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VISITA PASTORALE A MALTA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON I LAVORATORI NELLA PIAZZA
DI SANTA MARGHERITA DI COTTONERA

Cottonera (Malta) - Sabato, 26 maggio 1990

 

Cari fratelli e sorelle,

1. Ringrazio Dio per avermi concesso questa possibilità di stare con voi. Questo incontro con i lavoratori di Malta è uno dei momenti culmine della mia visita pastorale e l’ho atteso come occasione di dialogo fraterno con voi, uomini e donne il cui impegno giornaliero è la linfa vitale della società maltese. Sarebbe mio desiderio salutarvi uno ad uno. Vi chiedo di portare le parole di affetto e di incoraggiamento del Papa ai vostri cari, soprattutto ai bambini e ai vostri colleghi che non hanno potuto essere presenti.

Saluto voi tutti: quanti lavorano nell’agricoltura, nell’industria - compresi i molti che lavorano nei vicini cantieri navali - negli uffici e nel settore turistico. Saluto i rappresentanti dei diversi sindacati e delle diverse organizzazioni dei lavoratori, nonché i pubblici funzionari e i membri della comunità imprenditoriale. A tutti voi ribadisco la grande considerazione della Chiesa per il mondo del lavoro. Il lavoro è una parte fondamentale della nostra vita qui sulla terra. Comporta spesso pesanti fatiche e anche sofferenze, ma può anche servire a forgiare un carattere forte e una personalità vigorosa, strumenti attraverso i quali costruiamo il mondo secondo i valori in cui crediamo. Per il cristiano il lavoro è il nostro modo di prendere parte attiva e responsabile alla meravigliosa opera del Creatore che ci circonda ovunque e riempie completamente il nostro essere.

2. Ma perché il Papa dovrebbe parlare di lavoro? Alcuni potrebbero ritenere che egli non abbia il diritto di farlo; pensano che il lavoro abbia ben poco o nulla a che fare con la religione. Potrei rispondere affermando che la mia personale esperienza di lavoro ha rappresentato uno dei periodi più interessanti e formativi della mia vita. Ho espresso la ricchezza di quell’esperienza in alcuni dei miei scritti. Vengo oggi da voi, lavoratori di Malta, come un amico che condivide le preoccupazioni e le speranze di uomini e donne che - nelle parole del Libro della Genesi - guadagnano il pane con il sudore della loro fronte (cf. Gen 3, 19). Sono venuto anche come Vescovo di Roma e Successore di Pietro e perciò come messaggero di Colui che era conosciuto come un falegname e figlio di un falegname (cf. Mt 13, 55; Mc 6, 3).

Sì, il mondo del lavoro non è estraneo al Vangelo di Gesù Cristo. Il Signore aveva compreso perfettamente la realtà del lavoro umano. Le sue parole sono piene di riferimenti ai lavoratori e alle loro diverse occupazioni: il contadino che pianta il seme e l’operaio che miete il raccolto, il vignaiolo e il pastore, colui che ripara le reti sulla riva del mare, il costruttore e il servitore, il mercante e la donna di casa, il soldato e il funzionario statale. Hanno tutti un posto nell’attenzione e nell’insegnamento di Gesù. E gli Apostoli che egli aveva scelto per compiere la sua missione redentrice erano lavoratori e pescatori.

3. In ogni epoca la Chiesa continua a presentare l’insegnamento di Gesù riguardo al lavoro, e soprattutto oggi quando i rapporti economici ed i processi di produzione sono complessi e sempre più impersonali, e minacciano di ritorcersi contro l’uomo stesso. La Chiesa predica una Dottrina Sociale poiché i grandi problemi che affliggono la società, non ultimo il problema del lavoro, hanno un potente impatto sulle vite dei popoli e non possono essere separati dalle responsabilità morali ed etiche di tutti gli interessati.

