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VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE L'INCONTRO ECUMENICO

Aula Magna del Collegio Caterinense (Florianopolis)
Venerdì, 18 ottobre1991

 

Carissimi fratelli nel Signore!

1. Provo un’intensa gioia nel poter evocare, all’inizio di questo incontro, quelle parole del Vangelo che ci assicurano la presenza ineffabile del Signore in questo istante: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Certamente siamo ora riuniti nel suo nome, e per questo possiamo dire con gioia che Gesù si trova in mezzo a noi. Le parole che mi sono state rivolte da Sua Eccellenza Mons. Gregorio Warmeling in qualità di Presidente del Consiglio delle Chiese per l’Educazione Religiosa, e dal Pastore Meinrad Piske, della Chiesa Evangelica di Confessione Luterana del Brasile, ci confermano che il Signore vuole stare in mezzo a noi con la sua Luce, la Luce dello “Spirito di Verità” (Gv 16, 13).

Al calore della presenza di Cristo, “Primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29), questo incontro con i fratelli evangelici ha per me il carattere di un felice e fiducioso colloquio fraterno. Se è vero che ancora sono molte le cose che ci separano, sul piano della fede e dell’agire cristiano, è anche certo che ci unisce l’ansia, alimentata dall’Apostolo Paolo, che “vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo” (Ef 4, 15).

2. Muove noi tutti, dietro impulso dello Spirito di Cristo (cf. Rm 8, 9), l’impegno di incrementare instancabilmente il dialogo ecumenico, “finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio” (Ef 4, 13).

Questo dialogo ecumenico, che da anni, con la grazia del Signore, sta crescendo e producendo frutti tanto promettenti, rappresenta la nostra sincera risposta all’ardente supplica che Gesù elevò al Padre nella notte dell’ultima Cena: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). Queste parole di Cristo ci ardono nel cuore, costituiscono per tutti un programma e un compito ineludibile.

Si può dire che il dialogo è il pulsare del cuore dell’ecumenismo. Sempre durante la Cena, quando Nostro Signore pregava per la tanto sospirata unità, Egli ci ha lasciato come testamento e segnale distintivo il suo comandamento nuovo: “che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato . . . Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).

Per questo, tra di noi, il primo dialogo deve essere il dialogo della carità, che ha per base la comprensione, il rispetto reciproco e l’impegno, in unione di sentimenti, per compiere la Volontà del Signore.

Sforziamoci, pertanto, di sottolineare quello che ci unisce, e di comprendere, con umiltà e serena lucidità, nella fedeltà ai tesori della verità divina, quello che ci separa, sapendo che, tra noi che seguiamo Cristo, è molto più forte quello che ci unisce di quello che ci divide.

È per questo che non ci stancheremo di “cercare lealmente, con perseveranza, con umiltà e anche con coraggio, le vie di avvicinamento e di unione . . . senza scoraggiarci di fronte alle difficoltà che possono presentarsi o accumularsi lungo tale via; altrimenti, non saremmo fedeli alla parola di Cristo, non realizzeremmo il suo Testamento” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptor hominis, 6).

Chiedo al “Padre della Luce”, dal quale proviene “ogni buon regalo e ogni dono perfetto” (Gc 1, 17) che continui a benedire l’azione che si va sviluppando, a livello mondiale e a livello nazionale, per favorire questo dialogo. Auspico che il lavoro che viene realizzato in Brasile dal Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane (Conic), sul piano religioso e nel clima della carità di Cristo, continui a progredire nel cammino del dialogo interconfessionale.

3. Accanto al dialogo della carità, bisogna continuare ad intensificare anche la “disponibilità alla ricerca comune della verità nel pieno senso evangelico e cristiano” (Ioannis Pauli PP. II, Redemptor hominis, 6), ovvero, il dialogo teologico.

“Chi opera la verità viene alla luce” (Gv 3, 21). Il desiderio autentico della fedeltà a Cristo, “luce del mondo” (Gv 8, 12) non è forse come il pulsare dell’anima del dialogo teologico?

Certamente, lungo è questo cammino, e non mancano gli ostacoli. Ma è anche sicuro che “il Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1, 3) ci conforta, propiziando segnali promettenti. Appaiono delle convergenze che fondano nella fede una speranza concreta, anche se permangono problemi seri, che esigono ulteriori approfondimenti, scambi più attivi e una maggiore pazienza e serenità di spirito (cf. Ioannis Pauli PP. II, Ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, 1° feb. 1991: Insegnamenti di Giovani Paolo II, XIV, 1 (1991) 251).

4. Parallelamente al dialogo della carità e al dialogo teologico, è della massima importanza proseguire in quello che potremmo chiamare il dialogo della vita.

Mi riferisco al congiungimento degli sforzi, tra coloro che professano la fede in Gesù Cristo, per servire con spirito evangelico tutti gli uomini. Estremamente fruttuosa si sta rivelando questa cooperazione tra i cristiani, con l’intento di superare tanti mali che affliggono il mondo attuale, e il Brasile in particolare, come la fame, l’analfabetismo, la povertà, la mancanza di terra e di case e l’ingiusta e sproporzionata distribuzione dei beni che Dio ha destinato a tutti.

Continuiamo a unire le nostre forze per cercare, con mezzi sempre più efficaci e nello spirito della carità, l’avvento del regno della fratellanza, della giustizia e della pace nella famiglia umana, chiamata, in Cristo, a diventare la famiglia dei figli di Dio (cf. Gaudium et spes, 92).

5. Non dimentichiamoci, cari fratelli, che questo dialogo fraterno, le cui linee fondamentali ho ora ricordato, ci richiede, per essere fecondo, che ognuno di noi apra sempre più largamente le porte del cuore a Cristo. Deve essere Lui, nella potenza dello Spirito Santo, che deve camminare con noi e agire per nostro tramite.

Tutte le attese d’unità maturano a partire da un rinnovamento dei cuori, mossi dal desiderio di identificazione con Cristo e alimentati dal sincero proposito di riconoscere umilmente i nostri errori personali, di correggere in noi tutto quanto potrebbe indebolire la nostra unione con il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo.

Prima di ogni altra cosa, tuttavia, che l’ecumenismo incontri la sua espressione più genuina nel clamore incessante della nostra preghiera. La nostra fede nella preghiera, nella promessa del Signore, “tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto, e vi sarà accordato” (Mc 11, 24), costituisce il vero fondamento delle nostre più grandi speranze.

Dio ci conceda di perseverare così, unanimi nella preghiera (cf. At 1, 14), nella carità e nella ricerca della verità, perché siamo degni di ottenere, come una nuova effusione dello Spirito, il prezioso dono dell’unità. Così potrà trasformarsi in realtà quello che Gesù, nella notte della Cena, ha chiesto al Padre: “che siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 23).

È questo spirito di dialogo che desidero, ancora una volta, porre nelle mani dei miei fratelli nel servizio episcopale della Chiesa Cattolica apostolica Romana. Da loro dipende in gran parte il futuro cristiano del Brasile. Ma lo affido anche ai fratelli responsabili delle Chiese di altre confessioni cristiane, raccomandandolo anche a tutti voi, fratelli e sorelle nello stesso Vangelo di Cristo.

 



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