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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA

Mercoledì, 8 maggio 1991

 

Venerati e cari fratelli,

1. “Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro che hanno ricevuto in sorte con noi la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo: grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro” (2 Pt 1, 1-2). Sono lieto di porgere il mio cordiale saluto e il mio fraterno augurio a ciascuno di voi con le stesse parole dell’Apostolo Pietro. Nelle vostre persone saluto con grande affetto le Chiese affidate alle vostre cure pastorali, mentre con voi rendo grazie al Signore per la loro vitalità cristiana, che si manifesta in molteplici espressioni di fede sincera e di carità operosa.

Saluto in un modo speciale il nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Monsignor Camillo Ruini, e il nuovo Segretario Generale, Monsignor Dionigi Tettamanzi; li ringrazio di cuore per aver accolto con animo disponibile e generoso questo impegnativo servizio alla crescita della comunione e della corresponsabilità del corpo episcopale in vista del bene di tutte le Chiese che sono in Italia.

Le visite “ad limina Apostolorum”, che in questi mesi state compiendo, mi danno la gioia di incontrare personalmente ciascuno di voi, di conoscere e di condividere le difficoltà, ma insieme anche le risorse e le speranze delle diverse diocesi italiane; nell’incontro collegiale poi con le singole Conferenze Episcopali Regionali, in comunione di intenti pastorali, ho l’occasione opportuna per richiamare le esigenze più vive che il Vangelo di Cristo pone oggi alle comunità cristiane. In particolare mi è gradito questo incontro assembleare, perché, pur nella sua brevità, costituisce un momento profondo di comunione spirituale con voi, tanto impegnati nel far crescere secondo lo Spirito di Cristo le Chiese a voi affidate. Con le parole dell’Apostolo Paolo vi dico: “Fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1 Cor 15, 58).

2. La vostra riflessione di questi giorni si sofferma sul “Vangelo della carità”, espressione che avete felicemente scelto per indicare il legame profondo che esiste tra l’evangelizzazione e la testimonianza della carità. Sono questi i due poli degli Orientamenti pastorali per gli anni ‘90, che avete approvato nell’Assemblea Generale di Collevalenza, nel novembre scorso. Ora, in questa nuova Assemblea, affrontate il problema della traduzione concreta di questi orientamenti nelle singole Chiese particolari, con lo scopo di promuovere il comune cammino in questo ultimo decennio del ventesimo secolo.

Gli Orientamenti pastorali, delineati dopo prolungata ed organica consultazione, si collocano nell’itinerario ecclesiale italiano del dopo Concilio e intendono offrire, sulla scia dei programmi antecedenti, una risposta autorevole e precisa alle grandi sfide che nascono dalla nostra società e dalla nostra cultura. Di fronte al tramonto di ideologie che si sono rivelate illusorie e alle profonde mutazioni storico-politiche di questi ultimi tempi, la Chiesa professa, ancora una volta, la sua fede in Cristo Risorto: in Lui, suo Sposo e Signore, riconosce la fonte perenne della novità, la risorsa inesauribile che dà speranza agli uomini anche della nostra epoca. Per questo, con coraggio e con gioia, la Chiesa continua l’annuncio del Vangelo, quale risposta autentica e piena ai bisogni più veri e profondi di ogni uomo e di tutti i popoli.

Occorre riaffermare con forza l’assoluta necessità dell’evangelizzazione. “Evangelizzare - scriveva Paolo VI - è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (Pauli VI, Evangelii nuntiandi, 14). La Chiesa vive di questa grazia, non può lasciare senza risposta questa vocazione, non può contraddire né sfigurare questa sua identità profonda.

