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VIAGGIO APOSTOLICO IN TANZANIA, BURUNDI, RWANDA E YAMOUSSOUKRO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON ESPONENTI DELLE COMUNITÀ NON CATTOLICHE
E DI ALTRE RELIGIONI

Kigali (Rwanda) - Domenica, 9 settembre 1990

 

Cari fratelli,

1. In occasione della mia visita pastorale in questo Paese, sono felice di potervi incontrare e vi ringrazio per le vostre parole di benvenuto. Vi saluto chiamandovi amici, perché l’amicizia è certamente la realtà che dà significato al nostro incontro. L’amicizia si esprime con il rispetto e la fiducia nell’altro, con il desiderio di dare e di ricevere e di essere autenticamente se stessi di fronte agli altri. Attraverso voi, incontro tutti i credenti del Rwanda che, nella vita quotidiana, instaurano legami di amicizia.

2. Mi rivolgo anzitutto a voi, amici cristiani. Sapete come l’evangelista, San Giovanni, ci fa conoscere il nuovo rapporto che Gesù ha instaurato tra Lui e gli Apostoli che aveva scelti: “Non vi chiamo più servi, ma vi chiamo amici” (Gv 15, 15). Noi che abbiamo ricevuto l’eredità trasmessa dagli Apostoli, siamo amici di Cristo perché egli ci ha fatto conoscere tutto quello che ha udito dal Padre. L’amicizia che nostro Signore ha per ciascuno di noi è stata suggellata in modo definitivo nel giorno del nostro battesimo quando siamo stati incorporati a Lui. Esiste così tra noi una comunione, certamente ancora incompleta, ma reale e profonda, grazie al legame sacramentale del battesimo. La nostra amicizia è dunque molto più di un’espressione di buona volontà, essa è l’effetto dell’amore stesso di Dio “che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (cf. Rm 5, 5).

È nella luce di questa straordinaria realtà che le nostre relazioni devono svilupparsi, affinché possiamo essere sempre più fedeli alla volontà del Cristo sulla sua Chiesa e alla nostra missione nel mondo. È dunque evidente che siamo chiamati a crescere nella reciproca fiducia e ad essere pieni di rispetto gli uni verso gli altri, sia tra le persone che tra le comunità, perché abbiamo ricevuto la stessa Parola di Dio che dobbiamo lasciare penetrare nelle nostre vite e che dobbiamo rendere accessibile ai nostri fratelli. È fonte di gioia il fatto che abbiate potuto, insieme, offrire agli abitanti del Rwanda una tradizione comune del nuovo testamento. Auspico che, con la grazia di Dio, con i vostri fratelli cattolici, possiate testimoniare sempre di più insieme il Vangelo di Cristo e servire disinteressatamente la vostra cara Nazione del Rwanda.

Tramite una iniziativa presa in comune, voi contribuite in maniera attiva e generosa ai servizi sanitari del vostro Paese. Saluto volentieri questo insieme di realizzazioni del “Bufmar” che rispondono a bisogni reali dei vostri compatrioti, in uno spirito di carità inventiva ed efficace. Incoraggio i credenti a continuare queste collaborazioni che ci avvicinano alla fedeltà delle esigenze evangeliche.

3. Rivolgo i miei saluti in questa felice occasione anche a voi, degni rappresentanti delle altre religioni. La vostra presenza qui è un segno del rispetto reciproco e della volontà di comprensione e di collaborazione che devono caratterizzare ogni società ben ordinata. Già alcuni anni fa, in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, ad Assisi, l’assemblea dei cristiani e dei rappresentanti di altre religioni sembrava “un’anticipazione di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell’umanità: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo gli uni gli altri verso la mèta trascendente che egli stabilisce per noi” (26 ottobre 1986). Qui, in questo Paese delle Mille Colline, dove le montagne ci invitano ad innalzare il nostro sguardo verso l’Altissimo, il Maestro di tutto, preghiamolo affinché ci dia la forza di camminare insieme su questa strada!

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana 

 



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