Purtroppo, l’esperienza mondiale ha dimostrato che la storia dei rapporti di lavoro, soprattutto negli ultimi due secoli, si è spesso trasformata in una lotta sociale tra lavoratori e datori di lavoro. L’ideale di giustizia sociale si è fatto largo solo a prezzo di gravi difficoltà. Oggi, con l’apertura di numerose frontiere che prima erano chiuse e la determinazione dei popoli a vivere liberi dall’oppressione ideologica, sta diventando sempre più evidente che anche se l’esigenza di giustizia può essere contrastata e dilazionata, non può comunque essere soppressa. È un’aspirazione fondamentale dello spirito umano. I sistemi costruiti sulle menzogne riguardo alla natura spirituale dell’uomo e delle relazioni umane, non possono durare. La dignità della persona umana è l’unica solida base di un sistema sociale capace di dare la giusta direzione alle relazioni umane e a incoraggiare la comprensione, la cooperazione e il dialogo reciproci. In un mondo sempre più interdipendente, non ci può essere altra vita. Anche a Malta questo è imperativo.

4. Anche se esistono molti tipi di lavoro, ogni lavoro in un certo senso partecipa della medesima natura. Il suo scopo è di trasformare ed organizzare la realtà in modo utile e produttivo. Il lavoro è l’adempimento del comando originale di Dio, riportato nelle prime pagine della Bibbia: “Riempite la terra e soggiogatela” (Gen 1, 28). Attraverso lo sforzo sia fisico che intellettuale o spirituale, “Tutti e ciascuno . . . prendono parte a questo gigantesco processo, mediante il quale l’uomo “soggioga la terra” col suo lavoro” (Laborem exercens, 4).

Questo è l’inizio di ciò che io chiamo il “Vangelo del Lavoro” che la Chiesa desidera trasmettere al mondo moderno. Chiunque ascolta questo “Vangelo” e vive secondo esso non può più vedere il lavoro come una mera merce da scambiare con il denaro. In un senso più ampio e più nobile, il lavoro deve anche essere visto come un cammino di autosviluppo e come il normale strumento di cui ci si serve per creare le condizioni che consentano una ricca vita culturale, sociale e religiosa (cf. Gaudium et spes, 67). Poiché la natura e l’organizzazione del lavoro riguarda in modo così completo i popoli, la Dottrina Sociale cattolica ribadisce che la persona umana è il centro e la norma di tutti i processi economici. Questo è il motivo per cui il Concilio Vaticano II ha fatto questo solenne appello: “Occorre dunque adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della persona e alle sue forme di vita, innanzitutto della sua vita domestica” (Ivi).

È necessario un cambiamento delle priorità nell’ordine economico mondiale se si vuole che la realtà del lavoro sia veramente al servizio delle persone e non le opprima con nuove forme di schiavitù. Ciò è evidente in particolar modo nella condizione dei lavoratori nei Paesi in via di sviluppo del Sud, ma anche nei Paesi industrializzati del Nord. Anche la società maltese è chiamata a impegnarsi per questi mutamenti necessari a promuovere uno sviluppo che abbracci tutti i settori (cf. Sollicitudo rei socialis, 21).

5. Il “Vangelo del lavoro”, sostiene che tutti i lavori onesti, svolti con competenza, hanno un’innata dignità e conferiscono dignità a quanti vi si impegnano. Questo è il motivo per cui la disoccupazione è un problema così terribile. Lascia le sue vittime senza un adeguato sostegno economico, ma, ancor più, le taglia fuori psicologicamente e socialmente. Per questo motivo vi sollecito: non abbandonate i disoccupati, soprattutto i giovani alla ricerca di mezzi di sussistenza. I disoccupati e le loro famiglie hanno diritto all’efficace solidarietà dello Stato, degli interessi economici e delle stesse organizzazioni dei lavoratori.

