli, allocutio ad episcopos Americae Septemtrionalis, 4, die 16 sept. 1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 [1987] 556). Questo discorso, che vale per l’intera cattolicità, assume una rilevanza tutta particolare quando si tratta dei Vescovi e delle Chiese d’Italia, essendo il ministero del successore di Pietro costitutivamente unito a quello del Vescovo di Roma. Ed è con intima gioia che vedo esplicarsi nell’esercizio quotidiano del servizio pastorale questo nostro speciale reciproco legame, da cui tanto vantaggio trae il Popolo di Dio.

La vita: diritto primo e fontale di tutti gli altri diritti

3. Sono molti, come è naturale, e a prima vista assai diversificati, i temi e gli argomenti che in queste giornate di lavoro avete dovuto affrontare. In maniera più o meno immediata si riconducono, però, tutti ai grandi temi della nuova evangelizzazione e della comunione ecclesiale, costituendo quest’ultima la premessa indispensabile e la testimonianza particolarmente efficace della prima.

Nell’ambito dell’evangelizzazione spicca la tematica della vita umana: il documento pastorale che intendete dedicarle rappresenta il frutto più maturo di un impegno che si è articolato in molteplici iniziative, ultima delle quali il recente convegno nazionale “Al servizio della vita umana” di cui conservo vivo il ricordo. Il fine che vi siete proposti è quello di aprire la strada a una rinnovata cultura della vita e di fiducia in essa, cercando di superare molti ostacoli ideologici e comportamentali che vi si oppongono, e di favorire nuove scelte legislative e adeguati interventi istituzionali. Intendete perciò promuovere e valorizzare tutte le energie e le solidarietà disponibili a favore della vita sofferente e minacciata, facendo attenzione anche al maturare di nuove sensibilità, o almeno di nuovi interrogativi, che testimoniano una più diffusa percezione della dignità che appartiene costitutivamente alla vita umana. Intendete soprattutto evangelizzare, nella sua pienezza di motivazione e di implicazioni, l’inviolabile diritto alla vita, consapevoli che esso è il “diritto primo e fontale, condizione per tutti gli altri diritti della persona” (Christifideles Laici, 38). Il Signore benedica e renda fecondo questo impegno della Chiesa italiana.

Mezzogiorno d’Italia: solidarietà sociale e comunione ecclesiale

4. Altro argomento assai significativo della vostra assemblea è quello del mezzogiorno d’Italia, visto nella prospettiva della solidarietà sociale e della comunione ecclesiale. L’Italia in questi ultimi decenni ha fatto molti progressi nel cammino dello sviluppo, e talvolta del cosiddetto “supersviluppo” di stampo consumistico, ma sopravvivono pure disuguaglianze gravi ed aree nelle quali specialmente ai giovani è troppo difficile trovare valide e oneste possibilità di lavoro. Appare quindi assai opportuna la vostra parola di Pastori, rivolta non a fornire soluzioni tecniche per le singole e complesse questioni, ma a proporre, alla luce dell’insegnamento del Vangelo, gli orientamenti etici che presiedono ad ogni retta soluzione dei problemi umani e sociali (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 41).

All’impegno per tradurre in atto questi orientamenti potranno dare un contributo prezioso le “Settimane Sociali”, che molto opportunamente l’Episcopato italiano ha ripristinato secondo modalità nuove, adatte alla situazione presente. Il mio auspicio è che esse possano costituire un luogo di solido approfondimento culturale e un chiaro punto di riferimento per l’impegno sociale dei cattolici, offrendo al Paese un laboratorio qualificato di idee e di proposte operative.

Il piano pastorale per il prossimo decennio

5. Tra i lavori della vostra assemblea ha trovato spazio anche il tema che vi terrà occupati in futuro: il piano pastorale per il prossimo decennio, che dovrà condurre al grande giubileo del terzo millennio cristiano.

Già agli inizi degli anni ‘70 la Conferenza Episcopale Italiana seppe individuare nell’evangelizzazione non soltanto il compito perenne e la vocazione propria della Chiesa, ma anche l’urgenza e la sfida storica del nostro tempo, nel quale nazioni come l’Italia, di antica e radicata tradizione cristiana, a causa di ideologie materialistiche e poi, sempre più, di un costume di vita edonistico, sono minacciate dall’indifferenza religiosa e dalla tendenza a vivere come se Dio non esistesse.

Questa intuizione rimane pienamente valida per il decennio che si attende, anzi appare destinata a indicare il cammino futuro della Chiesa ben oltre la fine del nostro secolo.

Col volgere degli anni e con l’approfondirsi del processo di secolarizzazione, che spesso si manifesta come una rovinosa scristianizzazione, si sono per converso anche meglio precisate le caratteristiche e le esigenze, a cui deve corrispondere la nuova evangelizzazione.

Diventa anzitutto sempre più evidente la necessità di far crescere e maturare negli stessi credenti quella “coscienza di verità”, ossia quella consapevolezza di essere portatori della verità che salva, che è, fin dalle origini della Chiesa, lo stimolo decisivo all’impegno missionario (cf. Laureti in Piceno, allocutio ad Italiae episcopos, quosdamque presbyteros et laicos simul congregatos habita, die 11 apr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 996). La mentalità relativistica, così diffusa nel nostro tempo, tende infatti, spesso inavvertitamente, a penetrare anche nei credenti, a condizionarli nelle loro convinzioni e ancor più nei comportamenti. Pertanto, condizione primaria dell’evangelizzazione è che si rinsaldi il tessuto cristiano della stessa comunità ecclesiale. In tal senso la Christifideles Laici afferma che la “nuova evangelizzazione, rivolta non solo alle singole persone, ma anche ad intere fasce di popolazione nelle loro varie situazioni, ambienti e cultura, è destinata alla formazione di comunità ecclesiali mature, nelle quali cioè la fede sprigioni e realizzi tutto il suo originario significato di adesione alla persona di Cristo e al suo Vangelo, di incontro e di comunione sacramentale con Lui, di esistenza vissuta nella carità e nel servizio” (Christifideles Laici, 34).

Una capillare catechesi dei giovani e degli adulti

6. È evidente l’importanza che deve avere, in questa prospettiva della nuova evangelizzazione, una sistematica, approfondita e capillare catechesi dei giovani e degli adulti, nella quale i laici siano impegnati come soggetti e protagonisti, in stretta e operosa comunione con i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Anche in questo campo sento di dovervi esprimere, carissimi fratelli nell’Episcopato, la mia gratitudine e il pieno incoraggiamento per l’opera che andate svolgendo, a continuazione del convegno nazionale dello scorso anno “Catechisti per una Chiesa missionaria”, che ha mostrato quanti progressi già si siano compiuti nella preparazione di catechisti per la nuova evangelizzazione.

Ai teologi è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori

7. Alla base di tutta l’opera di evangelizzazione, di formazione e consolidamento della comunità cristiana, sta il mandato apostolico che abbiamo ricevuto con la consacrazione episcopale. Il Concilio Vaticano II, nel descrivere il ministero affidato dal Signore ai Vescovi, quali successori degli apostoli, pone anzitutto in evidenza “la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo a ogni creatura” (Lumen Gentium, 24). Questa verità di sempre è oggi particolarmente attuale.

I Vescovi sono gli autentici maestri della fede. In unione tra loro e col Vescovo di Roma, essi sono le colonne su cui poggiano il lavoro e la responsabilità dell’evangelizzazione, che ha come scopo l’edificazione del Corpo di Cristo. Di questo voi siete pienamente consapevoli, ed anche nelle presenti circostanze e durante i lavori di questa stessa assemblea ne avete dato chiara testimonianza.

