Index   Back Top Print

[ IT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL SINDACO E AI COMPONENTI DELLA
GIUNTA DEL COMUNE DI ROMA

Giovedì, 7 febbraio 1991

 

Onorevole Signor Sindaco,
Illustri Signori!

1. È per me sempre gradito questo tradizionale incontro con Lei e con l’Amministrazione del Comune di Roma per uno scambio di auguri all’inizio del nuovo anno. Il mio cordiale saluto a Lei e ai suoi Collaboratori, rappresentanti della popolazione e responsabili della gestione di questa grande Città. Ringrazio vivamente per le espressioni gentili che mi sono state rivolte, a nome di tutti i presenti e dell’intera cittadinanza romana. In particolare, condivido la preoccupazione per la pace, che Ella ha voluto sottolineare, seriamente compromessa dalla guerra in corso e rinnovo l’auspicio che quanto prima cessi questo inquietante conflitto.

È nell’ambito di questa metropoli che si svolge il mio ministero di Vescovo, quale Successore di Pietro, che fece di Roma l’ultima tappa della sua missione apostolica e qui testimoniò col martirio la sua fede in Gesù di Nazaret. È anzitutto da Roma che la Chiesa rende visibile la sua presenza nel mondo attraverso il ministero petrino, in quanto segno di unità per tutti i credenti in Cristo.

Su ciò si fondano la mia sollecitudine pastorale e il mio desiderio di servizio per questa Città e per i problemi che riguardano la sua popolazione. Per questa sua posizione singolare Roma è chiamata ad essere come modello al mondo nel testimoniare il rispetto dei valori umani e cristiani, così da presentarsi come società capace di riconoscere e di trasmettere i segni e l’esperienza inscritti nella sua storia.

Desidero attestarLe, Signor Sindaco, che la Chiesa che sta in Roma, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua Comunità, desidera prodigarsi per rendere più umana la vita della Città e per contribuire ad un progresso autentico della popolazione. Anche a questo mira il Sinodo pastorale diocesano che si sta celebrando nelle Assemblee di Prefettura.

2. Tra i tanti problemi che in maniera pressante toccano la comunità romana, quello che colpisce maggiormente è la situazione del mondo giovanile. Un mondo complesso, simile, peraltro, a quello di tante altre metropoli, ma che a Roma sembra aver caratteristiche proprie per una serie di ragioni tipiche di questa Città. Essa infatti è la capitale d’Italia, centro di studi e meta di immigrazione e di vasto movimento turistico; ma, sotto molti aspetti non sempre è in grado di offrire adeguati spazi di accoglienza, soprattutto ai giovani che abbiano prospettive di inserimento stabile nel tessuto sociale e lavorativo. Tale contesto in qualche modo “pesa” anche sul cammino culturale e formativo della gioventù romana e prospetta soluzioni difficili per il futuro dei giovani qui inseriti.

Colpisce soprattutto la “cronaca” pressoché quotidiana di violenza e criminalità, che vede i minori come protagonisti di una diffusa prevaricazione.

Con grande tristezza occorre riconoscere che spesso si assiste impotenti alla crescita dei tossicodipendenti e dei suicidi. A ciò si aggiunge, in dimensioni più vaste, la facile evasione dall’obbligo scolastico, specialmente in alcune aree del territorio, tipiche per l’intensificarsi dei grandi agglomerati e dell’emarginazione minorile.

Il verificarsi di tali fenomeni interpella in profondità sia le pubbliche istituzioni, sia la stessa Comunità cristiana, ciascuno nel proprio ordine ed in spirito di reciproca collaborazione. Se urge contrapporsi all’opera nefasta della criminalità organizzata per impedire il danno che essa attualmente esercita sui minori, bisogna contemporaneamente insistere con grande impegno sui mezzi positivi di formazione. Occorre partire dal rinnovamento dei messaggi insiti in tanti mezzi della comunicazione sociale, dalla riorganizzazione delle strutture educative, e specialmente dalla scuola e dai contenuti umani e culturali che essa si prefigge di trasmettere. È necessario pensare ad opportune occasioni di socializzazione, all’offerta di momenti ricreativi e soprattutto formativi per l’avviamento al lavoro. Sembra qui assai opportuno valorizzare in termini nuovi le disponibilità di un volontariato capace di animare i servizi di accoglienza dei giovani. In particolare, quelle forme di servizio ai giovani e alla loro crescita, che da tempo sono offerte dagli oratori e dai centri ricreativi di tante comunità ecclesiali, costituiscono già ora uno dei più validi contributi alla prevenzione e al superamento delle molteplici minacce che pesano sulla nostra gioventù. Una lungimirante e fattiva collaborazione tra la diocesi e l’Amministrazione cittadina può favorire la presenza di tali centri in ogni quartiere della Città, anche attraverso la disponibilità degli spazi indispensabili.

3. Ma soprattutto, per il problema dei giovani, come per ogni altra questione che tocca le condizioni di vita della nostra Città, occorre ripartire dalla famiglia.

La società moderna sembra aver creato presupposti gravi alla sua crisi, alla sua assenza, alla sua incapacità di esercitare i diritti che ad essa spettano. La famiglia però resta sempre la “scuola di umanità più completa e più ricca” (Gaudium et Spes, 52), la sua presenza non può essere quindi disattesa o ignorata. Essa è l’unico reale sostegno, perennemente e concretamente disponibile, per un programma che accompagni la crescita equilibrata dei giovani. È noto che il disagio dei fanciulli e degli adolescenti è per lo più da attribuirsi alla mancanza di un idoneo e caldo clima familiare. Altrettanto si può dire per i problemi degli anziani e per tutte le forme di sofferenza, materiale e morale, che trovano nella famiglia il primo e decisivo luogo di comprensione e di conforto.

Di fronte ai rischi sempre più reali di isolamento, solitudine, emarginazione ed abbandono, la famiglia deve dunque essere aiutata a ritrovare il suo ruolo, per un progressivo rafforzamento delle sue funzioni e della sua missione.

Occorrerà pertanto far di tutto perché la famiglia non sia la prima ad essere penalizzata sul piano economico e su quello dei servizi, non sia progressivamente esclusa dalla partecipazione che le spetta nelle istituzioni pubbliche, e in particolare nella scuola.

Noi tutti ci auguriamo che, con l’aiuto di Dio, l’immagine della comunità coniugale e familiare, fondata dal Creatore e da lui ordinata con leggi sapienti, ritrovi la sua vera identità e possa mettere al servizio del bene comune i propri grandi valori: l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli sposi e l’affettuosa collaborazione di tutti i suoi membri.

4. Nel manifestare questi pensieri e questi voti sono certo di trovare in Lei, signor Sindaco, ed in tutta codesta Amministrazione, favorevole considerazione. Si tratta infatti di argomenti che profondamente incidono sull’immagine e sulla realtà della Capitale d’Italia e della Diocesi a me affidata.

Invoco, pertanto, sul Suo lavoro e su quello dei Suoi collaboratori la luce e il conforto di Dio. Imploro l’intercessione di Maria Santissima, invocata come “Salus Populi Romani”, mentre a tutti imparto la mia benedizione.

 

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana