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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ POLACCA
PER GLI AUGURI NATALIZI

Aula Paolo VI - Martedì, 24 dicembre 1991

 

1. “In principio era il Verbo” (Gv 1, 1).

La liturgia del Natale comincia a mezzanotte con la Messa della notte, chiamata “pasterka”, quando per la prima volta risuonano i vecchi canti natalizi polacchi. Questa liturgia trova la sua espressione culminante nella terza Messa. Durante questa Messa leggiamo il prologo del Vangelo di Giovanni “In principio era il Verbo”. La solennità del Natale del Signore riunisce in uno l’evento della notte di Betlemme e l’eterno mistero di Dio. Il Figlio dell’uomo, il bambino nato dalla Vergine Maria, è il Verbo - il Figlio eterno, della stessa sostanza del Padre: “Dio da Dio, Luce da Luce”.

Il prologo del Vangelo di Giovanni accompagna l’Ottava di Natale. Risuona nella liturgia dell’ultimo giorno dell’anno, che è la vigilia del nuovo inizio nelle dimensioni del tempo umano. L’ottava di Natale si conclude il 1 gennaio del Nuovo Anno, ciò che ha una sua profonda eloquenza. Ogni anno nuovo infatti - secondo il calcolo del calendario - partecipa nel mistero divino del Verbo, che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). La dimensione terrena del tempo è stata per sempre “radicata” nel divino progetto della salvezza. Da esso attinge le sostanze nutritive “l’uomo nuovo” perché il Verbo Incarnato a quanti . . . l’hanno accolto dà potere di diventare figli di Dio (cf. Gv 1, 12).

2. In occasione della vigilia di Natale, seguendo la piena eloquenza della liturgia, porgo quindi gli auguri “del nuovo inizio”. Porgo questi auguri sia a tutti voi che siete qui riuniti, che a tutti i Polacchi presenti in Polonia e nel mondo.

Non per la prima volta ci è dato di cominciare di nuovo. Perfino nel nostro secolo questa situazione si è verificata già nell’anno 1918 (dopo il lungo periodo della spartizione). Adesso ancora una volta. Non ci si può far sorprendere dalla difficoltà di questo “nuovo inizio”. Per questa ragione non si può cadere nello scoraggiamento. Bisogna mostrare una nuova maturità della libertà. Se nel periodo passato questa era la maturazione della libertà che si stava riconquistando, adesso è il tempo per la maturazione nella libertà riconquistata.

Siamo testimoni di Cristo che ha rinnovato la nostra libertà - tale era il tema conduttore del Sinodo dei Vescovi dell’Europa, che recentemente ha concluso i suoi lavori a Roma. Bisogna che i Polacchi ritrovino una “particella” loro propria in questa verità che, nello stesso tempo, costituisce una chiamata alla “nuova evangelizzazione”. Il Verbo, che una volta si fece carne per abitare in mezzo a noi, sempre di nuovo viene come Verità e Fonte di ogni rinnovamento: dell’uomo, della nazione e dell’umanità.

3. Il Verbo Incarnato a quanti lo accolgono dà potere di diventare figli di Dio.

Per tale “potere” ai miei connazionali ho pregato Dio a lungo presso la tomba di San Pietro, per intercessione della Regina della Polonia di Jasna Gora, quando mi preparavo alla quarta visita in Patria. Una visita realizzata nel periodo tanto straordinario della rinascita della Casa Patria sul nuovo, e al tempo stesso, vecchio fondamento.

Questo “potere” costituiva il tema delle meditazioni durante la prima tappa del pellegrinaggio di quest’anno in Polonia, quando ho parlato dei Dieci Comandamenti che Dio ha trasmesso all’umanità sul monte Sinai. Essi sono arrivati a noi più che dieci secoli fa nel Verbo che è nato a Betlemme, nella Casa del Pane - e si sono collocati a fondamento del nostro stato, introducendo nella storia della nostra nazione il lievito, lievito della storia della salvezza.

Di questo stesso potere mi è stato dato di parlare alla gioventù di tutto il mondo riunita ai piedi della Signora di Jasna Gora, Madre di Dio e dell’uomo, in occasione dell’indimenticabile VI Giornata Mondiale della Gioventù, il cui tema era: “Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi” (Rm 8, 15).