I lavoratori sono il soggetto di diritti e di doveri. Le persone che lavorano, soprattutto i lavoratori dipendenti, hanno il diritto di essere trattati per quello che sono: uomini e donne liberi e responsabili, chiamati a partecipare alle decisioni che riguardano la loro vita. Una società che cerca l’autentico benessere dei suoi membri provvederà ai mezzi necessari per sostenere le famiglie. Permetterà alle madri di dedicare la loro attenzione primaria ai figli e alla casa e, ove necessario, farà fronte alle particolari esigenze delle madri lavoratrici. Inoltre, determinate categorie di lavoratori hanno bisogno di una attenzione e tutela particolare da parte della società. Per esempio i lavoratori dell’agricoltura spesso avvertono che il loro contributo alla società non è pienamente apprezzato. Dunque il “Vangelo del lavoro” insegna che i sistemi economici, sociali e politici debbono essere sensibili al completo benessere dei singoli individui e alle necessità delle loro famiglie.

Ma i lavoratori e le loro organizzazioni hanno anche seri doveri verso il bene comune. Il primo di questi doveri è di lavorare bene, per contribuire efficacemente alla costruzione di una società migliore. Anche questo fa parte del “Vangelo del lavoro” proclamato duemila anni fa nella vita e nell’opera di Gesù di Nazaret, il Figlio Incarnato di Dio. Il valore che Gesù ha attribuito al lavoro durante i lunghi anni prima della sua vita pubblica, non è andato perso nei primi cristiani. San Paolo ha insistito sul fatto che egli lavorava giorno e notte per non essere di peso agli altri (cf. 2 Ts 3, 8), e ha riassunto la spiritualità del lavoro in queste parole: “Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l’eredità” (Col 3, 23-24). Queste parole sono un invito all’integrità e alla competenza da parte di tutti, lavoratori e datori di lavoro, persone impegnate ad ogni livello nell’attività economica e produttiva. Al tempo stesso l’Apostolo ci esorta ad ampliare l’orizzonte dell’attività umana fino ad includere il piano di Dio sul mondo e sulla nostra salvezza. Il mondo del lavoro non deve essere visto come una parte di realtà in qualche modo opposta alla fede e alla religione, come se fosse in conflitto con Dio e con la sua Chiesa. Il lavoro può essere una fonte di soddisfazione e di sviluppo così come di crescita culturale e spirituale, soltanto se la società lo intende come cooperazione all’intenzione creatrice di Dio e se rispetta la dignità unica e le aspirazioni più alte di ogni persona, compresi i diritti della coscienza, come doni inalienabili del Creatore (cf. Gaudium et spes, 35).

6. La virtù più evidente dei lavoratori e delle lavoratrici di Malta deve essere la solidarietà: un impegno per il bene comune; un rifiuto dell’egoismo e dell’irresponsabilità. Dobbiamo diventare responsabili gli uni degli altri. Ciò che occorre sono atti concreti di solidarietà: tra datori di lavoro e impiegati, tra gli stessi lavoratori e lavoratrici, con una sensibilità particolare nei confronti dei poveri e degli indifesi. In tutto questo i sindacati hanno un ruolo speciale da svolgere. È loro dovere difendere i diritti dei loro iscritti attraverso i mezzi legittimi a loro disposizione, non dimenticando anche i diritti di altre categorie di lavoratori, la situazione economica generale del Paese e, in breve, il bene comune. Nell’attuale stato di progresso tecnologico e di sviluppo sociale, devono affrontare la sfida di adottare una visione più ampia della loro funzione sociale e delle loro responsabilità. Il loro grande obbiettivo è di armonizzare la richiesta di progresso materiale con il progresso culturale e spirituale della società. In altre parole, è la grande ondata di solidarietà sociale, non il conflitto, la risposta corretta alla natura sempre più correlata e interdipendente dei problemi di oggi.

