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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L'INCONTRO ECUMENICO DI PREGHIERA

Cattedrale ortodossa (Bialystok) - Mercoledì, 5 giugno 1991

 

Eccellenze, Reverendissimo Mons. Arcivescovo Sawa.
Veneratissimi Vescovi Szymon, Jeremiasz, Adam e Abel,
Venerati Sacerdoti e Diaconi, Padri, fratelli e sorelle religiosi,
Amati nel Signore fratelli e sorelle!

Questo è il giorno fatto dal Signore: / rallegriamoci ed esultiamo in esso” (Sal 118, 24).

Al Signore dei secoli e Signore della Chiesa - a Gesù Cristo, Salvatore nostro, rendiamo profondissime grazie per il dono di questo incontro odierno. Siamo radunati nel suo nome e crediamo, che conformemente alla promessa che abbiamo ricevuto, egli è presente in mezzo a noi. Per questo dal profondo del cuore possiamo qui, in questo sacro luogo, ripetere il versetto dell’Ufficio delle Letture di Pasqua:

“Sjéj dién, jegòze sotworí Hospòd’”.

1. Wozlúblennii o Hòspodie Brátia i Siéstry!

Il nostro incontro cade poco dopo la Pentecoste. Il vivere profondamente il mistero della Discesa dello Spirito Santo ci ha preparato ad esso spiritualmente. Sono lieto che esso abbia luogo in questa città, ove da secoli, si incontrano le due tradizioni cristiane - quella dell’Oriente e dell’Occidente - e che ci incontriamo nella cattedrale dedicata a San Nicola, il quale era vescovo nella Chiesa ancora indivisa ed è venerato sia nell’Oriente che nell’Occidente cristiani.

La comune venerazione presente nelle nostre Chiese è anche una delle fonti di nostalgia della piena unità. Lo Spirito Santo è l’artefice della santità nella Chiesa. Come proclama uno degli inni dell’ufficio bizantino per la festa di Pentecoste, “ogni grazia proviene dallo Spirito Santo”; è lui “a mantenere tutta la Chiesa nell’unità”. Lo stesso Spirito Santo ci permette di scoprire la fratellanza spirituale esistente tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa.

Come abbiamo constatato insieme a Sua Santità il Patriarca Ecumenico Dimitrios I, nella Dichiarazione di quasi quattro anni fa: “Questa fraternità . . . continua a crescere e portare frutto per la gloria di Dio. Ancora una volta sentiamo la felicità di essere insieme come fratelli” (Dichiarazione comune di papa Giovanni Paolo II e del patriarca ecumenico Dimitrios I, 7 dic.1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 (1987) 1318s.).

Il dialogo teologico, che ormai da molto tempo si svolge tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, mostrò le profonde e sacramentali radici di questa fratellanza. Leggiamo nel Documento comune di Monaco di Baviera: “I credenti sono battezzati nello Spirito, nel nome della Santa Trinità per formare un solo Corpo (cf. 1 Cor 12, 13). Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, essa realizza “ciò che essa è”, il Corpo di Cristo (1 Cor 10, 17).  . . .Comunicando al Corpo e al Sangue di Cristo i fedeli crescono in questa deificazione misteriosa, che realizza la loro dimora nel Figlio e nel Padre, mediante lo Spirito” (Documento di Monaco di Baviera 1982, I 4 b).

Il Documento di Nuova Valamo in Finlandia, che è frutto del comune dialogo, ci ricorda che: “(Così) l’Eucaristia realizza l’unità della comunità cristiana. Essa manifesta anche l’unità di tutte le Chiese che la celebrano nella verità e, più ancora, l’unità attraverso i secoli di tutte le Chiese con la comunità apostolica, dalle origini fino ad oggi. Nello Spirito di essa si ricollega, al di là della storia, alla grande assemblea degli Apostoli, dei Martiri, dei testimoni di tutti i tempi radunati attorno all’Agnello” (Documento di Valamo, 1988, n. 36).

L’Eucaristia tendenza verso la piena unità per mezzo di Cristo presente deve diventare Eucaristia segno di piena unità in Cristo accolto con fede nel suo pieno significato. Oggi vediamo più chiaramente e meglio comprendiamo il fatto che le nostre Chiese sono Chiese sorelle.

Il dire “Chiese-Sorelle”, non è soltanto una frase di circostanza, ma una fondamentale categoria ecumenica di ecclesiologia. Su di essa dovrebbero basarsi le reciproche relazioni tra tutte le Chiese e qui anche tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa in Polonia.

2. Diletti fratelli e sorelle Ortodossi!

Stando davanti al Signore durante questa solenne e sublime preghiera, in cui più volte è risuonata l’invocazione: “Hospodi, pomiluj: Signore, abbi pietà di noi”, non possiamo non ammettere con umiltà che nella relazione tra le nostre Chiese in passato non sempre regnava lo spirito di fraternità evangelica. Le dolorose esperienze continuano a vivere nella memoria di tutti.

