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VIAGGIO PASTORALE NELLA REPUBBLICA FEDERATIVA CECA E SLOVACCA

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONFERENZA EPISCOPALE CECOSLOVACCA

Praga (Repubblica Federativa Ceca e Slovacca) - Sabato, 21 aprile 1990

 

Venerati Fratelli nell’episcopato!

1. Mi rivolgo a voi, pastori e padri della Chiesa in Cecoslovacchia, con sentimenti di grande fiducia e di profondo affetto. Gioisco con voi e con i vostri fedeli per il fatto che tutte le diocesi in Cecoslovacchia abbiano finalmente il proprio vescovo. In nessun altro Paese di tradizione cristiana così antica venivano frapposti tanti ostacoli alla provvista delle diocesi vacanti. Il passato potere politico, che imponeva alle nazioni della Cecoslovacchia l’ateismo, limitava la vita della Chiesa in primo luogo proprio in questo delicato settore.

Ogni nomina esigeva estenuanti trattative, seguite con attento interesse dai fedeli. Molte volte, tuttavia, le trattative non avevano esito. I fedeli, per parte loro, continuavano a pregare. Ancora due anni fa i cattolici manifestarono pubblicamente il loro desiderio di avere buoni vescovi nell’incontro di preghiera a Bratislava, ma questa pacifica manifestazione fu dispersa con la violenza, e vi fu sparso anche sangue. Diletti Fratelli, questo sangue fu sparso anche per voi!

Nello stesso anno furono raccolte più di mezzo milione di firme a sostegno di una petizione in cui si chiedeva la libertà religiosa e, in particolare, la libera nomina dei vescovi da parte del Papa. Com’è noto, la volontà e le esigenze di tanti cittadini furono ignorate.

Grazie alla Provvidenza tutto ciò è ormai passato: i nuovi reggitori della cosa pubblica in Cecoslovacchia stanno restituendo alla Chiesa spazi di piena libertà.

2. Ultimamente, sono stati consacrati diversi nuovi vescovi e coloro che per lunghi anni erano impediti sono rientrati nelle loro sedi. Nel nuovo Collegio episcopale ci sono ora pastori provati dalla sofferenza, alcuni dei quali hanno portato le catene per Cristo, insieme con uomini relativamente giovani, che hanno appena iniziato il loro ministero episcopale. Una caratteristica significativa del vostro Collegio è costituita dal fatto che la maggioranza di voi per un certo tempo non ha potuto esercitare pubblicamente il ministero sacerdotale ed ha svolto professioni civili, prevalentemente operaie, sperimentando dal di dentro le condizioni della vita quotidiana della gente di oggi, i problemi dei laici, le difficoltà del mondo del lavoro.

Sono convinto che il Signore, anche attraverso queste circostanze della vostra vita, vi ha preparato al vostro servizio rendendovi capaci di capire il mondo nel quale la Chiesa è posta e al quale deve servire.

Il decano del vostro Collegio è l’Arcivescovo di Praga, il venerato Cardinale Tomášek. Il suo perseverante servizio alla Chiesa, la sua coraggiosa difesa dei diritti dei fedeli e la solidarietà con i perseguitati per la verità e per la giustizia, gli hanno meritato rispetto anche da parte di coloro che stanno al di fuori della comunione dei credenti, e hanno guadagnato alla Chiesa e alla vostra Nazione ammirazione e simpatia in diverse parti del mondo.

Come non ricordare anche il suo grande predecessore, il Cardinale Beran, i Presuli Vojtassak, Necsey e tutta quella generazione di vescovi cechi e slovacchi, che seppero denunciare pubblicamente fin dall’inizio il pericolo costituito per la Chiesa e per tutt’e due le Nazioni dal regime totalitario? Seguirono poi anni difficili con numerosi casi di internamento e spesso anche di prigionia, che a molti di essi danneggiarono la salute ed accorciarono la vita. Per tutti mi limito a fare il nome del vescovo Gojdic, morto in prigione.

La storia della sofferenza di questi vescovi si ricollega in qualche modo agli episodi dell’era apostolica, alla sorte dei santi e dei martiri dei primi tempi, nonché di altri periodi difficili nella storia bimillenaria della Chiesa cattolica.

La memoria di questi vostri predecessori, nonché i frutti della sofferenza di tanti credenti, sono ora affidati come preziosa eredità alle vostre mani e vi impegnano in coscienza a compiere il vostro ministero episcopale con grande dedizione e cristiana serietà.

3. Approfondite con diligenza quanto sul ministero episcopale nella Chiesa dicono il Concilio Vaticano II e tutta la tradizione cattolica, ed impegnatevi a darvi applicazione con infaticabile zelo.

Il vostro primo compito è l’evangelizzazione, cioè l’annuncio della fede mediante l’esercizio del magistero. I vescovi devono promuovere la catechesi, sorvegliare la formazione del clero nei seminari e negli istituti teologici, favorire le molteplici forme di istruzione religiosa nella Chiesa e, in particolare, predisporre una buona preparazione dei laici ai diversi servizi di loro competenza. Uno dei vostri compiti più urgenti è la promozione di una efficace pastorale vocazionale, con speciale attenzione alla formazione dei candidati al sacerdozio. A tal fine, s’impone una coraggiosa riforma degli istituti teologici e dei seminari, così da renderli rispondenti ai bisogni della Chiesa contemporanea, scegliendo e preparando coloro ai quali tale formazione sarà affidata.