L’intera attività della Chiesa si concentra così, con una forza tutta particolare, nell’evangelizzazione. E se questa comporta la missione permanente di portare il Vangelo a milioni di uomini e di donne che ancora non conoscono Cristo Redentore dell’uomo, comporta oggi la “nuova evangelizzazione” per quei paesi e nazioni nei quali “la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede vive e operose”, ma che “sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo. Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta “come se Dio non esistesse””. (Ioannis Pauli PP. II, Christifideles laici, 34)

Tra questi paesi e nazioni è da annoverarsi per certi aspetti anche l’Italia, dove pure la Chiesa è ben viva e la fede di tanti uomini e donne è vigile e operosa. Voi, cari Confratelli, ne siete consapevoli e avete scelto di rendervi, con tutte le vostre Chiese, soggetti vivi, in docilità allo Spirito, di una nuova evangelizzazione che pone al suo centro il Vangelo della carità.

3. Questa testimonianza centrata sulla carità è dono e responsabilità per tutti nella Chiesa: Vescovi, sacerdoti, religiosi, fedeli laici. Ed essa non manca certo nelle nostre comunità cristiane, che si presentano ricche di attività di servizio, di assistenza e di volontariato, con continuo e generoso investimento di persone e di mezzi. A questo proposito esprimo il mio compiacimento nel sapere che la Conferenza Episcopale Italiana viene attuando da alcuni mesi, con i fondi destinati dai cittadini italiani, organici e mirati interventi caritativi a favore del Terzo Mondo.

È però necessario che tutta questa ricchezza di attività sia sempre consapevolmente motivata dalla fede e saldamente radicata nel Vangelo, perché possa divenire espressione di carità autentica e argomento di credibilità per il mondo.

In tal senso, occorre impegnarsi instancabilmente nel formare la coscienza morale dei fedeli, e in primo luogo dei giovani, perché le opere della carità siano il frutto e il segno di una fede matura, che si alimenta costantemente alla fonte inesauribile dell’amore di Cristo, splendida immagine e dono vivo dell’amore benevolo e misericordioso del Padre.

L’ascolto della Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, con l’effusione dello Spirito, legge nuova dei credenti, sono le vie privilegiate e assolutamente irrinunciabili per vivere e testimoniare il Vangelo della carità.

4. Un aspetto prioritario, su cui gli Orientamenti richiamano l’impegno pastorale delle Chiese particolari, è quello dell’educazione dei giovani al Vangelo della carità. Ad essi va annunciato con coraggio e con entusiasmo, quali la fede fanno nascere e crescere, che Cristo, e Lui soltanto, è la perenne e permanente novità dell’uomo e della storia, perché Egli è la Verità che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; è la Via sulla quale fioriscono la giustizia, l’amore, la solidarietà, la pace; è la Vita che rigenera l’uomo a figlio adottivo di Dio. Non sarà difficile allora ai giovani cogliere la straordinaria e profonda sintonia che esiste tra la novità evangelica e le attese e le domande più autentiche che essi si portano nel cuore.

Un ambiente privilegiato per tale azione resta sicuramente la scuola. Dal momento che i giovani, al di là delle apparenze, sono alla ricerca del senso vero della vita e del valore delle cose, occorre che la scuola non perda il suo ruolo educativo, ma rimanga sempre il luogo dove l’alunno ha la possibilità di sviluppare le sue doti di intelligenza, di sentimento e di volontà e dove può trovare risposta ai problemi della sua persona ed agli interrogativi dell’esistenza.

Ora, come l’esperienza attesta, all’interno della scuola e in rapporto con le altre discipline scolastiche, l’insegnamento della religione cattolica, nel suo metodo e nel suo specifico contenuto, è caratterizzato “da una chiara valenza educativa, volta a formare personalità giovanili ricche di interiorità, dotate di forza morale e aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà”, come ho recentemente ricordato durante il Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa sull’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica.

Il carattere popolare che in Italia presenta la fede cattolica e la sua incidenza particolarmente significativa nella storia e nella vita del Paese fanno sì che l’insegnamento della religione cattolica rappresenti per le giovani generazioni un’opportunità unica di formazione culturale oltre che di educazione morale e spirituale. Il mio fervido auspicio è che i giovani e le famiglie confermino con la loro scelta, convinta e motivata, di voler usufruire di questo servizio prezioso.