4. E perciò una tale potenza, prima di tutto, desidero augurarla a voi, cari Fratelli e Sorelle che partecipate a questo ormai tradizionale incontro romano di Natale con il Papa, e a tutti i miei Connazionali - a coloro che governano e a coloro che sono governati - e che affrontano insieme la fatica di costruire la nuova Repubblica.

Desidero racchiudere, per così dire, nelle parole dell’Arcivescovo Giuseppe Teodorowicz, che egli pronunciò agli inizi della Polonia che stava per rinascere - nelle condizioni certamente molto più difficili - dopo 123 anni dell’assenza come stato: “È possibile meravigliarsi - chiedeva nell’anno 1923 - che i veleni delle secolari occupazioni e divisioni operano con la forza più grande proprio oggi quando abbiamo raggiunto l’unità? È possibile meravigliarsi che sanguinano ancora in noi le cicatrici, che la mano del nemico ha provocato sullo spirito della nazione? Combattete quindi intrepidi per la causa santa e riporterete, in breve, la vittoria . . . All’odio opponete l’amore, al terrore i principi morali, all’inquinamento e depravazione . . . opponete i cuori puri e fervidi. Allora non vi lamenterete incessantemente di non aver aspettato una tale Polonia . . . purché infine incominciate. Incominciate quindi e credete che voi portate nei vostri cuori le sorti della Polonia; che la potenza del bene supera quella del male. Portate in voi la profonda convinzione che non siete una generazione chiamata a banchettare, ma che siete la generazione delle lotte, delle rinunzie e dei sacrifici” (Jozef Teodorowicz, Prediche e discorsi alla nazione, Poznan 1923, pp. 338-344). Sappiamo dalla storia che i nostri padri sono riusciti bene in questo nuovo inizio. Nonostante liti, controversie e lotte hanno saputo apprezzare, al di sopra di ogni altra cosa la libertà conquistata con tanta fatica. L’hanno utilizzata bene, lasciandosi in sostanza guidare da un grande amore verso la Patria e dalla responsabilità per la sua sorte. L’anno 1939 e gli anni che si sono susseguiti hanno confermato una grande tempra dello spirito e la fedeltà di quelle generazioni alla Patria e ai principi morali.

La Polonia gode già la libertà interna. La Provvidenza ha fatto anche sì che si mettono bene le relazioni con i nostri vicini. Me ne convinco durante i colloqui con i loro alti Rappresentanti.

I compiti sono, tuttavia, enormi. Il momento storico è bello e certamente irripetibile. Esso non può essere sprecato con leggerezza.

Che duri e faccia nascere l’uomo nuovo e i tempi nuovi. In questa situazione acquista un’enorme importanza l’atteggiamento morale. La fedeltà ai fondamentali principi umani e cristiani. Nel codice deontologico dei medici accettato, poco tempo fa, nella Polonia si sono trovate nel giuramento le parole: “servire alla vita e alla salute umane dal momento del concepimento fino alla morte naturale”. Direi che qui si è giunti alla vittoria della coscienza umana e del buon senso. Dico: del buon senso, perché la difesa della vita umana è questione non soltanto di una determinata religione, ma è il diritto naturale più fondamentale, che riguarda l’uomo in quanto uomo.

Per i credenti questo è ancora il problema sconvolgente del comandamento del Dio Vivente: “Non uccidere!”, non negare il diritto alla vita all’essere umano più indifeso e innocente!

Proprio in questo contesto quanto penetranti sono le parole di Giovanni: “Il Verbo era presso Dio . . . in lui era la vita . . . A quanti . . . l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 1.4.12).

5. Cari fratelli e sorelle! Desidero abbracciare con la mia cordiale benedizione tutti voi, prima di tutto i deboli, coloro che si trovano al bivio e apparentemente non hanno più speranza; i malati, i sofferenti, coloro che cercano, i bisognosi, coloro ai quali è stato recato danno; voi che lottate e cercate nuove, migliori soluzioni, voi che, semplicemente, lavorate e credete nei frutti del vostro lavoro e del vostro amore; voi bambini e giovani, voi anziani e voi che vi ritrovate nel periodo dell’azione e della creatività mature; le singole persone, le famiglie e gli ambienti, tutta la Chiesa in Polonia, l’Episcopato con il Primate a capo, i sacerdoti, le famiglie religiose maschili e femminili. Con tutti voi desidero spezzare il bianco pane di Natale.

 

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