In essa affondano anche le proprie radici della mancanza di fiducia, non ancora e non del tutto superata. Tutti portiamo il giogo delle storiche colpe, tutti commettiamo errori. “Se diciamo anche che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Gv 1, 8). Ovunque è esistito il torto, indipendentemente da quale parte, esso va superato mediante il riconoscimento della propria colpa davanti al Signore e mediante il perdono. Con profondo e sincero dolore lo ammettiamo oggi davanti a Dio, chiedendogli di perdonarci: “Hòspodi, pomiluj i prosti!”.

Memori delle parole della preghiera del Signore “e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, in spirito di reciproca riconciliazione, ci perdoniamo a vicenda i torti subiti nel passato per formare, in un modo nuovo, autenticamente evangelico, i nostri rapporti reciproci e costruire il futuro migliore delle Chiese riconciliate. Che questi rapporti manifestino al mondo la verità sul profondo legame spirituale che difatti esiste tra noi.

Cristo prega: “perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 23).

3. Il dialogo nella verità, nella sincerità e nella carità è l’unica via per tendere alla piena unità. È il dono dello Spirito di Dio, l’insostituibile mezzo sulla via della riconciliazione. Esso va portato avanti nonostante le difficoltà che appaiono.

Il Comitato di Coordinamento della Commissione Internazionale del Dialogo tra poco terrà i suoi lavori ad Ariccia, in Italia, sul problema molto difficile dell’unionismo.

Speriamo, che il paziente e perseverante dialogo arrivi, con l’aiuto di Dio, all’eliminazione degli ostacoli che frenano il cammino verso l’unità.

Desidero citare una volta ancora le parole della Dichiarazione sottoscritta a Roma insieme al Patriarca Dimitrios: “Davanti a Dio, rinnoviamo il nostro comune impegno di promuovere in ogni possibile modo, il dialogo della carità, sull’esempio di Cristo che nutre e cura la sua Chiesa (cf. Ef 5, 29). In questo spirito rigettiamo ogni forma di proselitismo, ogni atteggiamento che potrebbe essere interpretato come una mancanza di rispetto” (Dichiarazione comune di papa Giovanni Paolo II e del patriarca ecumenico Dimitrios I, 7 dic.1987: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, X, 3 (1987) 1318s.). 

A Dio appartengono i tempi e i secoli. È lui il Signore della storia umana, il Dio del definitivo futuro. Quel futuro è l’umanità unita nel Dio Trino e Uno, riconciliata, trasformata. Nel nome di questo futuro dobbiamo formare il nuovo oggi e il nuovo domani del cristianesimo più riconciliato. Il dialogo ci obbliga tutti. Occorre prima di tutto educare i giovani in uno spirito nuovo, nello spirito che tende alla piena unità, all’unità che è Cristo stesso, per la quale egli pregava e alla quale ci ha impegnati. Che dunque tutti i nostri sforzi miranti alla soluzione delle difficoltà che si manifestano nelle reciproche relazioni siano segnati da una grande benevolenza e dall’amore disinteressato, di cui Cristo nel suo abbassamento e nella morte di croce ci ha dato esempio.

Fratelli e sorelle, uniamo i nostri sforzi e le aspirazioni della gerarchia e dell’intero Popolo di Dio, per formare, nello spirito del Vangelo di Gesù Cristo, la collaborazione cristiana e la cooperazione anche nella nostra Patria, mantenendo e sviluppando la ricchezza della propria tradizione spirituale, liturgica, nazionale. Che questo spirito pervada profondamente la vita quotidiana delle due comunità e diventi uno stile nuovo di convivenza, nella riconciliazione e nella carità.

4. Fratelli e sorelle! Amati in Cristo!

In questo luogo desidero esprimere oggi la mia profondissima compassione a motivo delle dolorose prove subite ultimamente dalla Chiesa ortodossa in Polonia. Penso con dolore all’incendio doloso che ha distrutto il venerato santuario ortodosso della Trasfigurazione del Signore sul santo Monte Grabarka, come al furto nel monastero di Sant’Onofrio a Jableczna. Questi atti sacrileghi provocano profondo dolore nel mio cuore e in quello dei cattolici. Tutto quello che turba una buona, fraterna convivenza dei cristiani, di diverse tradizioni, proviene dal maligno.

Dalla nostra comune preghiera odierna, nasca in noi nuovamente il desiderio di Cristo che “tutti siano una cosa sola”.

Che egli, il Signore della Chiesa e il Signore della storia, “l’Alfa e l’Omega . . . Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap 1, 8), benedica i nostri sforzi ecumenici perché superiamo infine il peccato della divisione e arriviamo alla piena unità.

Che il Signore benedica i Veneratissimi Gerarchi della Chiesa Ortodossa in Polonia e tutti i fedeli: “Ad multos annos - Is polla eti!”. “I da búdut milosti wielíkago Bòga i Spása nászego lisúsa Christà so wsjémi wámi. Amín”.

Prima di lasciare la cattedrale ortodossa di Bialystok, Giovanni Paolo II ha rivolto ai presenti le seguenti parole:

A tutte le vostre comunità ortodosse della diocesi di Bialystok e Danzica e di tutta la Polonia, a tutte le parrocchie, a tutti i pastori, a questa comunità con la quale abbiamo pregato insieme e a questo coro che in questa preghiera ci ha dato un bellissimo aiuto, dico: Dio vi ricompensi. Sia lodato Gesù Cristo.



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