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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE SUPERIORE GENERALI DI
ISTITUTI DI VITA CONSACRATA

Aula della Benedizione - Giovedì, 16 maggio 1991

 

Care sorelle,

1. Quest’incontro, che avviene nel corso dell’assemblea biennale promossa dall’Unione Internazionale Superiore Generali, mi offre l’occasione di dare il benvenuto alle Superiore Generali e alle Consigliere Generali di un gran numero di Congregazioni Religiose femminili. Provenite da 63 Paesi di cinque continenti. Attraverso di voi invio i miei cordiali saluti ai membri delle vostre rispettive comunità sparse in tutto il mondo, e rendo grazie a Dio per tutto ciò che è stato raggiunto grazie alla testimonianza della vostra consacrazione religiosa e alla vostra generosa dedizione all’apostolato, per il bene della Sua Chiesa e la venuta del Suo Regno: “Non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere... per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (Ef 1, 16-18).

Saluto il Cardinale Hamer, che condivide la mia responsabilità pastorale per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica. Ringrazio Suor Helen Mc Laughlin, Superiora Generale delle Religiose del Sacro Cuore di Gesù e Presidente della vostra Unione, per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome vostro. Soprattutto mi incoraggia il vostro esplicito impegno di continuare ad assolvere con sempre maggiore competenza e dedizione il ruolo unico e indispensabile che le religiose esercitano nella missione della Chiesa di evangelizzazione e di servizio.

2. Il tema del vostro incontro, “Le Religiose, compagne nell’Evangelizzazione”, vi ha condotte a riflettere sul problema di come portare il mondo contemporaneo a contatto con il potere vivificante del Vangelo. Il Vangelo e il mondo: sono stati questi i due poli delle vostre giornate di studio, così come sono i punti di riferimento essenziali della vostra stessa consacrazione religiosa. Giacché la consacrazione religiosa nasce dal Vangelo, “sulle parole e sugli esempi del Signore” (Lumen gentium, 43), e costituisce un segno speciale del dominio di Dio sulla sua creazione, un segno speciale della presenza del Regno di Suo Figlio nel mondo. Il Vangelo e il mondo: lo stesso Signore vi ha chiamate ad essere testimoni profetiche al Vangelo, “potenza di Dio per la salvezza” (Rm 1, 16), e quindi a rendere il servizio più ampio possibile al mondo, per ricondurlo al suo Creatore e Redentore.

Anche se la vostra consacrazione religiosa si manifesta in un gran numero di carismi e di apostolati specifici, essa ha uno scopo essenziale: “il fervore della carità” e la “perfezione del culto divino” (Lumen gentium, 44). Avendo sempre presente questo obbiettivo, potrete meglio assistere i membri delle vostre Congregazioni ad apprezzare più pienamente il legame speciale che le vincola al mistero di Cristo e al mistero della sua Chiesa, evitando una sterile riduzione della vita religiosa a livello di semplice impegno temporale o attività puramente umanitaria. Il mio pellegrinaggio di qualche giorno fa a Fatima è stato una professione di fede nella natura spirituale e trascendente della nostra vita cristiana. Per me, esso ha rappresentato l’occasione di ringraziare la Beata Vergine Maria per la sua protezione dieci anni fa. Mi ha inoltre infuso coraggio per proseguire il mio ministero secondo l’esempio di Maria, “il modello di quell’amore materno dal quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa, cooperano alla rigenerazione degli uomini” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 92).

3. L’evangelizzazione è un’impresa complessa, e nessuna definizione parziale o frammentaria può renderle giustizia (cf. Pauli VI, Evangelii nuntiandi, 19-24). Essa consiste nel portare la Buona Novella ad ogni persona e a tutti i popoli, e attraverso il suo impatto, essa mira a far sorgere una “nuova umanità”. È diretta “a quanti - sono milioni e milioni di uomini e donne - ancora non conoscono Cristo, redentore dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 31). L’evangelizzazione abbraccia culture diverse allo scopo di trarre da esse i mezzi con cui diffondere e predicare il messaggio di Cristo ad ogni nazione, comprenderlo meglio ed esprimerlo meglio nella liturgia e nella vita quotidiana dei fedeli cristiani. Nel suo avanzare, l’evangelizzazione riesce a “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la parola di Dio e col disegno della salvezza” (Pauli VI, Evangelii nuntiandi, 19).

Nella mia recente Enciclica sulle Missioni, ho ricordato che il compito che Cristo redentore ha affidato alla Chiesa è ben lungi dall’essere compiuto, e che noi tutti dobbiamo dedicargli tutta la nostra attenzione e la nostra energia. Desidero riaffermare il valore della vocazione dei missionari “ad gentes”. Essi, soprattutto negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita apostolica, costituiscono, per così dire, “il paradigma dell’impegno missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 66). La Chiesa infatti non sarebbe fedele alla sua natura essenzialmente missionaria se non continuasse a inviare uomini e donne la cui dedizione alla missione coinvolge tutta la loro persona e tutta la loro vita, tutte le loro energie e tutto il loro tempo.