Tra i doveri dell’episcopato vi è, poi, quello di santificare. I vescovi, che possiedono la pienezza del sacramento dell’Ordine, sono “i principali dispensatori dei misteri di Dio e, nello stesso tempo, i regolatori, i promotori e i custodi di tutta la vita liturgica nella Chiesa loro affidata” (Decr. Christus Dominus, 15). Ad essi spetta, pertanto, di promuovere la vocazione dei cristiani alla santità, prima di tutto col proprio esempio di carità, umiltà e semplicità di vita, e poi con le iniziative che ad essi, come singoli e come Collegio, lo zelo pastorale suggerisce.

Il vescovo ha, infine, il dovere di governare. L’obiettivo di questo aspetto del ministero episcopale è l’unità e la carità fraterna nella Chiesa. I vescovi devono essere padri e amici anzitutto dei sacerdoti, interessandosi attivamente e prendendosi cura di loro, creando condizioni propizie per l’esercizio del ministero, al fine di dar modo a ciascuno di sviluppare al massimo i propri carismi, promuovendo il continuo progresso del presbiterio nel campo spirituale e pastorale, nonché tutto ciò che ne aiuta lo spirito di collegialità e di collaborazione. I vescovi devono, poi, interessarsi di tutti i fedeli, specialmente di quanti soffrono o sono nell’indigenza. Devono promuovere l’ecumenismo per condurre all’unità tutti i credenti in Cristo. Devono avere a cuore anche i non battezzati, essendo nei loro confronti testimoni dell’universale amore di Cristo.

Per poter convenientemente assolvere a queste loro mansioni, i vescovi dovranno altresì difendere strenuamente la propria libertà e indipendenza da qualsiasi potere civile. Nel contesto del loro ufficio, essi non mancheranno, tuttavia, di lavorare anche per il bene comune della società civile, per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e per l’integrale sviluppo della persona.

4. Molti ed impegnativi sono, come vedete, venerati Fratelli, i compiti che vi attendono. Per potervi meglio adempiere, voi vi siete opportunamente riuniti costituendo la vostra Conferenza episcopale. Attesa la vastità dei problemi pastorali e l’interdipendenza che in molti di essi s’avverte tra i diversi Paesi, specie se confinanti, converrà stabilire vincoli di collaborazione anche con le altre Conferenze episcopali, affinché “lo spirito collegiale passi a concrete applicazioni” (Lumen gentium, 23).

Per il buon funzionamento della vostra Conferenza episcopale sarà necessario dividere convenientemente i compiti e le facoltà dei singoli membri e costituire commissioni corrispondenti ai concreti bisogni, chiamando in esse sacerdoti esperti e laici capaci di coadiuvare i vescovi nei diversi settori dell’attività pastorale.

5. È comprensibile che i lunghi anni di indebita ingerenza del potere politico nella vita della Chiesa abbiano lasciato dietro a sé conseguenze negative, tra cui una sorta di passività paralizzante che frena non solo molti laici, ma anche alcuni sacerdoti. Tra questi, inoltre, non pochi sono ormai anziani oppure indeboliti a causa delle difficili condizioni di vita che hanno dovuto subire.

Il nuovo corso richiede ampiezza di vedute, creatività e iniziativa nell’attività pastorale, in risposta alle condizioni diverse rispetto al passato e alle nuove possibilità che si aprono all’azione della Chiesa.

Non devono essere, d’altra parte, sottovalutati i pericoli che la riconquistata libertà di contatti con l’Occidente può comportare. Difatti non tutto ciò che esso propone come visione teorica o come pratico costume di vita rispecchia, purtroppo, i valori del Vangelo. Spetta perciò a voi, venerati Fratelli, valutare queste possibili manifestazioni di segno negativo e predisporre nelle Chiese a voi affidate le opportune difese “immunitarie” contro certi “virus” quali il secolarismo, l’indifferentismo, il consumismo edonistico, il materialismo pratico e anche l’ateismo formale, oggi ampiamente diffusi.

Occorre elaborare accuratamente chiari progetti è lungimiranti piani pastorali.

In Boemia e Moravia il piano pastorale può trarre molti spunti dalle linee programmatiche del Decennio del rinnovamento spirituale, l’iniziativa provvidenziale, la cui coerente attuazione dovrebbe ora costituire uno dei principali compiti dell’episcopato.

I temi dei singoli anni offrono multiforme ispirazione per l’attività sia all’interno della Chiesa, sia nei suoi rapporti con la società intera.

In Slovacchia la riuscita esperienza dell’Anno mariano è servita come punto di partenza per un’analoga iniziativa di rinnovamento e preparazione al Terzo millennio. Forse gioverebbe un certo coordinamento di queste due iniziative pastorali, almeno in alcuni punti fondamentali come il rinnovamento della famiglia, il rinnovamento nel campo dell’educazione e istruzione, dell’etica del lavoro, eccetera.

6. Diletti fratelli nell’episcopato, possa la mia prima visita nella vostra Patria favorire la ferma unione di questa Chiesa col successore di Pietro, ed insieme promuovere la costante e sempre più profonda unità all’interno del vostro Collegio, come anche tra voi e coloro che sono stati affidati alla vostra cura pastorale. Questa profonda unità nello Spirito Santo sarà espressione davanti al mondo dell’unità tra Cristo e la Chiesa, che è frutto dell’amore con cui egli “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5, 25-27).

Con questi sentimenti vi benedico di tutto cuore, esortandovi con le parole del mio primo predecessore: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modello del gregge . . . È il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi. A lui la potenza nei secoli. Amen!” (1 Pt 5, 2-3 . 10-11).

 

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