Esprimo pertanto la mia soddisfazione nel sapere che in questi giorni state lavorando alla pubblicazione di una Nota pastorale sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e mi auguro che questo documento possa contribuire non poco a rendere l’azione pastorale delle comunità cristiane sempre più attenta al problema dell’educazione religiosa dei giovani nell’ambito della scuola. Il prossimo Convegno nazionale sulla scuola cattolica, al quale vi state alacremente preparando, testimonia anch’esso della vostra sollecitudine pastorale per i giovani, per la scuola e per l’incontro della scuola col Vangelo.

5. Riprendendo una gloriosa tradizione, interrotta per alcuni anni, avete celebrato la 41 Settimana Sociale dei Cattolici italiani su di un tema importante e attuale: “I cristiani e la nuova giovinezza dell’Europa”. Questa Settimana ben si inserisce nelle attività e nelle celebrazioni dell’“Anno della Dottrina sociale della Chiesa”, nel centenario dell’Enciclica Rerum novarum di Leone XIII, così come risponde all’esigenza dell’impegno sociale e politico dei cristiani, fortemente sollecitato negli Orientamenti pastorali.

Sarà utile che le conclusioni di questa Settimana Sociale, da riprendere nelle più adatte sedi locali, vengano lette alla luce della recente Enciclica Centesimus annus. Le cose nuove, che oggi si presentano come problematiche, sono numerose e varie, ma rimandano soprattutto alla collocazione sia dell’individuo con la sua autonomia personale, sia dei corpi intermedi, alla luce del principio di sussidiarietà, di fronte agli interventi dello Stato. Al riguardo, spingendo la diagnosi sulle cause dell’attuale situazione mondiale alle sue radici profonde, ho scritto: “Se ci si domanda poi donde nasca quell’errata concezione della natura della persona e della “soggettività” della società, bisogna rispondere che la prima causa è l’ateismo” (Ioannis Pauli PP. II, Centesimus annus, 13).

Proprio per questo, il compito dei credenti non solo non è secondario, ma risulta essere determinante per la difesa e per la promozione dei valori politici, economici, sociali, culturali in ordine ad un autentico progresso della convivenza.

Una rinnovata presenza dei cristiani nel campo sociale e politico s’impone, pertanto, con urgenza al fine di annunciare e di testimoniare oggi il vangelo della carità nel servizio rivolto a tutti, in particolare ai più poveri ed emarginati. L’annuncio della dottrina sociale della Chiesa è parte integrante della “nuova evangelizzazione”. Ma questo annuncio esige di farsi testimonianza concreta, dunque presenza e attività. Il vangelo della carità - potremmo dire il vangelo della carità sociale - esige uomini e donne cristianamente adulti, esige coscienze limpide e forti, formate ai grandi valori dell’antropologia e dell’etica derivanti dalla fede cristiana.

6. Venerati fratelli nell’Episcopato, in questo nostro incontro annuale sempre denso di sentimenti di fede e di comunione, ho inteso riprendere alcuni aspetti delle molte riflessioni che vi impegnano nei lavori dell’Assemblea Generale.

Quanto vorremmo che le nostre aspirazioni pastorali, che nascono nel nostro cuore dall’amore a Cristo e alla sua Chiesa, potessero trovare sempre pronta e cordiale accoglienza presso le nostre comunità e generosa attuazione nel loro cammino di fede!

Affidiamo questi nostri desideri alla protezione materna della Vergine Santa, tanto venerata presso le popolazioni d’Italia, specialmente in questo mese di maggio, a Lei dedicato da una lunga e sentita consuetudine popolare, e proprio oggi invocata con la tradizionale “Supplica”, a Lei rivolta come “Regina del Santissimo Rosario di Pompei”.

Nel nome suo imparto di cuore a tutti voi e alle vostre Chiese l’apostolica benedizione.

 

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