In questo senso è impossibile pensare al compito universale dell’evangelizzazione senza il vitale e specifico contributo delle religiose. La testimonianza della vostra consacrazione religiosa è fonte di abbondante linfa nelle Chiese più giovani ed un antidoto necessario alla “secolarizzazione della salvezza” che troppo spesso si riscontra nelle società più avanzate (cf. Ivi, 11). A questo compito urgente voi portate la profonda esperienza interiore di discepole di Cristo nell’amore sponsale e la vostra assoluta disponibilità a servire la famiglia umana attraverso “tutte le manifestazioni del “genio” femminile . . . tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne... le vittorie che (la Chiesa) deve alla loro fede, speranza e carità” (Ioannis Pauli PP. II, Mulieris dignitatem, 31).

4. La mia seconda Enciclica degli ultimi mesi, la Centesimus annus, offre una riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa, sul suo impegno nel mondo per la difesa della persona umana e la tutela dell’umana dignità (cf Ioannis Pauli PP. II, Centesimus annus, n. 3). In questo senso essa rappresenta una meditazione sul mondo in tutta la sua perfettibilità e bisogno di redenzione, nella sua necessità del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. A questo punto ho un pressante invito da rivolgere alle religiose: che nella vostra ricerca di giustizia e genuina liberazione non perdiate di vista la verità che ispira l’attività pastorale, sociale e caritativa della Chiesa, vale a dire la verità che il nostro destino è trascendente, la nostra identità è pienamente rivelata solo attraverso la fede, e di conseguenza tutte le opere di apostolato mirano in un modo o nell’altro a condurre l’uomo sul cammino della salvezza (cf. Ivi, 54). Mentre ci avviciniamo alla fine del ventesimo secolo e stiamo per entrare nel Terzo Millennio Cristiano, il mondo ha bisogno di una testimonianza religiosa e spirituale che sia chiara e che non si comprometta con le forze del male e la “superbia della vita” (1 Gv 2, 16). È mia fervida speranza che le religiose del mondo, nel continuare in una vocazione a cui in passato hanno risposto spesso drammaticamente, ricordino costantemente alla Chiesa il primato della grazia e la priorità dell’amore nella causa dell’evangelizzazione, che è la fonte dell’autentica liberazione.

5. Religiose, compagne nell’evangelizzazione, lo siete in quanto donne. Lo siete come le donne che, insieme ai Dodici, seguivano Gesù e lo assistevano con i loro beni (cf. Lc 8, 1-3). Lo siete specialmente come Maria Maddalena, “apostola apostolorum”, manifestando come lei, nel vostro rapporto privilegiato con Gesù, la vostra accoglienza della sua Parola e la vostra fedeltà al suo Messaggio. Lo siete come la Samaritana, che porta, lei stessa, la Lieta Novella, dopo aver riconosciuto in Colui che parla l’atteso Messia.

Compagne nell’evangelizzazione, lo siete secondo queste “due dimensioni particolari nella realizzazione della personalità femminile”, la verginità e la maternità (cf. Ioannis Pauli PP. II, Mulieris dignitatem, 17), due dimensioni che si spiegano e si completano reciprocamente nella vocazione della donna. Se “La maternità della donna in senso biofisico manifesta un’apparente passività . . . Nello stesso tempo, la maternità in senso personale etico esprime una creatività molto importante della donna” (Ivi, 19). È questa creatività che le religiose sono chiamate a sviluppare al servizio dell’evangelizzazione. La maternità, d’altronde, intesa alla luce del Vangelo “non è solo “della carne e del sangue”: in essa si esprime il profondo “ascolto della parola del Dio vivo” e la disponibilità a custodire questa Parola, che è “parola di vita eterna”” (Ivi).

Quanto alla verginità, che non si può comprendere correttamente senza fare ricorso all’amore sponsale, ossia ad un amore in cui la persona diventa dono per l’altro (cf. Ivi, 20), si apre all’esperienza di una maternità in un senso nuovo: la maternità “secondo lo Spirito” (cf. Rm 8, 4); (Ioannis Pauli PP. II, Mulieris dignitatem, 21). Non possiamo infatti dimenticare che lo stesso San Paolo sente il bisogno di ricorrere a quanto è per natura femminile per esprimere la verità del suo servizio apostolico, quando si rivolge ai Galati dicendo: “figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore” (Gal 4, 19). Si potrebbero ricordare molti altri aspetti per porre in rilievo la dignità della donna e la sua vocazione, ma ho voluto semplicemente ricordare quelli che mi sembrano più strettamente collegati al servizio dell’evangelizzazione.

6. Vi incoraggio quindi, sorelle mie, a continuare nella speranza la missione che Dio vi ha affidato e di cui una parte essenziale è costituita dalla testimonianza della vostra vita consacrata. Invito quelle tra voi che sarebbero tentate di lasciarsi abbattere dalla scarsità di vocazioni e dall’invecchiamento delle loro sorelle a rammentare la parola di Gesù: “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (Lc 12, 32). Auspico, infine, che gli Istituti che accolgono numerose candidate preparino le formatrici che le accompagneranno, con competenza, pazienza ed efficacia durante tutta la loro formazione iniziale e permanente.

Prego il Signore Gesù, per l’intercessione della Vergine Maria, di sostenere i vostri sforzi, di nutrire la vostra speranza e di compiere in ognuna delle vostre famiglie religiose l’opera di grazia che ha iniziato dalla vostra fondazione, affinché gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica restino strumenti privilegiati al servizio dell’evangelizzazione.

E vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

 

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