Ma la solidarietà, il dialogo e la cooperazione, devono fondarsi su basi solide. Questi valori esigono una “disponibilità, in senso evangelico, a “perdersi” a favore dell’altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di opprimerlo per il proprio tornaconto” (Sollicitudo rei socialis, 38). Quindi l’essenza del “Vangelo del lavoro” è anche il centro dello stesso messaggio cristiano. Gesù Cristo riassume il suo insegnamento in queste parole familiari: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo. Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22, 37). La prima direzione del lavoro è quindi verticale, verso Dio: il vostro stesso lavoro è una manifestazione dell’intenzione del Creatore e un contributo alla realizzazione nella storia del disegno divino (cf. Gaudium et spes, 34). La seconda direzione del lavoro è orizzontale: è un modo efficace di mettere in pratica l’amore per il prossimo. Il vostro lavoro, nella misura in cui porta benefici di ogni tipo alla società, è una magnifica forma di servizio verso gli altri.

Il compito quindi che il Papa lascia ai lavoratori di Malta è di integrare il mondo del lavoro nel mondo della fede. Non ci può essere alcuna separazione tra le tradizioni della fede cattolica manifestate nella Messa domenicale e il senso dell’impegno, dell’onestà, della giustizia e della fratellanza dimostrate sul posto di lavoro durante la settimana.

7. Cari amici è in questo spirito del “Vangelo del lavoro” che fu proclamato da Gesù Cristo duemila anni fa e che continua ad essere proclamato dalla Chiesa ai nostri giorni, che io vi invito:

Dite No all’ingiustizia ad ogni livello della società!

Dite No all’egoismo individuale e di classe, che ricerca il proprio interesse senza preoccuparsi del bene comune dell’intera società!

Dite No al materialismo che indebolisce la coscienza e la dimensione spirituale della vita!

Dite Sì ad una nuova solidarietà tra tutti i membri delle forze del lavoro e tra i lavoratori e i datori di lavoro, tra il mondo del lavoro e tutta la popolazione di Malta.

Dite Sì al pieno sviluppo materiale e spirituale di ogni abitante di queste isole, con un’attenzione speciale per i più poveri e per i più bisognosi!

Dite Sì al piano di Dio per la creazione e alla sua Verità scritta nella natura di tutte le cose e nella profondità del cuore umano!

Il falegname di Nazaret e i lavoratori di Malta devono essere una mente sola e un cuore solo. Ricordate le parole della Lettura biblica che abbiamo ascoltato all’inizio del nostro incontro: “Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3, 17). In unione con Gesù Cristo, il vostro lavoro e i vostri sforzi per trasformare il mondo assumono la qualità di un sacrificio gradito a Dio. Offrendo “ciò che la terra ha dato e mani umane hanno fatto”, voi preparate la strada per il Regno di Dio. Questo è il significato più profondo del vostro lavoro.

Cari fratelli e sorelle, possa il Regno di Cristo, Regno di verità e vita, di santità e grazia, di giustizia, amore e pace, prendere possesso dei vostri cuori per il vero progresso e la prosperità di Malta. Dio vi benedica tutti.

Al termine dell’incontro, Giovanni Paolo II ha voluto rivolgere ancora un saluto:

Sono molto lieto per il nostro incontro . . . Sto cercando di immaginare la prima venuta di S. Paolo a Malta. Suppongo che S. Paolo all’arrivo a Malta non parlasse la lingua locale, ma è un fatto certo che i maltesi lo comprendessero. Sono molto grato per il nostro incontro, sono grato a S. Paolo, per il suo coraggio, e sono grato alla Madonna che è stata ancora tra noi e ci ha portato suo Figlio Gesù Cristo, il lavoratore di Nazaret. Grazie.

Vorrei aggiungere soltanto una parola sulla vostra generosità. Sono convinto che nemmeno S. Paolo, al suo arrivo a Malta, abbia ricevuto tanti doni quanti ne ho ricevuti io.

Grazie!

 

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