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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA PRIMA SESSIONE DELLA CONFERENZA PERMANENTE DEL MINISTERO DEGLI INTERNI

Sala del Concistoro - Lunedì, 8 luglio 1991

 

1. Sono lieto di accoglierla, Signor Ministro degli Interni, insieme con questa delegazione di persone che prenderanno parte alla prima sessione della Conferenza Permanente del Ministero degli Interni, sul tema “La cultura della legalità”. Rivolgo a ciascuno un deferente saluto, augurando buon esito ai lavori che si svolgeranno nei prossimi giorni.

Le crescenti problematiche e difficoltà, che la società in questi anni incontra per il rapido evolversi delle sue strutture e dei modelli di riferimento, accrescono le preoccupazioni di quanti con senso di responsabilità guardano verso il futuro. Essi non possono, infatti, ignorare il clima di “crisi” che attualmente investe sia le istituzioni pubbliche sia le varie strutture sulle quali la convivenza umana si fonda e fra queste, in primo luogo, la famiglia.

Giunge, pertanto, opportuno l’incontro promosso dal vostro Ministero, al fine di riflettere sul tema “La cultura della legalità”, ed offrire un contributo alla promozione di una nuova qualità della vita nella società italiana.

2. Analizzando le cause che hanno ingenerato in non poche coscienze una sorta di eclissi del senso stesso della legalità, si è spinti a risalire verso quel più generale indebolimento del senso dei valori, che le analisi sociologiche vanno da tempo rilevando. La crisi dell’“idea di dovere”, sia nello Stato che nei privati, l’impugnazione del “principio di autorità”, sostenuta da ideologie massificanti, l’oscuramento della distinzione fra bene e male morale, accompagnato da un crescente cedimento a modelli permissivi, sono altrettanti fattori che influiscono in modo determinante sull’odierna crisi della legalità nella convivenza civile.

Conseguenza di ciò è quanto sottolineavo nel corso della mia visita pastorale a Napoli, nel novembre del 1990, quando annotavo: “La non infrequente violazione dei princìpi che dovrebbero informare le relazioni sociali, la prevalenza di particolarismi, l’illegalità diffusa hanno posto in crisi le istituzioni, inducendo il distacco dei cittadini da esse, anche per l’uso che talvolta di esse viene fatto a scopi privati” (Ioannis Pauli PP. II, Neapoli allocutio ad rei publicae regionis, municipiorum aliorumque officiorum administratores, 3, die 10 nov. 1990: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 2 (1990) 1090).

Non si deve, infatti, dimenticare che l’affermazione meramente “formale” della legalità senza effettiva incisività negli interventi concreti finisce per favorire una illegalità di sostanza, fatta di compromesso e di corruzione, con la conseguenza dell’affermarsi di un diffuso malessere che incrina alla base quel consenso sociale che, com’è noto, è il fondamento stesso della civile convivenza.

3. Pur essendo i problemi, a cui voi volgete il vostro interesse, primariamente politici, sociali ed economici, non v’è dubbio, però, che la loro radice è, in definitiva, di ordine etico e spirituale. Si tratta, infatti, di “meccanismi perversi che appartengono a quelle “strutture di peccato” che hanno il loro fondamento nelle colpe personali, in quanto collegate ad atti concreti delle persone, che le introducono, le consolidano e ne rendono difficile la rimozione” (Ivi).

È chiaro, pertanto, che ogni azione mirante al ricupero della legalità deve necessariamente partire dalla riaffermazione di questi valori fondamentali, senza i quali l’uomo è offeso nella sua dignità originaria e la società è intaccata nel suo nucleo più profondo.

4. A tale vasta opera di riflessione e di ripresa la Chiesa, pur consapevole che “in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e che non è legata ad alcun sistema politico” (Gaudium et spes, 76), sente il dovere di offrire il suo peculiare apporto. Sua missione, infatti, è di contribuire ad “estendere il raggio di azione della giustizia e dell’amore all’interno di ciascuna nazione e tra le nazioni” (Ivi., 76).

In quest’ottica mi sembra opportuno richiamare l’urgenza che chiunque è in posti di responsabilità s’impegni a ricucire la frattura tra morale e società, nella consapevolezza del “peso eccessivo assunto dalla mediazione politica, che spesso finisce col deformare profondamente la struttura di base della vita associata” (Ioannis Pauli PP. II, Neapoli allocutio ad rei publicae regionis, municipiorum aliorumque officiorum administratores, 3, die 10 nov. 1990: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 2 (1990) 1090). Ciò richiede un notevole sforzo di “ricupero di moralità personale e sociale” in ordine ad un rinnovato senso di responsabilità nell’agire pubblico. Tutti devono sentirsi chiamati in causa, a cominciare dai vari soggetti sociali, sia pubblici che privati, i quali recheranno il proprio contributo mediante la crescente formazione dei loro esponenti e la valorizzazione delle molteplici forze di volontariato.

5. Bisogna adoperarsi per l’incremento dell’autentico benessere della popolazione. Ricuperare la legalità, infatti, significa anche perseguire modelli di sviluppo a dimensione più umana, nei quali l’autorità abbia un ruolo di promozione del bene comune e ad ogni diritto corrisponda un dovere. “È necessario - ho scritto nella recente Enciclica Centesimus annus - adoperarsi per costruire stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le varie scelte” (Ioannis Pauli PP. II, Centesimus annus, n. 36), così da assicurare a tutti condizioni di sicurezza nella convivenza e di solidarietà nella condivisione, con particolare sollecitudine per i più deboli e indifesi.

Auspicando che dalla prima sessione della vostra Conferenza permanente scaturiscano orientamenti utili e contributi proficui per il recupero della “cultura della legalità”, assicuro un particolare ricordo nella preghiera e porgo a tutti un benedicente saluto.

 

© Copyright 1991 - Libreria Editrice Vaticana

 



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