Occorre che l’intero Corpo ecclesiale prenda, a questo riguardo, rinnovata coscienza del disegno di Cristo sulla sua Chiesa. Alla luce di tale disegno, come potrebbe legittimamente rivendicarsi spazio per forme aperte o surrettizie di un “magistero parallelo e alternativo”? La verità, che è Cristo, è una, e questa verità è stata affidata peculiarmente agli apostoli e ai loro successori. Certo, sarà sempre necessario che la responsabilità per questa verità “sia condivisa da tutti i fedeli, in particolare da coloro che, come i teologi, hanno una specifica funzione nell’approfondimento della verità rivelata e nell’impegno per inserirne i contenuti nel presente contesto culturale: ad essi in modo speciale è richiesta una stretta, fedele e rispettosa collaborazione con i Pastori” (Laureti in Piceno, allocutio ad Italiae episcopos, quosdamque presbyteros et laicos simul congregatos habita, die 11 apr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 995 ss.).

Una particolare attenzione occorre oggi rivolgere alla dimensione morale della fede, che alla fede stessa appartiene in maniera costitutiva. La verità dell’etica cristiana è infatti troppo spesso insidiata e contestata, non soltanto sul piano dei comportamenti pratici, ma anche a livello dottrinale, con grave pregiudizio della vita cristiana e col rischio di compromettere ciò che di più nobile ed essenziale vi è nell’uomo.

Collegare insieme evangelizzazione e testimonianza della carità

8. La verità cristiana è intimamente congiunta all’amore: nella sua essenza profonda essa è infatti manifestazione dell’amore di Dio per l’uomo e vocazione all’amore verso Dio e verso i fratelli. Perciò molto opportunamente, nel piano pastorale per il prossimo decennio, intendete collegare insieme l’evangelizzazione e la testimonianza della carità. L’impegno di carità operosa, di cui per grazia del Signore sono ricche le nostre comunità, rappresenta infatti, proprio nel suo carattere di servizio generoso e disinteressato ai fratelli, quella genuina testimonianza di amore nella quale il lieto annuncio del Vangelo di Cristo può trovare la sua piena credibilità (cf. Laureti in Piceno, allocutio ad Italiae episcopos, quosdamque presbyteros et laicos simul congregatos habita, die 11 apr. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 996 s.).

L’insegnamento della religione: un servizio offerto alla formazione culturale e morale dei ragazzi e dei giovani

9. Nella grande prospettiva dell’evangelizzazione si colloca anche l’iniziativa felicemente realizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana riguardo al quotidiano “Avvenire”. Trova compimento così l’auspicio che fu nel cuore di Paolo VI fin da quando concepì e promosse la creazione del quotidiano cattolico a livello nazionale: quello cioè che fosse la Chiesa italiana ad assumerne le primarie responsabilità, salva naturalmente l’autonomia propria del giornale. Sono certo che i cattolici italiani non faranno mancare il proprio aiuto nel sostenere e diffondere il loro quotidiano, il cui ruolo di corretta informazione civile ed ecclesiale e di espressione della cultura cristiana si manifesta sempre più necessario e prezioso ai fini di una presenza autenticamente missionaria nella società italiana.

Accanto a questo impegno non posso non ricordare quello per l’insegnamento della religione. Conosco bene lo sforzo che la Chiesa italiana va compiendo da tempo, anche con la costituzione nelle diocesi degli istituti di scienze religiose, per qualificare sempre meglio questo servizio offerto alla formazione culturale e morale dei ragazzi e dei giovani. L’apprezzamento che esso trova presso la grandissima maggioranza delle famiglie e degli studenti, che liberamente lo scelgono, conferma la sua validità, anche sotto un profilo sociale, ed è un ulteriore, forte motivo per promuovere e tutelarne la piena dignità, dal punto di vista della cultura e della scuola.

A Maria, beata perché ha creduto

10. Affidiamo a Maria santissima, la vergine fedele, beata perché ha creduto (cf. Lc 1, 45), la nostra quotidiana fatica di Pastori, solleciti della fede del nostro popolo e di null’altro preoccupati che di aiutare ciascuno dei nostri fratelli a spalancare a Cristo le porte del proprio cuore. Nel suo nome e con affetto profondo imparto ad ognuno di voi e alle vostre Chiese la benedizione apostolica.

 

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