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APPELLO DI GIOVANNI PAOLO II
A TUTTI I MUSULMANI IN FAVORE DEL LIBANO

 

1. Il dramma che il popolo del Libano vive mi spinge a rivolgermi a voi. Faccio ciò con fiducia e non a nome di un particolare gruppo o famiglia di pensiero, ma nel nome stesso di Dio che noi adoriamo e che ci sforziamo di servire.

2. I miei ripetuti appelli ai figli della Chiesa cattolica, ai responsabili delle nazioni come agli uomini di buona volontà vi sono noti. Tutti avevano lo scopo di contribuire a salvare, dopo più di quattordici anni di lotte omicide, il Libano, un paese che i suoi abitanti vogliono libero, indipendente e fedele al suo ricco patrimonio culturale e spirituale.

3. Il mondo intero ha sotto gli occhi una terra devastata, dove la vita umana sembra non valere più. Le vittime sono libanesi, musulmani e cristiani, ed è in terra libanese che - giorno dopo giorno - si accumulano rovine. Come potremmo noi credenti, figli di Dio misericordioso, nostro creatore, nostra guida, ma anche nostro giudice, restare indifferenti dinanzi a tutto un popolo che muore sotto i nostri occhi?

4. Il 15 maggio scorso, nel messaggio ai capi di diversi Stati ed ai responsabili di organizzazioni internazionali, ebbi l’occasione di dire: nell’ambito della vita internazionale si applica il principio della morale individuale, secondo il quale il più forte ha il dovere di venire in aiuto al più debole. È questo un imperativo al quale i credenti, in particolare, non possono sottrarsi. Lo dicevo, il 19 agosto 1985, rivolgendomi ai giovani musulmani che mi accolsero nello stadio di Casablanca: Dio “domanda a ogni uomo di rispettare ogni essere umano e di amarlo come un unico, un compagno, un fratello. Egli invita a soccorrerlo quando è ferito, quando è abbandonato, quando ha fame e sete, in breve quando egli non sa più dove trovare la propria via sulle strade della vita” (Allocutio Albae domi, on Marochio, ad iuvenes muslimos habita, 2, die 19 aug. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 2 [1985] 499).

5. Ecco perché ho voluto oggi rivolgermi a voi, fedeli dell’Islam, figli di una religione, dove la giustizia e la pace sono eloquentemente insegnate. Fate udire la vostra voce e, più ancora, ponete in atto ogni sforzo in unione con tutti coloro, che rivendicano per il Libano il diritto di vivere, di vivere nella libertà, nella pace e nella dignità! Si tratta di un dovere di solidarietà umana che la vostra coscienza di uomini e la vostra appartenenza alla grande famiglia dei credenti impongono a ciascuno di voi.

6. Voi comprendete facilmente come io viva già, nel pensiero, il momento, in cui mi sarà data la gioia di recarmi in Libano e di trovarmi in mezzo a tutti i suoi figli. Infatti, desidero andare a venerare questa terra fecondata dal sangue di tante vittime innocenti e ripetere a tutti i Libanesi che ho fiducia in loro, nella loro capacità di vivere uniti e di ricostruire un Paese ancora più bello del Libano di ieri.

7. Ma per tale scopo è ormai un imperativo che tutti gli amici del Libano, i suoi vicini e tutti coloro che vi hanno dei fratelli nella fede si uniscano, affinché le armi più non giungano e tacciano; affinché alla logica dei combattimenti si sostituisca il dinamismo del dialogo e del negoziato; affinché sia dato a tutti i Libanesi, liberi da ogni occupante, di elaborare insieme un progetto di vita nazionale, fondato sul diritto e sul riconoscimento delle legittime particolarità dei gruppi, che compongono la società libanese.

8. Senza di ciò, l’attuale situazione di stallo continuerà e non potrà che contribuire a paralizzare il dialogo, ad approfondire le divisioni ed a provocare il crollo sociale ed economico del Libano. In una tale situazione, tutti sono vinti, nessuna soluzione è possibile, nessuna acquisizione può essere rivendicata.

9. Cari fedeli dell’Islam, la vostra preghiera e la vostra azione non possono mancare al movimento di solidarietà che reclama la salvezza del Libano. Sappiate che potete sempre contare sulla collaborazione dei cristiani. In molti paesi il dialogo islamico-cristiano ha permesso una migliore conoscenza reciproca e, talvolta, realizzazioni comuni. Ciò è stato, per numerosi anni, in Libano.

10. Consentitemi, infine, di raccogliere qui una consegna dell’apostolo Paolo: “Coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone” (Tt 3, 8). Che Dio ci trovi fianco a fianco, musulmani e cristiani, al capezzale dei nostri fratelli libanesi, feriti nel cuore e nella carne! Che egli benedica gli sforzi di tutti coloro che, in mezzo a tanta violenza e disperazione, avranno saputo essere adoratori in spirito e verità!

Dal Vaticano, 7 settembre 1989.

 

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